Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

sabato 28 novembre 2009

La Mafia non esiste

Costoro hanno fatto fare brutta figura all’Italia.

Antonino Agostino -Beppe Alfano -Pasquale Almerico -Nicola Alongi -Giorgio Ambrosoli -Filadelfio Aparo -Rita Atria-Salvatore Bartolotta -Emanuele Basile (carabiniere) -Giuseppe Borsellino -Paolo Borsellino -Domenico Buscetta-Graziella Campagna-Alfonso Canzio-Stefano Caronia -Antonino Cassarà -Giulio Castellino -Rocco Chinnici -Giangiacomo Ciaccio Montalto -Strage di Ciaculli -Giovanni Corrao -Gaetano Costa -Cosimo Cristina-Carlo Alberto Dalla Chiesa-Mauro De Mauro -Rosario Di Salvo -Rocco Dicillo-Giovanni Falcone -Giuseppe Fava -Paolo Ficalora -Mario Francese-Giorgio Gennaro -Paolo Giaccone -Alberto Giacomelli -Boris Giuliano -Libero Grassi -Gaetano Guarino-Peppino Impastato -Giuseppe Insalaco -Vito Jevolella.-Pio La Torre -Giuseppe Letizia -Epifanio Li Puma -Rosario Livatino -Emanuela Loi.-Lenin Mancuso -Piersanti Mattarella .Accursio Miraglia .Natale Mondo .Giuseppe Montalto.-Giuseppe Montana -Antonio Montinaro -Francesca Morvillo.-Luciano Nicoletti -Emanuele Notarbartolo-Giovanni Orcel-Lorenzo Panepinto -Roberto Parisi -Joe Petrosino -Pino Puglisi-Michele Reina -Placido Rizzotto -Mauro Rostagno -Giuseppe Russo-Antonino Saetta -Vito Schifani -Antonino Scopelliti -Emanuela Setti Carraro -Michele Sindona -Giovanni Spampinato -Gaspare Stellino -Strage della circonvallazione-Cesare Terranova-Fratelli Vaccaro Notte-Bernardino Verro-Calogero Zucchetto.
Chi ne parla merita di essere strozzato personalmente da Silvio Berlusconi.
Per quanto fosse una battuta, rimane pessima, inopportuna, inelegante, inspiegabile, incomprensibile, ingenerosa e soprattutto ambigua. Poco degna di un Premier.

domenica 22 novembre 2009

Un monumento all’Amministratore


Altro che al pescatore! Un monumento lo meriterebbe l’Amministratore che ha dato incarico al Maestro Vito Certa di “restaurare” i vecchi e sbiaditi murales del muro di recinzione dello Stadio “ NinoVaccara” di Mazara del Vallo. Il Maestro, che ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera e gli ambienti artistici più all’avanguardia di Milano e che ha alle spalle una pluriennale esperienza nel settore delle Arti Visive, è stato spinto esclusivamente dall’amore verso la sua Città. Dall’impegno dimostrato, giorno dopo giorno sotto il sole cocente o sotto le raffiche del vento di tramontana, e dai risultati lusinghieri ottenuti, tutta la Città ha capito che grande è il suo affetto, mai del tutto sopito, per il paese natìo, ritrovato dopo anni di freddo, neve e nebbia vissuti nella Città da bere. Un marrobbio di colori che sale pian piano ma che arriva, con le sue velature naïf prive di virtuosismi accademici e caratterizzate da contorni marcati, attraverso gli occhi, diritto al cuore. Del lavoro di Totò Bonanno (Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, scomparso nel 2002), di Franco Lo Cascio (Docente di Disegno e Storia dell’Arte, esponente del Movimento della Neofigurazione) e di Saverio Rao (pittore, incisore e muralista) non rimane pressoché nulla perché “coperto” dal forte carattere della pennellata e dalla prorompente personalità stilistica del Certa; rimangono, però, il disegno e i soggetti rivestiti di nuovi, pieni, piatti e vivi colori.
Una pittura affascinante e insolita che offre una visione nuova della realtà, attraverso un uso forte degli schemi e del colore non curato o rifinito ma è, soprattutto, la semplicità che cattura lo sguardo del fruitore, il quale percorre quella zona, quasi sempre in auto “per fortuna!”, direbbero i denigratori del Mazzaro con un andamento veloce e frettoloso.
Grazie Maestro! Grazie Amministratore, chiunque tu sia!

Giacomo Cuttone.

martedì 17 novembre 2009

Gheddafi , le hostess e il Corano

200 hostess, ragazze belle, giovani, alte, magre e ben vestite, nella villa-foresteria dell’ambasciata libica a Roma. la prima serata, altre 200 la seconda, 400copie di Corano distribuite, e un voucher di 50€ o 75 € per ciascuna ragazza partecipante. Le stravaganze del dittatore Muammar Gheddafi non finiscono di stupire. Due serate mistiche all’insegna della conoscenza dell’Islam e della parità di diritti tra uomo e donna, l’annuncio solenne nella “Lectio Magistrale”, che a morire sulla croce è stato un sosia di Gesù Cristo,e infine un invito alla conversione alla vera religione,l’Islam, offrendo a chi deciderà di farlo il suo sostegno ed appoggio per un viaggio alla Mecca. Nessuna protesta dai tanti moralisti italioti, dalle donne e dalla chiesa. Cosa sarebbe successo se un nostro vescovo o un nostro capo del governo avesse cercato a fare opera di proselitismo in qualche albergo di Tripoli o di ironizzare sul profeta? Una cosa, il nostro Premier e il dittatore libico, hanno in comune: il ghiribizzo di circondarsi di ragazze giovani, belle, eleganti e disposte, di fronte ai potenti a vendere la propria dignità ,per un piatto di lenticchie.

mercoledì 11 novembre 2009

Discorso agli Ateniesi.

Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle ( discorso agli Ateniesi- 461 a.C . )

lunedì 9 novembre 2009

Nuove proposte laiche

Mi aspetto che con la stessa determinazione con la quale si è battuta contro la presenza del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane, la sensibile signora Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia e socia dell'Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), assieme alla associazione cui fa parte,si facciano promotori, in coerenza ai principi di laicità propugnati, di una battaglia di civiltà laica affinchè venga rimossa la croce dalla bandiera della sua nazione e da tutte le bandiere di quegli stati n che ne fanno una rappresentazione simbolica in cui riconoscersi ( Finlandia - Malta- Norvegia – Svezia - Grecia – Slovenia - Danimarca, Inghilterra,Svizzera, Grecia, Slovacchia.), per restare in Europa. Inoltre chiedano di sostituire il simbolo della Croce Rossa ,con un altro più laico e meno turbativo. Promuovano iniziative, nelle sedi giuridiche più opportune, al fine di rimuovere: anche le croci dai cimiteri , per non turbare le anime laiche; di trasformare,altresì, tutti gli incroci delle città in rotatorie; di vietare a tutti i dipendenti di indossare , negli uffici e in tutte le sedi pubbliche, gioielli a forma di croce; e infine, di sostituire tutte le manifestazioni religiose che contemplano la croce con le zucche di halloween.




sabato 7 novembre 2009

L'APOSTASIA DEL CRISTIANESIMO


<<La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione Tutto questo potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei.». si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo. Ancora, « la Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana>>
Una motivazione incomprensibile quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in quanto presuppone siano stati violati dei diritti. Quali diritti sono stati violati? Sulla libertà dell’educazione? Sulla discriminazione di minoranze appartenenti ad altre religioni? In effetti, la sentenza degli alti giudici europei dimostra una assoluta ignoranza del sistema scolastico ed educativo italiano Quanto mai l’immagine del crocifisso si è rivelata condizionante, in senso positivo ( vantaggio) o in senso negativo ( discriminante) nel processo educativo e formativo dell’intera popolazione scolastica di ogni ordine e grado? Le motivazioni addotte appaiono invece come la logica prosecuzione di quella laicité de combact, di quel laicismo oltranzista francese che non è ancora riuscito a risolvere tutte le contraddizioni dei processi di integrazione in quella nazione. Al di là dell’indubbio simbolismo religioso, la cui presenza nelle aule scolastiche è regolata dal Concordato tra stato e chiesa, sancito dall’articolo 7 della Costituzione, il Crocifisso rappresenta un insieme di valori che stanno alla base dei diritti fondamentali dell’uomo, i quali hanno permeato la cultura italiana ed europea assieme alla sua identità, non escluso quella dottrina laica, sulla quale la sentenza sembra volersi artatamente ispirare. Il crocifisso simboleggia valori laici universali come la libertà di culto,la libertà religiosa,la parità tra uomo e donna,la dignità della persona, la libertà matrimoniale, la libertà di critica alla religione, tolleranza, la solidarietà, la difesa della famiglia, l’uso di mezzi non coercitivi di convinzione, la laicità dello stato. Per dirla con Tocqueville ” Fu necessario che Gesù Cristo venisse sulla terra per far capire che tutti i membri della specie umana erano per natura simili e uguali.”.Questi valori sono sanciti e riconosciuti nella Carta dei Diritti universali dell’uomo. Allora come definire una simile sentenza in contraddizione con gli stessi diritti universalmente riconosciuti, se non una Apostasìa del Cristianesimo? Tale Apostasìa del Cristianesimo che è causa della perdita di identità e che preclude il significato della appartenenza comune, è prodotta da quella cultura laicista e ideologica, oggi assai di moda in occidente, che dileggia la religione considerandola alla stessa stregua di una superstizione, un retaggio antropologico, un infantilismo intellettuale, una manifestazione folkloristica. Tale Apostasìa del Cristianesimo, in corso in Europa, fa apparire la religione come la responsabile imputata di colpe che vanno dalla minaccia allo stato laico all’ostacolo della coesistenza sociale fino alla avversione alla ricerca scientifica. Essa propugna una Europa senza Dio e senza identità. Se l’Europa rifiuta il Cristianesimo, non le rimane altro che l’effimero, non ha più niente di solido a cui riferirsi e di duraturo attorno a cui riconoscersi .Si può essere anticlericali. Si può essere laici. Ma si può essere anticristiani?

domenica 1 novembre 2009

Integrazione e Fede: una occasione mancata.


Doveva essere un confronto sulla realtà dell’enclave musulmana di Mazara, un dibattito che aprisse,finalmente, uno spiraglio di luce nella nebbiosità dell’indeterminatezza, che aiutasse a comprendere e avere contezza di quelli che sono le effettive esigenze della comunità maghrebina, la quale si trova a relazionarsi con la popolazione locale in una ambigua integrazione non comunicante. Le intenzioni, per quanto nobili, se non supportate da un percorso chiaro, possono dar luogo a dibattiti, per quanto interessanti, inutili rispetto agli obiettivi prefissati. E’ quanto successo con il tanto atteso dibattito, su “ Islam e occidente: dialogo possibile o scontro inevitabile?” organizzato dal periodico L’Arco diretto dal Prof. Onorato Bucci e dall’Associazione Arco-baleno onlus presieduta dal Prof. Giuseppe Fabrizi. Relatori il Prof Onorato Bucci, direttore dipartimento di scienze giuridiche e sociali dell’università del Molise e il Prof. Abdel Karim Hannachi, docente di lingua araba dell’università di Catania. Dibattito arricchito dalla presenza di S.E. Mons. Domenico Mogavero vescovo di Mazara, e di S.E .Mons. Vito Rallo, N.A. in Burkina Faso e Niger.
Il tema era di per se affascinante anche se eccessivamente abusato negli ultimi tempi:( L’Islam in Occidente di Tariq Ramadan, la Solitudine dell’Occidente di Fouad Kaled Allam, L’Islam è compatibile con la democrazia? Di Renzo Guolo). Ci si aspettava un dibattito che aprisse la strada ad un progetto culturale e politico verso l’integrazione reale della comunità musulmana di Mazara. Invece, da parte dei due interlocutori si è preferito percorrere la via degli stereotipi già trita e ritrita nei numerosi dibattiti, convegni, talk show sul solito refrain Islam e cristianesimo, Islam e democrazia, con Corano, hadith, scuole coraniche e Sharì’a per condimento. Si è dato sfoggio di grande erudizione, ma nessuna proposta progettuale di come possa realizzarsi un processo di integrazione a partire dalla analisi della comunità tunisina di Mazara. Esiste una percezione del disagio all’interno della comunità tunisina? Quali le cause? Come affrontarle e proporre ipotesi di soluzione? L’integrazione presuppone una perdita di identità? Che cosa si intende per identità? Essa è statica o dinamica? L’identità è legata alla formazione culturale o alla tradizione dei padri? Si ha il diritto di praticare con dignità la propria fede? Sono domande che attendono una risposta. La comunità tunisina di Mazara vede con apprensione gruppi di giovani che si trovano in rotta di collisione con la società che li ha accolti o dove sono nati? In questo contesto, una parte di giovani si trova sempre meno a proprio agio .Spesso la provocazione di alcuni gruppi, crea problemi di sicurezza e di legalità, divaricando le distanze tra la popolazione autoctona, sempre più impaurita o addirittura intimidita, e i giovani immigrati sempre più aggressivi. Tra questi cresce la percezione di essere esclusi e discriminati dai gangli sociali, a causa dell’elevato tasso di disoccupazione, di dispersione scolastica e di inserimento nel mondo del lavoro. Di fronte alla difficoltà di vivere la disuguaglianza e l’esclusione, questi giovani sono tentati di ripiegarsi nelle radici identitarie dei loro padri. E’ su queste problematiche che si dovrebbe sviluppare un dibattito sociale e politico su come affrontare il processo di integrazione dei musulmani, pur con tutte le difficoltà dovute al fatto che non vi è un interlocutore ufficiale della comunità musulmana. A questo dovrebbe servire la figura del consigliere aggiunto in Consiglio comunale o dei vai mediatori culturali. La sfida da sostenere è quella di eliminare ogni motivo, per i giovani musulmani, di sentirsi malgiudicati e di affrontare la discriminazione nel mondo del lavoro. L’altro aspetto che non si può eludere è quello della pratica religiosa. In una città caratterizzata da una convivenza pacifica e reciprocamente rispettosa tra popolazione autoctona e comunità maghrebina, occorre ripensare in maniera responsabile sulla possibilità di aprire una vera moschea, al posto di inidonei locali di preghiera, in modo da riconoscere il loro culto e il diritto di praticarlo in maniera dignitosa. Una moschea che sia realmente radicata nella realtà locale, che viva i mutamenti sociali e demografici dei musulmani, senza richiudersi nel bigottismo e nel radicalismo fondamentalista. Una moschea che sia inserita del tutto in un sistema di progresso e di modernità, in cui si possa educare, nello spazio delle pratiche religiose, alla libertà e alla convivenza, alla solidarietà, e al riconoscimento dei diritti fondamentali. Un ruolo importante dovrebbe assumere in proposito l’autorità tunisina attraverso la sua capacità di controllo e di filtro. E’ in questo contesto di modernità che la moschea assume anche una valenza di positività sociale. Non si può parlare di integrazione se si vieta alle persone che hanno una fede di esprimerla pubblicamente ma al contrario si chiede loro di riservarla nella sfera privata.