Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

venerdì 25 dicembre 2009

Natale 1996. "Perché vi mettete in mare se sapete che forse morite?"


La notte di Natale del 1996, a poche miglia dalla località siciliana di Portopalo di Capo Passero (Siracusa), si consuma quella che ad oggi rimane la più grande tragedia navale del Mediterraneo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un peschereccio maltese (F174) in pessimo stato, in legno e senza sistemi di sicurezza, si scontra con una grande nave greca (Yohan). A bordo circa 300 persone, soprattutto provenienti dall’India, Pakistan e Sri Lanka. Una manovra sbagliata, le pessime condizioni del mare, la notte, provocano la morte di 283 persone e l’inabissamento della F174. Un’ora, o poco più.Per molti giorni però nessuna notizia. Nessuna denuncia. Come se tutto fosse stato inghiottito dal mare, insieme ai sogni, alle speranze, ai microcosmi di ognuna delle vittime. Ma non i loro corpi, né le loro carte d’identità, impigliati nelle reti dei pescatori del posto. Nè il coraggio degli uomini che si sono battuti affinchè emergesse la verità. Dieci anni più tardi, la sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione inflitta dalla Corte d’assise d’appello di Catania al libanese Youssef El Hallal, il comandante della Yohan. E sempre la Corte d’Assise d’Appello di Catania, l’11 marzo scorso, per la stessa vicenda, ha condannato Turab Ahmed Sheik, 48 anni, l’armatore pakistano, residente a Malta, a trent’anni di reclusione. Nel maggio 2007 l’armatore della F174 era stato assolto dalla Corte di Assise di Siracusa per non aver commesso il fatto.Nessun naufragio fantasma.
Di questi tempi si muore di speranza. Come se esistere fosse un reato. Come se desiderare una vita dignitosa e libera fosse la causa di tutti i mali. Dell’Italia certamente.“Forse quando la Padania sarà libera sarà diventata davvero una nazione-stato potremmo anche farlo (dare il voto agli immigrati). Ma non ora. Da noi, i musulmani sbatteranno sempre le corna. In Europa non so, ma la Lombardia da sempre ha eretto un muro contro l’Islam”. (Bossi)Abbiamo paura di ammettere che ci conviene indirizzare la nostra rabbia, la nostra frustrazione verso un non ben identificato nemico. Se ci guardassimo nel profondo, mafiosi, truffatori, evasori, di razza italica, meriterebbero la riprovazione sociale che oggi riguarda l’immigrato clandestino. Per il semplice fatto di essere. “Dovremmo dare dei costumi da leprotto agli extracomunitari, così le doppiette dei cacciatori potrebbero esercitarsi: tin, tin, tin” oppure “Ripristinare i vagoni piombati e rimandarli ai loro paesi “. (Gentilini)E’ toccata a loro tutta la violenza in una vita miserabile. Forse se la meritano. “Sul problema dell’immigrazione la Lega e la Chiesa sono su due piani completamente diversi (…) Personalmente credo che se si accolgono gli immigrati questo puo’ apparire qualcosa di buono, ma non si fa il bene degli immigrati”. (Calderoli)Lasciare un inferno fatto di dittature, guerre, fame, invero non è cosa buona. “Per di piu’, se accogliessimo tutti faremmo un torto ai paesi di provenienza”. Già, la galanteria diplomatica. “Posso confermare che i valori cristiani testimoniati dal Pontefice sono sempre presenti nell’azione del governo da me presieduto, che adotterà tutte le misure necessarie per garantire la serenità e la pace sociale”. Il Presidente del Consiglio, qualche giorno fa.
Nota: il titolo dell'articolo è tratto da una vignetta de l'Unità di Staino ed è anche la copertina dell' Agemda: «Perché vi mettete in mare se sapete che forse morite?», domanda Ilaria, la figlia di Bobo, ad un migrante che le risponde secco: «...Per il forse».

Ylenia Di Matteo( tratto da Articolo 21)

mercoledì 23 dicembre 2009

Mazara e il suo nuovo look

L'isola pedonale di Corso Umberto I

Sarà l’approssimarsi delle feste, sarà per il clima mitigato da una tenue brezza di libeccio, sarà forse che nel periodo natalizio ci si sente più buoni anche nel dare giudizi, tuttavia la città si presenta sotto un aspetto diverso. Essa appare elegante, armoniosa, vivibile, godibile, forse un pochino chic se non ne conoscessimo i suoi limiti, a tratti anche irreale. Il centro città, trasformato in isola pedonale, si mostra ordinato e arredato con equilibrio e gusto, gradevolmente attraente. Esso assume un valore pedagogico nell’educare al rispetto e al gusto del bello.



Giare e Panchine

La nuova amministrazione Cristaldi ha già incassato un ulteriore punto a suo favore nella realizzazione del suo ambizioso programma che era quello di ridare dignità e splendore alla sua Città. L’inserimento di elementi di arredo urbano nel corso principale, attraverso composizioni artistiche in ceramica e realizzate attraverso il coinvolgimento di artisti e professionisti locali, danno un senso piacevole allo shopping. La gente dimostra compiacimento nel volersi riappropriare dei propri spazi, lontano dai rumori e dal caos che al contrario si presentano nella loro intensa drammaticità appena fuori dall’isola pedonale. Tutto il centro storico appare più animato; semplici interventi, attraverso l’inserimento di motivi in ceramica, danno senso e colore alle scalinate di accesso al lungomare; lo stesso sindaco, sotto il suo pseudonimo artistico di Hajto, ha voluto dare un contributo al recupero di uno dei cortili più noti della vecchia città. E’ la dimostrazione che non occorrono interventi faraonici per riportare agli antichi splendori ciò che era stato per decenni abbandonato e umiliato. Rimane una sola amarezza: perché dare un limite temporale a questa isola pedonale, e non renderla, invece, definitiva?


curtigghiu di lu 'nfernu

lunedì 21 dicembre 2009

Moncada: Si può fare impresa in Sicilia"





E’ la Sicilia di Sciascia , “La Sicilia come metafora”, con tutte le sue contraddizioni difficili da comprendere e da interpretare. Non per niente siamo a pochi chilometri dal paese d’origine dello scrittore siciliano. Le contraddizioni si fanno più evidenti nel momento in cui in Sicilia la qualità della vita non migliora, anzi nel 2009 peggiora nella maggior parte delle province rispetto all'anno scorso. Peggio di tutte fa Agrigento che è all'ultimo posto tra le 107 province monitorate in Italia dalla consueta indagine del Sole24Ore, che mette a confronto il benessere nelle diverse aree italiane. Negli ultimi dieci posti della classifica si trovano cinque province siciliane. La maglia nera Agrigento perde sei posizioni rispetto al 2008; Caltanissetta è terzultima (era 103), Catania e 104/a, Palermo al 102/o posto (101), Trapani è 99/a (100). Siracusa è al 96/o posto (era al 95/o). La provincia che perde più posizioni rispetto a un anno fa è Messina che chiude al 93/o posto, era 82/a. Ragusa, che era 91/a, sale al 86/o posto, mentre Enna si piazza 83/a perdendo quattro posizioni. Ed è proprio in questo lembo di terra al confine tra le province di Agrigento e Caltanissetta che la metafora si trasforma in favola e la favola in realtà. A Campofranco viene inaugurato lo stabilimento più tecnologico d’Italia per la produzione di pannelli fotovoltaici. Il più grande e il primo in Italia per innovazione tecnologica, il terzo in Europa, il sesto nel mondo. L’imprenditore Salvatore Moncada vince la sua scommessa, anche nell’utilizzazione delle maestranze altamente tecnologiche, tutte siciliane, insieme a decine di giovani ingegneri, fortemente motivati nel mettere al servizio dell’impresa le loro fresche intelligenze, la loro capacità innovativa e l’ entusiasmo di chi è consapevole di partecipare attivamente ad una svolta epocale scegliendo di restare in Sicilia e di non emigrare. Un assonanza di motivazioni lega l’imprenditore siciliano e i suoi collaboratori, e la si vede dall’entusiasmo e dall’orgoglio di essere riusciti, in poco tempo, a portare a termine, insieme, in perfetta sinergia, una impresa proibitiva. Presenti le istituzioni al massimo livello, Il presidente della Camera dei deputati On. Gianfranco Fini, il guardasigilli On . Angelino Alfano in rappresentanza del governo, il viceministro per il commercio On. Adolfo Urso, vari assessori regionali, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello. Moncada appare emozionato ma orgoglioso della sua creatura, non invoca contributi pubblici ma servizi e celerità burocratiche. Attacca una burocrazia lenta che non contribuisce allo sviluppo della Sicilia e disincentiva gli investimenti privati. E’ soprattutto orgoglioso del suo team formato da giovani altamente specializzati e dei suoi operai che considera membri di una grande famiglia. Lo stabilimento appare “ una perla” in un luogo che è simbolo delle contraddizioni e delle complessità di questa terra dove il connubio politica - mafia ha creato disastri e rallentato lo sviluppo.” Un'impresa riesce a competere quando la delinquenza non riesce a influenzare lo sviluppo. Allora è un dovere per davvero essere intransigenti nei confronti della criminalità, non solo colpendola ma anche evitando che crei collusioni o contiguità con la classe politica". Inizia così parlando della criminalità, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ” Bisogna investire sui giovani e sul sapere, mettere in condizione le nuove generazioni di inserirsi nella competizione. Il modello che propone Moncada va in questa direzione, verso una collaborazione tra capitale e lavoro e una continua formazione professionale. Aspetti che possono aiutare l'Italia a vincere la sfida della competizione e della globalizzazione”. Infine un rimprovero alla politica locale da parte di Fini, affinchè questa realtà di cui tutto il Paese deve essere orgoglioso, sia aiutata attraverso la realizzazione di infrastrutture di collegamento. “E’ una contraddizione una presenza ad alta tecnologia in un territorio con un assetto viario risalente agli anni ’40. L’impresa si aspetta dalla politica che faccia bene il suo dovere”. Poi, rivolgendosi alla folla degli intervenuti, conclude: “Aiutate voi la politica a migliorare non votando mai chi vi dice: "dammi il voto e poi vedremo quello che posso fare: questo è un atteggiamento paramafioso". “La Sicilia come tutto il meridione è stata caratterizzata da cattedrali del deserto, esempio di un modo di fare politica e impresa non accettabile e che ha fatto sì che le imprese oneste andassero via dalla Sicilia e vi rimanessero soltanto quelle cattive, in mano ai mafiosi, frutto della loro connivenza con la politica- grida il ministro della Giustizia Alfano- è arrivato il momento che adesso devono essere le cattive imprese ad abbandonare l’isola assieme ai mafiosi” .





domenica 20 dicembre 2009

SENZA SE E SENZA MA (lettera aperta all’On. Bersani)



Pubblico questa lettera aperta di Paola Pediconi, che spero incontrerà il vostro interesse.Buona lettura e, dite cosa ne pensate…

Gentile segretario,alle primarie ho votato per lei, più che per affinità politica (sono un’ex tesserata, ma da tempo ormai non mi identifico più con il suo partito), diciamo per
senso di responsabilità, per necessità più che altro, nella convinzione che servisse un’opposizione, non dico solida, ma almeno definita nei connotati minimi, per fronteggiare lo scempio che si sta compiendo nel nostro paese.Quindi la contingenza mi ha estorto una fiducia che poi puntualmente è stata delusa, da lei personalmente e anche dal suo partito, come intendo qui riferirle senza sconti e con dovizia di ragioni.In verità lei si è subito dichiarato ben omologo al suo partito, non c’è dubbio, con l’ennesima occasione persa con il no B day – L’ho seguita dalla Annunziata e mi è sembrato piuttosto evanescente, per usare un eufemismo, poche parole stitiche di fronte ad un errore politico di simile portata! – proprio come accadde anni fa con i girotondi, dove pure partecipai insieme a tanti in cerca di una nuova speranza, l’incredibile mobilitazione di una spinta che veniva dal basso, esattamente come è oggi il popolo viola, ossigeno per un partito anchilosato come il suo, che per qualche inspiegabile sortilegio invece ha perso e continua a perdere il polso della folla, gli umori dei propri ex elettori, ormai in molti come me e li lascia puntualmente orfani di un qualsiasi riferimento adeguato. Per non parlare poi degli operai, dei precari, di tutti quei lavoratori che in questi mesi manifestano perchè rischiano il posto di lavoro o gli elementari mezzi di sussistenza, che non trovano nel suo partito l’ascolto dovuto, anzi doveroso, se voi siete ancora comunque gli eredi di una parte politica che negli anni ha rappresentato prima di tutto la tutela di queste categorie. E invece quello che puntualmente accade oggi, al di là di qualche tuono di sdegno puramente formale, cui non segue niente di fatto, proprio voi non vi ergete, con i mezzi di cui disponete, a denuncia, a protesta attiva, a decisa tutela, senza se e senza ma, come le piace tanto dire in questi giorni, delle minime garanzie per i lavoratori, nè in nessun modo incarnate quei bisogni che anche sul piano ideologico, sono, o meglio dovrebbero essere, lo scheletro, la principale ragione del vostro esistere, l’impegno primo per cui siete lì. E che dire della finanziaria, che, mentre lei col capo chino faceva visita al miracolato premier, nel rispetto del più stucchevole bon ton politico, è passata in sordina, con un emendamento che privatizza pericolosamente le forze armate (,http://www.grnet.it/news/95-news/829-forze-armate-e-privatizzate.html per chi vuole approfondire), con gravissime implicazioni, che noi cittadini attivi staniamo qui in rete, fino a quando potremo farlo, ma voi leggete subito lì, nero su bianco, comodamente seduti nelle poltrone che abusivamente e irresponsabilmente occupate, dico ora con cognizione, visto che non denunciate con forza un segnale di una simile portata, anche dopo le dichiarazioni del premier a Bonn, un indice di una tale preoccupante entità, che non capisco cosa deve ancora accadere perchè iniziate almeno ad urlare!C’è la piazza, c’è la coscienza di milioni di persone che seguono attenti quello che accade e osservano attoniti la vostra colpevole inedia. Massacri mediatici dei giornalisti, infamie a tutto campo, strumentalizzazioni di una tale gravità e di così elementare evidenza che basterebbe dirlo un pò più forte per attingere e dare voce al più comune buonsenso, folle che si mobilitano, la rete assediata e voi fermi, distanti, estranei a tutto, solo qualche dichiarazione qua e la, ma nessuna azione politica, nessuna reazione vera, responsabile e giusta. E’ evidente che non sapete cosa fare, prigionieri dei se e dei ma, altro che! e evidentemente avete dimenticato di avere tante responsabilità, serie, enormi sulle vite di tutti noi, sul nostro Paese.E dopo che all’epoca lo avete consegnato a Berlusconi, colpa acclarata e mai onestamente ammessa, dopo gli innumerevoli assalti con tenacia perpetrati dal governo e sempre a segno alle più elementari regole di democrazia e di giustizia, senza un solo gesto concreto di opposizione da parte del suo partito, lo guardate ora scivolare nel baratro dell’oligarchia o anche peggio, come sembra con simili premesse, senza fare niente, anzi no, arretrate sconfitti, cedete il fianco, con la “leggina” di D’Alema (ma quanti guai deve fare ancora quest’imbranato perchè lo mandiate a casa?), il contentino pro tempore per Berlusconi, come l’osso lanciato alla belva perchè si calmi per un pò, il male minore dite voi, mentre invece il governo prende fiato e tempo per passare poi all’assalto della costituzione.ma è mai possibile che ragioniate così senza provare vergogna?Intanto lo scudo fiscale prorogato fino ad aprile, vergogna delle vergogne, neanche Lupi resiste più, è stanco morto di dire stupidaggini e le false ragioni gli hanno segnato di borse e rughe il viso, lo vedete, no? E a gennaio la leggina del compromesso più osceno della nostra storia, diamogli quello che vuole, purchè stia buono per un pò, tutto questo senza un solo singulto di dignità da parte vostra, un solo piccolo gesto coerente con quell’idea politica che pure dovrebbe mordere le vostre coscienze, anche se da molto lontano.Così succede che ci sentiamo in tanti più rappresentati da un ex fascista come Fini o da una cattolica di centro come la Bindi (a cui va tutta la mia stima per il coraggio che dimostra ogni volta, soprattutto se penso da dove viene politicamente), politici che sentono la responsabilità del ruolo e intuiscono la gravità del momento, che non garantiti da lei e dal suo partito, da troppo tempo imbarbariti in una cronica crisi di identità che non si risolve e non trova via di uscita e vi rende inutili fantocci nelle mani del padrone d’italia, quale è ormai Berlusconi anche grazie a voi.Così mentre voi vi preoccupate di abbassare i toni così tanto che nessuno vi sente più, gli altri alzano il tiro e dopo aver gambizzato il nostro Paese, dopo averlo messo in ginocchio, ora mirano diritto al cuore della nostra democrazia, a stravolgere ad uso del premier la nostra costituzione.Tutto questo con la vostra placida, inerte, colpevole connivenza.
Paola Pediconi ( pubblicata dal blog lo specchio)

Io non sono comunista:sono una persona libera

Vorrei che la legge venisse rispettata, da chiunque. Ma non sono comunista. Vorrei che l'onestà vincesse sulla disonestà. Ma non sono comunista. Vorrei poter uscire di casa e sentirmi orgoglioso di quello che vedo. Ma non sono comunista. Vorrei poter esprimere il mio dissenso. Ma non sono comunista. Vorrei che tutti avessero pari diritti e pari doveri. Ma non sono comunista. Vorrei che tutti avessero la possibilità di dire ciò che pensano. Ma non sono comunista. Vorrei che la gente mi ascoltasse, prima di giudicarmi. Ma non sono comunista. Vorrei che la gente prima di parlare di qualcosa, si informasse. Ma non sono comunista. Vorrei poter dire che non basta un souvenir in faccia per ottenere la mia pietà. Ma non sono comunista. Vorrei che non ci fossero violenze di serie A e violenze di serie B. Ma non sono comunista. Vorrei che si capisse che la violenza fisica e la violenza ideologica vanno di pari passo. Ma non sono comunista. Vorrei che a governare il mio paese ci fossero intellettuali, cultori della legalità, onesti padri di famiglia. Ma non sono comunista. Vorrei che chi decide le politiche economiche andasse avanti con uno stipendio normale. Ma non sono comunista. Vorrei che chi fa le leggi sapesse il prezzo del pane, dell'acqua, del grano. Ma non sono comunista. Vorrei che chi fa le leggi conoscesse a menadito la storia e la filosofia. Ma non sono comunista. Vorrei che chi fa le leggi avesse una cultura generale più che ottima. Ma non sono comunista. Vorrei che chi approva le leggi le leggesse prima di deciderne il destino. Ma non sono comunista. Vorrei che Brunetta, prima di preoccuparsi degli impiegati delle poste, si preoccupasse delle assenze dei suoi colleghi parlamentari, che guadagnano ben più di un normale impiegato statale. Ma non sono comunista. Vorrei che ci infrange le leggi andasse in galera. Ma non sono comunista. Vorrei un pò di buon senso. Ma non sono comunista. Vorrei che gli italiani fossero un pò meno ipocriti e ignoranti sul tema immigrazione, visto e considerato che nessun popolo più di quello italiano è figlio di una moltitudine di razze e di culture. Ma non sono comunista. Vorrei che si finisse di essere così egoisti e per una volta, appena svegli, ci si chiedesse cosa possiamo fare per migliorare noi stessi e gli altri. Ma non sono comunista. Io ho tante idee, che possono piacere o meno, che possono essere distanti da quelle della "maggioranza", ma ciò non autorizza nessuno a darmi del comunista. Io sono io, ragiono con la mia testa, mi faccio delle idee in base alle esperienze vissute. Mi informo, processo e infine giudico. È assurdo che la mia libertà di pensiero debba essere etichettata come figlia di un movimento che non ha mai neanche spiccato il volo. È assurdo che per il solo fatto di pensarla diversamente da qualcuno debba essere tacciato di appartenenza a un'ideologia che non condivido nella sua totalità o che, almeno, ritengo assolutamente anacronistica. Io non sono comunista, sono semplicemente una persona libera che pensa liberamente.
Laura Madrigale -Ff web

giovedì 17 dicembre 2009

Mazara: Natale al Centro

Giacomo Cuttone: " Isola non è arrivo "
EXPO DEL SOLE

MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA

PALAZZO MANDINA (VIA XX SETTEMBRE)

MAZARA DEL VALLO
dal 19 Dicembre 2009 al 10 Gennaio 2010


Sabato 19 Dicembre, alle ore 18,30, nell’ambito della Manifestazione Expo del sole (a cura del Servizio Politiche Comunitarie), manifestazione inserita nel programma dell’Amministrazione Comunale di Mazara del Vallo Natale al… Centro (che prevede tra l’altro spazi espositivi con stand dove si potranno degustare i prodotti tipici locali, visite guidate ed una sfilata in costumi tradizionali di Paesi del Mediterraneo, in Piazza Porta Palermo, via Porta Palermo, Piazza San Bartolomeo, via Garibaldi, via XX Settembre, Piazza Plebiscito), sarà inaugurata la Mostra d’Arte Contemporanea allestita negli storici locali di Palazzo Mandina, siti nella via XX Settembre.
Esporranno le loro opere gli artisti: Giacomo Cuttone, Peppe Denaro, Marina Chirco, Paola Sciuto, Giuseppe Ferro, Violinda, Maria Grosso, Roswita Schuls, Umberto Pulone, Tania Lombardo, Nicolò Quinci, Emanuele Lombardo e Gerry Bianco.
Si possono ammirare, inoltre, i plastici di alcuni monumenti architettonici significativi della Città realizzati da Ignazio Auguanno.
La Mostra resterà aperta sino al 10 Gennaio 2010.

mercoledì 16 dicembre 2009

Le parole come pietre


Se Togliatti, ferito dai proiettili di Pallante, avesse reagito facendo i nomi dei mandanti morali, che cosa sarebbe accaduto in Italia?

Mercoledì 14 luglio, poco prima di mezzogiorno, Palmiro Togliatti, accalorato e insoddisfatto per la discussione che si trascina in Parlamento, si alza per avviarsi all’uscita secondaria di Montecitorio che sfocia in via della Missione. Lo segue, a pochi passi di distanza, l’on. Nilde Iotti. Appena arrivato in strada, Togliatti viene affrontato da un giovane magro e bruno il quale, con tutta calma, estrae dalla tasca una pistola e spara, contro il leader comunista, quattro colpi. Raggiunto da tre proiettili ed apparentemente privo di vita, Togliatti cade riverso sul selciato e mentre Nilde Iotti chiama a gran voce i primi soccorsi, l’attentatore, Antonio Pallante, consegna l’arma e se stesso al primo Carabiniere che incontra nella stessa via.“Più tardi dirà di aver attentato alla vita di Togliatti perché non tollerava che un italiano partecipasse alle riunioni del ‘Cominform’ ed anche perché riteneva Togliatti responsabile delle uccisioni di italiani avvenute nel Nord dopo la liberazione. “Trasportato d’urgenza al Policlinico di Roma, Togliatti, non solo non è morto, ma nonostante tre pallottole in corpo, è anche cosciente tanto da parlare con De Gasperi. Il Paese, man mano che passano le ore e la notizia dell’accaduto si diffonde, attraversa il momento più pericoloso della neonata Repubblica. Prim’ancora che il Comitato esecutivo della Cgil dichiari lo sciopero generale, migliaia di lavoratori abbandonano spontaneamente le fabbriche e si riversano nelle piazze.Il primo a raccomandare la calma, esortazione poi ripetuta a Mauro Scoccimarro, è proprio Togliatti: Per carità – disse subito - siate calmi, non perdete la testa, non facciamo sciocchezze. Fin qui la ricostruzione di un pezzo di storia da parte della Gazzetta del Mezzogiorno. Un malato di mente che getta una statuina contro qualcuno non è certo un uomo con la pistola in mano che vuole ammazzare la sua vittima. Ma facciamo che i due episodi possano essere giudicati alla stessa stregua. Proviamo, per un momento, a modificare due righe di questo brano, l’appello di Palmiro Togliatti rivolto al “suo” popolo. Mettiamogli in bocca le parole di qualcuno dei Ministri, adattate alla bisogna: “Pallante non è un pazzo, ha agito su commissione, i mandanti morali sono De Gasperi, Saragat, il Corriere della Sera, i giornalisti servi del capitalismo.” Che cosa credete che sarebbe accaduto? Di sicuro l’Italia sarebbe piombata nell’inferno di una feroce guerra civile. Avrebbe richiesto l’interventi degli alleati, la loro presenza “pacificatrice”? E questa avrebbe provocato l’intervento dei comunisti dell’Est? Palmiro Togliatti ha una storia complessa con molte ombre, ma quel suo richiamo alla calma, al senso di responsabilità ne fa un uomo importante per la storia d’Italia. Non si può dire che oggi ne circolino tanti di uomini così. Comunisti e non.
Da Siciliainformazioni

domenica 13 dicembre 2009

Il diritto a professare la propria fede.

Le ore 8 dell’ultimo venerdì di Novembre. Il piazzale G.B. Quinci presenta uno spettacolo insolito: una folla di almeno 300 musulmani, in gran parte tunisini, sta ordinatamente in ginocchio sopra stuoia e tappeti colorati, con la fronte rivolta verso est, in direzione di La Mecca. Il muezzin ha appena finito la sua chiamata. E’ l’ora della prima delle cinque preghiere del venerdì. Neanche il rumore dei motori delle automobili né qualche suono indiscreto di clacson riesce a distrarre i fedeli dal loro raccoglimento. Mazara, la città che ha l’enclave tunisina più numerosa d’Italia non riesce a dotare questa comunità di un luogo di preghiera dignitoso e discreto. In città si parla di salvaguardia dell’identità, si susseguono conferenze e convegni sul come accogliere e valorizzare l’alterità dell’immigrato, si dibatte su intercultura, multicultura e integrazione , si progettano addirittura corsi elementari dell’apprendimento della lingua araba. Mazara è stata una delle prime città a fornirsi di uno statuto comunale che prevede la presenza di un rappresentante tunisino, eletto dalla propria comunità,come consigliere aggiunto nel consiglio comunale. Eppure, in fatto di religione, in città si nota la mancanza di un luogo di preghiera musulmano. La religione viene percepita come un rapporto privato, e in quanto tale relegata all’interno del contesto familiare, come se si avesse paura di esibire pubblicamente la propria alterità. La stessa comunità tunisina non riesce a dotarsi autonomamente, non potendo disporre di risorse finanziarie adeguate, di un luogo di culto idoneo e civile. La stessa chiesa mazarese sembra essere favorevole, anche se con i dovuti distinguo, affinchè la comunità musulmana possa esercitare legalmente e liberamente la propria fede. Le varie amministrazioni comunali succedutesi hanno considerato il problema con indifferenza e non prioritario. Adesso, dotare la comunità di immigrati di un luogo di culto pubblico, è diventato motivo di attenzione e di interesse che investe tutta la cittadinanza. Mazara ha tante chiese sconsacrate, abbandonate, dimenticate,vi sono immobili sequestrati ai mafiosi oltre a proprietà comunali in pieno centro storico; qualcuno di essi potrebbe essere affidato in comodato d’uso, e attraverso accordi stipulati con le autorità tunisine, essere trasformato in luogo di preghiera oltre che in centro di aggregazione interculturale allo scopo anche di prevenire il disagio giovanile delle generazioni che vorrebbero integrarsi anche sul piano dei diritti civile e su quello religioso. C’è bisogno di un forte e coraggioso segnale di attenzione verso una comunità che tanto ha dato e continua a dare, attraverso il suo lavoro, all’economia della città. Potrebbe essere anche un segno tangibile di riconoscere il diritto a potere esercitare la propria fede in libertà , con dignità e alla luce del sole. Potrebbe significare un primo passo verso quell’ineludibile cammino che vedrà culture e tradizioni differenti intrecciarsi e ibridizzarsi per dare origine, in un futuro non troppo lontano, ad una comunità integrata e multi religiosa.



venerdì 4 dicembre 2009

Don Sciortino all’attacco della politica


Il pubblico è attento anche se l’aula delle conferenze del Seminario vescovile presenta moltissimi vuoti. Francamente ci si attendeva una maggiore presenza di pubblico. La conferenza, aperta a tutti, non era stata adeguatamente pubblicizzata da parte degli organizzatori della manifestazione, segno che c’è molto da lavorare, da parte del vescovo Mons. Mogavero assieme ai suoi collaboratori sul piano dell’informazione.
E’ una vera e propria filippica contro il governo in carica quella di don Sciortino. L’attacco, lancia in resta, prende spunto dalla presentazione del suo libro -La famiglia Cristiana- “ Titolo non scelto da me” confessa il direttore del settimanale cattolico ,” ma impostomi per ragioni di marketing dalla Mondadori, “, la casa editrice della famiglia presidente del Consiglio, diventato il bersaglio diretto delle sue frequenti denunce. Sa fare bene la sua parte di moralizzatore e di fustigatore di costumi don Sciortino; spazia a tutto campo, dalla famiglia alla difesa della vita, dall’ etica del comportamento all’impegno in politica dei cristiani, dai fenomeni xenofobi all’immigrazione, dalla polemica sul crocifisso ai minareti, con voce pacata ma ferma, da oratore che sa quel che dice e soprattutto che sa dove vuole arrivare. Il j’accuse è indirizzato alla politica sociale, e in particolare alla politica della famiglia, di questo governo, che da priorità elettorale è stata relegata a fanalino di coda o in un ruolo marginale negli atti legislativi. “ Mentre tutti gli altri paesi hanno capito che bisogna investire nella famiglia, attraverso aiuti concreti e strutturali che abbiano come obbiettivo l’aumento delle nascite e il ringiovanimento dei loro paesi”, si accalora Don Sciortino,” in Italia si assiste ad un invecchiamento della società, ad una diminuizione delle nascite, tanto che i giovani non solo hanno paura di sposarsi, ma sono terrorizzati dal mettere al mondo dei figli.” Per meglio far comprendere la sua denuncia, richiama un immagine dell’Eneide di Virgilio: “Enea che fugge da Troia in fiamme porta l'anziano padre Anchise sulle spalle e tiene per mano il giovane figlio Ascanio. L'Enea del futuro, invece, avrà sulle spalle il peso di quattro vecchi genitori e non avrà accanto nessun figlio che gli assicurerà, un giorno, di portarlo in salvo”.E ancora:”Assistiamo, impotenti, al fallimento della famiglia. Sulla famiglia tutti i governi, di destra, di sinistra e di centro, finora hanno sempre fallito. Non hanno mai capito che è l'unico vero ammortizzatore sociale. Aiutarla serve innanzitutto allo stesso Paese”.La mancanza di una vera politica della famiglia ha minato le basi dello stesso concetto cristiano di famiglia, confondendolo e facendole perdere di significato. “Perché ,dunque, tutti i partiti si riempiono la bocca con la parola famiglia? L'Italia sembra volere fargliela pagare cara a quei genitori che fanno più figli. Oltre a punire questi loro ragazzi che, nella vita, nel lavoro e nella società, avranno meno opportunità dei loro coetanei figli unici.” Non perde l’occasione degli ultimi eventi di cronaca per denunciare alcuni provvedimenti xenofobi portati avanti da alcune amministrazioni locali vicini alla lega, dal "White Christmas" di Coccaglio, alle ronde, dai cartelloni che vietano di indossare il Burqa a Varallo, all”Ambrogino d’oro” assegnato ai vigili urbani di Milano che si sono distinti nella caccia agli immigrati clandestini. Non mancano le bordate contro il “ silenzio della chiesa “che spesso dà l’impressione di essere ostaggio della politica, o, a secondo dei punti di vista , rende ostaggio la politica”. Ma “questa Italia è ancora cristiana, quando indebolisce e svaluta la famiglia? Quando i comportamenti privati di chi è chiamato a governare sono contraddittori e in antinomia con i principi Cristiani ai quali quale essi, con fare propagandistico, si richiamano?” Rimprovera ancora la Chiesa. “Troppi i silenzi, troppa cautela, troppe omissioni sulla politica e sui politici, e questo non rende credibile il ruolo della Chiesa”. Che le denunce di don Sciortino non siano solo frutto di considerazioni politiche da parte di una chiesa più attenta ai bisogni della gente, lo conferma, dando man forte al prete giornalista, una agenzia Ansa che all’indomani pubblica un rapporto della Caritas e dalla Fondazione Responsabilità Etica, in cui si denuncia l’aumento delle famiglie a rischio di povertà “. Per loro sarà più difficile sostenere le spese ordinarie (bollette, alimenti, ecc) e aumenterà anche il rischio di non riuscire a far fronte ad eventi straordinari, a partire da quelli più banali: la rottura di un elettrodomestico, la manutenzione dell'auto. I dati evidenziano che bisogna lottare contro "situazioni di esclusione da un bene primario come la casa ai danni delle famiglie più deboli, povere, di giovani o di immigrati", commenta don Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana. "E' assente una politica della casa - sottolineano dalla Caritas - e su questo devono riflettere i soggetti politici, imprenditoriali e sociali”

mercoledì 2 dicembre 2009

Minareti e campanili, un bell’ibrido



Poiché non ho alcuna competenza in materie che riguardano il culto, non intendo discutere del voto svizzero che proibisce ai musulmani che abitano la terra di calvinisti, luterani e cattolici di costruire i minareti accanto alle chiese cristiane. A quanto pare, non è molto difficile in pieno “scontro di civiltà” imporre la rimozione della memoria storica, culturale e religiosa: basterebbe indire un referendum che sollecita le ataviche fobie, la diffidenza nei confronti del “diverso”; convincersi che il “nuovo arrivato” è un nemico, è un potenziale usurpatore e che può minacciare la purezza delle tue tradizioni e, forse, della tua stessa “razza”. Basterebbe giudicare il colore nero della pelle non compatibile con il “bianco” Natale.Non ha molta importanza, poi, se ciò accade in un paese, la Svizzera, che fin dal Cinquecento ha ospitato dei “diversi” come Giovanni Calvino, che ha offerto tolleranza o ospitalità a centinaia di migliaia di ebrei, antifascisti e antinazisti, perseguitati nel resto del Vecchio continente. Oppure in un paese, l’Italia, che per anni è stata costretta a mandare altrove i suoi figli per cercare fortuna nel ricordo di Maria e di Giuseppe, anche loro emigrati e costretti a far nascere il proprio figlio in una stalla.Ma lascio che i dettagli dello scontro tra l’islam e il cristianesimo siano discussi dagli addetti ai lavori, o presunti tali. Vorrei azzardare invece qualche considerazione circa la bellezza architettonica dei minareti.Se vi capita di visitare Istanbul, non perdete i magnifici minareti della Moschea blu (Moschea Sultan Ahmed), che insieme a migliaia di altri minareti si dirigono verso il cielo e che in alcune ore dell’alba e del tramonto consegnano i vecchi quartieri della città, dominati dal canto dei muazin, alla malinconia della storia del proprio passato.Le stesse sensazioni si provano a Isfahan, quando viene varcato l’ampio cortile della Moschea Emam (prima della rivoluzione khomeinista si chiamava Moschea Shah), con i suoi due minareti all’ingresso e altri due in prossimità di una imponente cupola azzurra. A Damasco, poi, è il minareto di Gesù ad attribuire prestigio e bellezza alla Moschea Omayyadi, il principale luogo di culto nella capitale siriana.Certo, si potrebbe dire: lasciate i minareti a Istanbul, Isfahan e Damasco e le cattedrali gotiche e barocche alla Svizzera e all’Italia. Ma siamo sicuri che gli uni siano incompatibili con le altre? Che non ci sia posto per un minareto accanto ad una chiesa? Siamo certi che uno di pelle nera che guarda insieme a te il Presepio nella piazza del tuo quartiere sporchi il “Bianco natale”? Siamo convinti che l’ibrido architettonico, o più in generale, l’ibrido culturale sia brutto, insidioso e minaccioso?
Tratto dal il cuore del nemico di Bijan Zarmandili

sabato 28 novembre 2009

La Mafia non esiste

Costoro hanno fatto fare brutta figura all’Italia.

Antonino Agostino -Beppe Alfano -Pasquale Almerico -Nicola Alongi -Giorgio Ambrosoli -Filadelfio Aparo -Rita Atria-Salvatore Bartolotta -Emanuele Basile (carabiniere) -Giuseppe Borsellino -Paolo Borsellino -Domenico Buscetta-Graziella Campagna-Alfonso Canzio-Stefano Caronia -Antonino Cassarà -Giulio Castellino -Rocco Chinnici -Giangiacomo Ciaccio Montalto -Strage di Ciaculli -Giovanni Corrao -Gaetano Costa -Cosimo Cristina-Carlo Alberto Dalla Chiesa-Mauro De Mauro -Rosario Di Salvo -Rocco Dicillo-Giovanni Falcone -Giuseppe Fava -Paolo Ficalora -Mario Francese-Giorgio Gennaro -Paolo Giaccone -Alberto Giacomelli -Boris Giuliano -Libero Grassi -Gaetano Guarino-Peppino Impastato -Giuseppe Insalaco -Vito Jevolella.-Pio La Torre -Giuseppe Letizia -Epifanio Li Puma -Rosario Livatino -Emanuela Loi.-Lenin Mancuso -Piersanti Mattarella .Accursio Miraglia .Natale Mondo .Giuseppe Montalto.-Giuseppe Montana -Antonio Montinaro -Francesca Morvillo.-Luciano Nicoletti -Emanuele Notarbartolo-Giovanni Orcel-Lorenzo Panepinto -Roberto Parisi -Joe Petrosino -Pino Puglisi-Michele Reina -Placido Rizzotto -Mauro Rostagno -Giuseppe Russo-Antonino Saetta -Vito Schifani -Antonino Scopelliti -Emanuela Setti Carraro -Michele Sindona -Giovanni Spampinato -Gaspare Stellino -Strage della circonvallazione-Cesare Terranova-Fratelli Vaccaro Notte-Bernardino Verro-Calogero Zucchetto.
Chi ne parla merita di essere strozzato personalmente da Silvio Berlusconi.
Per quanto fosse una battuta, rimane pessima, inopportuna, inelegante, inspiegabile, incomprensibile, ingenerosa e soprattutto ambigua. Poco degna di un Premier.

domenica 22 novembre 2009

Un monumento all’Amministratore


Altro che al pescatore! Un monumento lo meriterebbe l’Amministratore che ha dato incarico al Maestro Vito Certa di “restaurare” i vecchi e sbiaditi murales del muro di recinzione dello Stadio “ NinoVaccara” di Mazara del Vallo. Il Maestro, che ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera e gli ambienti artistici più all’avanguardia di Milano e che ha alle spalle una pluriennale esperienza nel settore delle Arti Visive, è stato spinto esclusivamente dall’amore verso la sua Città. Dall’impegno dimostrato, giorno dopo giorno sotto il sole cocente o sotto le raffiche del vento di tramontana, e dai risultati lusinghieri ottenuti, tutta la Città ha capito che grande è il suo affetto, mai del tutto sopito, per il paese natìo, ritrovato dopo anni di freddo, neve e nebbia vissuti nella Città da bere. Un marrobbio di colori che sale pian piano ma che arriva, con le sue velature naïf prive di virtuosismi accademici e caratterizzate da contorni marcati, attraverso gli occhi, diritto al cuore. Del lavoro di Totò Bonanno (Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, scomparso nel 2002), di Franco Lo Cascio (Docente di Disegno e Storia dell’Arte, esponente del Movimento della Neofigurazione) e di Saverio Rao (pittore, incisore e muralista) non rimane pressoché nulla perché “coperto” dal forte carattere della pennellata e dalla prorompente personalità stilistica del Certa; rimangono, però, il disegno e i soggetti rivestiti di nuovi, pieni, piatti e vivi colori.
Una pittura affascinante e insolita che offre una visione nuova della realtà, attraverso un uso forte degli schemi e del colore non curato o rifinito ma è, soprattutto, la semplicità che cattura lo sguardo del fruitore, il quale percorre quella zona, quasi sempre in auto “per fortuna!”, direbbero i denigratori del Mazzaro con un andamento veloce e frettoloso.
Grazie Maestro! Grazie Amministratore, chiunque tu sia!

Giacomo Cuttone.

martedì 17 novembre 2009

Gheddafi , le hostess e il Corano

200 hostess, ragazze belle, giovani, alte, magre e ben vestite, nella villa-foresteria dell’ambasciata libica a Roma. la prima serata, altre 200 la seconda, 400copie di Corano distribuite, e un voucher di 50€ o 75 € per ciascuna ragazza partecipante. Le stravaganze del dittatore Muammar Gheddafi non finiscono di stupire. Due serate mistiche all’insegna della conoscenza dell’Islam e della parità di diritti tra uomo e donna, l’annuncio solenne nella “Lectio Magistrale”, che a morire sulla croce è stato un sosia di Gesù Cristo,e infine un invito alla conversione alla vera religione,l’Islam, offrendo a chi deciderà di farlo il suo sostegno ed appoggio per un viaggio alla Mecca. Nessuna protesta dai tanti moralisti italioti, dalle donne e dalla chiesa. Cosa sarebbe successo se un nostro vescovo o un nostro capo del governo avesse cercato a fare opera di proselitismo in qualche albergo di Tripoli o di ironizzare sul profeta? Una cosa, il nostro Premier e il dittatore libico, hanno in comune: il ghiribizzo di circondarsi di ragazze giovani, belle, eleganti e disposte, di fronte ai potenti a vendere la propria dignità ,per un piatto di lenticchie.

mercoledì 11 novembre 2009

Discorso agli Ateniesi.

Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle ( discorso agli Ateniesi- 461 a.C . )

lunedì 9 novembre 2009

Nuove proposte laiche

Mi aspetto che con la stessa determinazione con la quale si è battuta contro la presenza del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane, la sensibile signora Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia e socia dell'Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), assieme alla associazione cui fa parte,si facciano promotori, in coerenza ai principi di laicità propugnati, di una battaglia di civiltà laica affinchè venga rimossa la croce dalla bandiera della sua nazione e da tutte le bandiere di quegli stati n che ne fanno una rappresentazione simbolica in cui riconoscersi ( Finlandia - Malta- Norvegia – Svezia - Grecia – Slovenia - Danimarca, Inghilterra,Svizzera, Grecia, Slovacchia.), per restare in Europa. Inoltre chiedano di sostituire il simbolo della Croce Rossa ,con un altro più laico e meno turbativo. Promuovano iniziative, nelle sedi giuridiche più opportune, al fine di rimuovere: anche le croci dai cimiteri , per non turbare le anime laiche; di trasformare,altresì, tutti gli incroci delle città in rotatorie; di vietare a tutti i dipendenti di indossare , negli uffici e in tutte le sedi pubbliche, gioielli a forma di croce; e infine, di sostituire tutte le manifestazioni religiose che contemplano la croce con le zucche di halloween.




sabato 7 novembre 2009

L'APOSTASIA DEL CRISTIANESIMO


<<La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione Tutto questo potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei.». si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo. Ancora, « la Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana>>
Una motivazione incomprensibile quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in quanto presuppone siano stati violati dei diritti. Quali diritti sono stati violati? Sulla libertà dell’educazione? Sulla discriminazione di minoranze appartenenti ad altre religioni? In effetti, la sentenza degli alti giudici europei dimostra una assoluta ignoranza del sistema scolastico ed educativo italiano Quanto mai l’immagine del crocifisso si è rivelata condizionante, in senso positivo ( vantaggio) o in senso negativo ( discriminante) nel processo educativo e formativo dell’intera popolazione scolastica di ogni ordine e grado? Le motivazioni addotte appaiono invece come la logica prosecuzione di quella laicité de combact, di quel laicismo oltranzista francese che non è ancora riuscito a risolvere tutte le contraddizioni dei processi di integrazione in quella nazione. Al di là dell’indubbio simbolismo religioso, la cui presenza nelle aule scolastiche è regolata dal Concordato tra stato e chiesa, sancito dall’articolo 7 della Costituzione, il Crocifisso rappresenta un insieme di valori che stanno alla base dei diritti fondamentali dell’uomo, i quali hanno permeato la cultura italiana ed europea assieme alla sua identità, non escluso quella dottrina laica, sulla quale la sentenza sembra volersi artatamente ispirare. Il crocifisso simboleggia valori laici universali come la libertà di culto,la libertà religiosa,la parità tra uomo e donna,la dignità della persona, la libertà matrimoniale, la libertà di critica alla religione, tolleranza, la solidarietà, la difesa della famiglia, l’uso di mezzi non coercitivi di convinzione, la laicità dello stato. Per dirla con Tocqueville ” Fu necessario che Gesù Cristo venisse sulla terra per far capire che tutti i membri della specie umana erano per natura simili e uguali.”.Questi valori sono sanciti e riconosciuti nella Carta dei Diritti universali dell’uomo. Allora come definire una simile sentenza in contraddizione con gli stessi diritti universalmente riconosciuti, se non una Apostasìa del Cristianesimo? Tale Apostasìa del Cristianesimo che è causa della perdita di identità e che preclude il significato della appartenenza comune, è prodotta da quella cultura laicista e ideologica, oggi assai di moda in occidente, che dileggia la religione considerandola alla stessa stregua di una superstizione, un retaggio antropologico, un infantilismo intellettuale, una manifestazione folkloristica. Tale Apostasìa del Cristianesimo, in corso in Europa, fa apparire la religione come la responsabile imputata di colpe che vanno dalla minaccia allo stato laico all’ostacolo della coesistenza sociale fino alla avversione alla ricerca scientifica. Essa propugna una Europa senza Dio e senza identità. Se l’Europa rifiuta il Cristianesimo, non le rimane altro che l’effimero, non ha più niente di solido a cui riferirsi e di duraturo attorno a cui riconoscersi .Si può essere anticlericali. Si può essere laici. Ma si può essere anticristiani?

domenica 1 novembre 2009

Integrazione e Fede: una occasione mancata.


Doveva essere un confronto sulla realtà dell’enclave musulmana di Mazara, un dibattito che aprisse,finalmente, uno spiraglio di luce nella nebbiosità dell’indeterminatezza, che aiutasse a comprendere e avere contezza di quelli che sono le effettive esigenze della comunità maghrebina, la quale si trova a relazionarsi con la popolazione locale in una ambigua integrazione non comunicante. Le intenzioni, per quanto nobili, se non supportate da un percorso chiaro, possono dar luogo a dibattiti, per quanto interessanti, inutili rispetto agli obiettivi prefissati. E’ quanto successo con il tanto atteso dibattito, su “ Islam e occidente: dialogo possibile o scontro inevitabile?” organizzato dal periodico L’Arco diretto dal Prof. Onorato Bucci e dall’Associazione Arco-baleno onlus presieduta dal Prof. Giuseppe Fabrizi. Relatori il Prof Onorato Bucci, direttore dipartimento di scienze giuridiche e sociali dell’università del Molise e il Prof. Abdel Karim Hannachi, docente di lingua araba dell’università di Catania. Dibattito arricchito dalla presenza di S.E. Mons. Domenico Mogavero vescovo di Mazara, e di S.E .Mons. Vito Rallo, N.A. in Burkina Faso e Niger.
Il tema era di per se affascinante anche se eccessivamente abusato negli ultimi tempi:( L’Islam in Occidente di Tariq Ramadan, la Solitudine dell’Occidente di Fouad Kaled Allam, L’Islam è compatibile con la democrazia? Di Renzo Guolo). Ci si aspettava un dibattito che aprisse la strada ad un progetto culturale e politico verso l’integrazione reale della comunità musulmana di Mazara. Invece, da parte dei due interlocutori si è preferito percorrere la via degli stereotipi già trita e ritrita nei numerosi dibattiti, convegni, talk show sul solito refrain Islam e cristianesimo, Islam e democrazia, con Corano, hadith, scuole coraniche e Sharì’a per condimento. Si è dato sfoggio di grande erudizione, ma nessuna proposta progettuale di come possa realizzarsi un processo di integrazione a partire dalla analisi della comunità tunisina di Mazara. Esiste una percezione del disagio all’interno della comunità tunisina? Quali le cause? Come affrontarle e proporre ipotesi di soluzione? L’integrazione presuppone una perdita di identità? Che cosa si intende per identità? Essa è statica o dinamica? L’identità è legata alla formazione culturale o alla tradizione dei padri? Si ha il diritto di praticare con dignità la propria fede? Sono domande che attendono una risposta. La comunità tunisina di Mazara vede con apprensione gruppi di giovani che si trovano in rotta di collisione con la società che li ha accolti o dove sono nati? In questo contesto, una parte di giovani si trova sempre meno a proprio agio .Spesso la provocazione di alcuni gruppi, crea problemi di sicurezza e di legalità, divaricando le distanze tra la popolazione autoctona, sempre più impaurita o addirittura intimidita, e i giovani immigrati sempre più aggressivi. Tra questi cresce la percezione di essere esclusi e discriminati dai gangli sociali, a causa dell’elevato tasso di disoccupazione, di dispersione scolastica e di inserimento nel mondo del lavoro. Di fronte alla difficoltà di vivere la disuguaglianza e l’esclusione, questi giovani sono tentati di ripiegarsi nelle radici identitarie dei loro padri. E’ su queste problematiche che si dovrebbe sviluppare un dibattito sociale e politico su come affrontare il processo di integrazione dei musulmani, pur con tutte le difficoltà dovute al fatto che non vi è un interlocutore ufficiale della comunità musulmana. A questo dovrebbe servire la figura del consigliere aggiunto in Consiglio comunale o dei vai mediatori culturali. La sfida da sostenere è quella di eliminare ogni motivo, per i giovani musulmani, di sentirsi malgiudicati e di affrontare la discriminazione nel mondo del lavoro. L’altro aspetto che non si può eludere è quello della pratica religiosa. In una città caratterizzata da una convivenza pacifica e reciprocamente rispettosa tra popolazione autoctona e comunità maghrebina, occorre ripensare in maniera responsabile sulla possibilità di aprire una vera moschea, al posto di inidonei locali di preghiera, in modo da riconoscere il loro culto e il diritto di praticarlo in maniera dignitosa. Una moschea che sia realmente radicata nella realtà locale, che viva i mutamenti sociali e demografici dei musulmani, senza richiudersi nel bigottismo e nel radicalismo fondamentalista. Una moschea che sia inserita del tutto in un sistema di progresso e di modernità, in cui si possa educare, nello spazio delle pratiche religiose, alla libertà e alla convivenza, alla solidarietà, e al riconoscimento dei diritti fondamentali. Un ruolo importante dovrebbe assumere in proposito l’autorità tunisina attraverso la sua capacità di controllo e di filtro. E’ in questo contesto di modernità che la moschea assume anche una valenza di positività sociale. Non si può parlare di integrazione se si vieta alle persone che hanno una fede di esprimerla pubblicamente ma al contrario si chiede loro di riservarla nella sfera privata.

venerdì 16 ottobre 2009

Mazara: una integrazione non comunicante



Mazara è città multidentitaria e multiculturale? E’ città dell’integrazione e dell’accoglienza? E’città della tolleranza e della convivenza? Mazara, la città più musulmanizzata d’Italia, è esempio di dialogo tra popoli delle due sponde? La città, da tempo oggetto di studio tra gli addetti ai lavori, appare come un fenomeno sociologico; su di essa sono state scritte decine di tesi di laurea sulla presenza maghrebina e un libro di successo,“Il ritorno infelice” di Antonino Cusumano, considerato pietra miliare per la conoscenza e la comprensione socio antropologica delle prime immigrazioni tunisine; sono stati redatti migliaia di articoli da tutte le testate giornalistiche nazionali e internazionali sulla sua kasba, è stata decantata la pecularietà del suo centro storico per l’unicità dell’assetto urbano caratteristico delle città arabe, tanto da farne oggetto di studio e di proposte urbane alla biennale di Venezia. Gli Immigrati di prima generazione e i loro figli, nati, cresciuti, e culturalmente formati nel contesto educativo e formativo pubblico ne costituiscono ormai una risorsa umana radicata, omologata nel tessuto sociale Mazarese, tanto che è già avviato da tempo un processo di ibridizzazione culturale. Non volendo né potendo addentrarmi, per obiettivi miei limiti sulla conoscenza delle dinamiche sociali del fenomeno immigratorio, e ritenendo alquanto complesse, articolate e talvolta ambigui taluni aspetti sociali che possono, a volte, essere tra loro antitetici, come multicultura e integrazione, conservazione identitaria e assimilazione di valori, i quali richiedono interventi di specialisti, mi limito, a mò di provocazione, a riportare quello che un serio conoscitore e studioso del mondo musulmano in Italia, Stefano Allievi, scrive nel suo libro ” Islam Italiano” a proposito di: Mazara: la comunità islamica che non c’è: in cui focalizza un aspetto non indifferente, che abbraccia, anche e soprattutto, il campo della religione. ” Oggi l’enclave tunisina di Mazara è forse quella con la più alta percentuale di musulmani di Italia. Ma è un islam che si vede poco, che a differenza di altre realtà immigrate, è riuscita a dotarsi di una minuscola moschea in cui pregare. Una anomalia….A costruirla ( la moschea), ad un certo punto, sembrava dovesse essere il commissario della città,che l’aveva posta come uno dei suoi progetti,e la pensava in grande, cinquemila posti. Una iniziativa non concordata con la comunità islamica locale e bloccata da un veto dei notabili locali e dal vescovo….Neanche il consolato tunisino, che veglia ( anche troppo) su questa comunità ha voluto provvedere. C’è una scuola, quella sì. Un problema, fatto apposta per non favorire l’integrazione, visto che si insegna in arabo il programma scolastico tunisino ai bambini tunisini, una scelta irresponsabile, visto che molti dei ragazzi qui educati,qui,in Italia rimarranno. Di fronte a queste scelte, pagate sulla pelle delle nuove generazioni, ci domandiamo dove stia, da un lato, la consapevolezza della comunità immigrata,e dall’altro, l’iniziativa e la vigilanza degli organi educativi ad essa preposti…C’è il bar, il circolo,.e la religione? Rimane confinata negli spazi privati, in casa, in famiglia…..Ma la mancanza di una forte identità e visibilità religiosa non è un indizio di integrazione forte, a conferma che non sono i simboli religiosi in se a creare un esempio di separatezza. Le due popolazioni semplicemente non si mischiano. Anche se qui mancano atti espliciti di intolleranza, di razzismo, di rifiuto, qui c’è una integrazione non comunicante. Immigrati e i mazaresi sono come due binari che corrono paralleli ma non si incontrano mai.”
Gli aspetti che emergono riguardano essenzialmente le scelte progettuali ,da sempre trascurate, che le istituzioni locali, attraverso le loro rappresentanze politiche e religiose sono tenuti a fare; scelte non più procrastinabili, che richiedono percorsi da fare insieme alla comunità musulmana in direzione o di una integrazione reale oppure verso una conservazione identitaria e un neo multiculturalismo tutto da inventare, visto i precedenti in Italia e in Europa ( Spagna, Inghilterra, Germania); soprattutto si rende necessario affrontare in maniera seria, non pregiudizievole l’elemento religioso. Per far ciò, occorre uscire da un linguaggio ambiguo o perbenista e far valere la ragione rispetto alle pulsioni. Per quanto riguarda la scelta verso un processo di integrazione, molte voci sembrano levarsi in direzione opposta, tra queste quella del vescovo di Mazara Mons. Domenico Mogavero, il quale, in un recente incontro privato con il ministro degli interni Maroni, qui a Mazara, ha espresso in modo chiaro la sua opinione:”Non mi piace la parola integrazione –ha affermato il vescovo – perchè mi suona come fusione; i tunisini mantengono la loro identità, la doppia cittadinanza. L’identità deve restare patrimonio inscindibile di una persona senza prevaricazioni, restano le differenze tra le due comunità ma nello stesso tempo anche la pacifica convivenza”. Si evince che la chiesa di Mazara appare orientata verso un multiculturalismo che veda la conservazione della propria identità, anche religiosa, in un contesto non ostile all’immigrato? Ma lo stesso vescovo non si esprime su come, dove e quando esercitare anche la propria fede religiosa. E’ favorevole all’apertura di una moschea dove la comunità islamica possa pregare? E’ una questione non di poco. Per quanto riguarda le istituzioni politiche, che progetti propongono, che non siano retorici ed elettoralmente strumentali, per la comunità musulmana mazarese? Sono orientati verso la creazione di compartimenti stagni multiculturali, verso comunità tra loro indifferenti, non comunicanti, oppure verso qualcosa che funga da collante di culture e conoscenze seguendo schemi di integrazione che abbiano come obiettivo il superamento del disagio percepito come discriminazione ed emarginazione? Perché è indubbio che all’interno di una scelta multiculturale si possono formare radicalismi e settarismi che si accompagnano a chiusure identitarie e al racchiudimento in se stessi. Se dunque “l’immigrazione funziona da catalizzatore delle tensioni e delle crisi in atto nella società d’accoglienza”, afferma Khaled Fouad Allam, “occorre tuttavia trovare modelli sottesi ai suoi schemi di governo del territorio e di rappresentanza politica”. Oltre a ciò, rimangono questioni aperte, alcune rilevanti, che richiedono un adattamento alla società di diritto e all’uguaglianza che esse comportano, in particolare, quella tra uomo e donna, quella partecipativa alla vita politica pluralistica e democratica, e l’adozioni di usi e costumi della vita moderna.

mercoledì 14 ottobre 2009

Impacchi di liquame


E ti pareva! Lombardo mafioso! Con le sue allusioni mefitiche il giudice supremo Marco Travaglio, riportando sul suo giornale “Il fatto” un avviso di garanzia alquanto insignificante, ha emesso la Sua sentenza inappellabile, nonostante le reiterate richieste di archiviazione della procura di Catania. Sentenza che fa proprie le dichiarazioni rese ai magistrati dal collaboratore di giustizia Maurizio Avola, il quale sostiene di aver visto la foto del presidente della Regione sui giornali e di averlo riconosciuto; ricostruzioni che secondo le indagini dei magistrati si sono rivelate confusionarie e approssimative, del tipo: “Lombardo forse non aveva i baffi, guidava una Ferrari”.Dichiarazioni che non hanno avuto riscontro da parte della procura competente e per le quali la stessa procura ha chiesto per ben due volte l’archiviazione. Ancor più grave appare la presa di posizione di alcuni deputati regionali del PDL Salvino Caputo, Roberto Corona, Fabio Mancuso, i quali riescono a trasformare questa melma in linfa per le loro diatribe politiche contro l’attuale maggioranza. Costoro arrivano a tirare in ballo, addirittura, i due magistrati assessori della giunta Lombardo Russo e Chinnici, sull’opportunità di fare parte della giunta di un presidente inquisito. Mi chiedo, vista l’indifferenza e la mancanza di reazione , se i siciliani non godano nel ricevere in faccia simili impacchi di liquame .

martedì 13 ottobre 2009

Burka


Proibire il burka nelle scuole?
D'accordo, ma si proibisca anche di fare comizi in camicia nera. Soprattutto se chi la indossa è il Presidente del Consiglio.

lunedì 12 ottobre 2009

Quando l’odio ideologico erutta fango.



Tutto si può dire della ministro della P.I. Mariastella Gelmini: che sia incompetente per guidare un ministero così complesso e problematico, che abbia un approccio complicato con l’intero sistema dell’Istruzione che va dalla scuola primaria all’università per finire alla ricerca, che non abbia qualità e capacità, che non abbia autonomia programmatica, che sia priva di un vero progetto politico dell’intero sistema scolastico e formativo. In poche parole, i suoi detrattori hanno la legittimità di avanzare critiche se queste sono ben corroborate da argomentazioni e dati inoppugnabili, oppure se queste censure scaturiscono da ragionamenti politici. La critica è il sale della democrazia. Ma tutto deve avvenire nel rispetto delle regole, del bon ton e dell’educazione. In assenza di queste norme elementari dell’educazione, si entra nel campo dell’inciviltà, nel vilipendio, finendo con lo sguazzare tra le paludi miasmatiche dell’odio ideologico. E’ quello che sta avvenendo in questi giorni nella rete. Le poste elettroniche sono invase da squallidi messaggi sul vissuto della ministro, maldicenze addirittura sulla paternità naturale della titolare della P:I Quel che è più inquietante è che latori di tale putrescenza siano stimati uomini di riconosciuto livello culturale, appartenenti al quella sinistra ideologica moralizzatrice delle abiezioni altrui oltre che uomini di scuola ed educatori la cui funzione dovrebbe essere quella di promuovere etrasmettere valori non alienabili, tra i quali l’assoluto rispetto della persona. Cosa c’è ancora da aspettarsi da una sinistra che vomita simili deiezioni.?

venerdì 9 ottobre 2009

Devota Amministrazione

ATTO DI AFFIDAMENTO E CONSACRAZIONE
DELLA CITTÀ DI MAZARA
ALLA MADONNA DEL PARADISO

Atto deliberativo della Giunta Municipale di Mazara del Vallo n. 132 d 16 Luglio 2004

La Giunta Municipale guidata dal Sindaco Giorgio Macaddino ha approvato all’unanimità l’atto di affidamento e
riconsacrazione della Città di Mazara del Vallo alla Madonna del Paradiso.
Esattamente 50 anni fa, nel 1954, l’allora Sindaco Francesco Safina e la sua Giunta affidarono la Città alla Madonna del
Paradiso con un atto formale conservato negli archivi storici del Comune.
50 anni dopo, il neo Sindaco Giorgio Macaddino e la sua Giunta hanno voluto riprendere quella significativa decisione.
L’ Anno VI n. 6 15-05-2004 8

<Oggi, insieme alla Giunta, consapevoli del mandato che ci è stato affidato e delle difficoltà e insidie che incontreremo durante il governo della Città, ricordandoci delle parole di Cristo “senza di me non potete fare nulla”, (Gv 15,5) con il cuore rivolto ai bisogni urgenti della nostra Mazara, desideriamo rinnovare l’affidamento e la consacrazione della Città al Tuo Cuore Immacolato affinché essa sia sempre più luogo di serenità e di pace, di convivenza pacifica e di formazione ai veri valori umani, luogo dove i giovani possano crescere sani e pieni di entusiasmo per la vita.
Ti chiediamo di intercedere presso il Padre Celeste per guidarci e indirizzare i nostri atti sempre verso il bene comune, di renderci docili all’ascolto dei più deboli e indifesi di questa Città;
Ti chiediamo la custodia dal maligno e da quanti tentano di far prevalere sul bene comune gli interessi personali.
Fa’ che il nostro mandato sia un vero servizio alla Città e non ricerca di potere.
A Te Santa Madre del Paradiso i nostri cuori, a Te le nostre anime, a Te il tempo che ci concederà il Signore, a Te il nostro futuro e la nostra felicità. Così sia>>.

Giorgio Macaddino e la sua Giunta: Peppe Marino, Giovanni Tumbiolo, Santino
Adamo, Didi Di Liberti, Salvatore Accomando, Gaetano Giacalone, Alessandro
Culicchia, Marisa Lenzi, Michele Gabriele, Pino Salvo.
Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.
Il Sindaco
Giorgio Macaddino

E così abbiamo scoperto di chi è la responsabilità del dissesto finanziario del Comune di Mazara.

mercoledì 7 ottobre 2009

Toscani si dimette da assessore alla creatività di Salemi

“Me ne vado, questa terra seppellisce la speranza”
di Oliviero Toscani
“La creatività è l’opposto della sicilianità“. Mi sono ritrovato a Salemi affascinato dall’idea di un sogno che avrebbe potuto realizzarsi attraverso gli infiniti progetti che in poco più di un anno sono riuscito a concretizzare grazie all’amico Sindaco Vittorio Sgarbi, ai ragazzi del mio Assessorato del Progetto Terremoto e a tutti gli amici siciliani e non che hanno creduto in questo sogno. Però, ultimamente, fra le mille difficoltà crescenti, ho cominciato a dubitare della possibilità di realizzare il “sogno Salemi”. C’è voluto Francesco Merlo e il suo articolo, carico di amore per la Sicilia, dal titolo: “La pietà non è uguale per tutti”, su La Repubblica del 4 ottobre, a farmi capire e decidere: se si ama veramente questa terra, non ci si deve sottomettere a questo sistema. QUI, si opera in un sistema compromesso, fra rassegnazione e malcostume, dove tutto e il suo contrario trovano legittimazione. Un territorio con una natura straordinaria, dove però chi vuol fare, non riesce ad evitare d’infangarsi. QUI, la soddisfazione che illumina di gioia ogni soggetto capace di creare, viene anticipata dal sorriso beffardo che più o meno suona così: facciamo questa tal cosa così otterremo contributi, finanziamenti e favori. QUI, prima di dar vita a qualsiasi progetto si cercano finanziamenti pubblici. QUI, solo e solamente così si concepiscono i progetti. Al vigile urbano a cui ho chiesto con insistenza il perché non si fermino o non si multino giovani e meno giovani che per le vie di Salemi sfrecciano senza casco, mi ha risposto che QUI, non siamo a Milano, certe cose si devono fare piano piano. QUI, manca completamente il senso di responsabilità e la consapevolezza che l’uso del casco oltre che essere una legge dello Stato, è concepito per la sicurezza e l’incolumità. Non c’è regola che si possa dare perché QUI la regola è sottomessa al comodo di tutti. Questo è il costume, dove ogni forma di vita creativa come ogni pezzetto di vita attiva è perennemente mortificata dall’ignobile becera convenienza, dall’indifferenza e dall’assistenzialismo. QUI, per creare qualsiasi progetto utile alla comunità, sei costretto a chiedere favori per poterlo realizzare. QUI, devo chiedere per favore a chi sto facendo un favore. QUI, ogni idea creativa deve prendere la forma dell’imbecillità burocratica; qualsiasi progetto intelligente, utile e valido viene sempre abortito. Come si fa a pensare al progetto Case a un Euro con questi presupposti! Salemi rimarrà terremotata per sempre. È così che i suoi cittadini la vogliono. Nell’articolo di Merlo leggo forte l’amore per la sua terra, un grido di denuncia che parte da un cuore intelligente e sensibile. Io, non posso più stare al gioco che questa politica mi vorrebbe imporre, sto con Merlo e con chi ama veramente la Sicilia. Ecco perché non continuo il mio mandato di Assessore alla Creatività a Salemi. Peccato, QUI è un’occasione persa. Io continuerò altrove.
Oliviero Toscani e i ragazzi dell’Assessorato alla Creatività, Progetto Terremoto Julia Borghini, anni 27 Simona Bua, anni 25 Giuliana Conte, anni 25 Giacomo Costa, anni 23 Antonio De Lorenzi, anni 23 Dario Drago, anni 24 Giuseppe Favale, anni 21 Vincenzo Luca Forte, anni 29 Davide Franzetti, anni 26 Emanuele Giattino, anni 25 Federico Mauro, anni 22


(da blog sicilia)