Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

venerdì 25 dicembre 2009

Natale 1996. "Perché vi mettete in mare se sapete che forse morite?"


La notte di Natale del 1996, a poche miglia dalla località siciliana di Portopalo di Capo Passero (Siracusa), si consuma quella che ad oggi rimane la più grande tragedia navale del Mediterraneo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un peschereccio maltese (F174) in pessimo stato, in legno e senza sistemi di sicurezza, si scontra con una grande nave greca (Yohan). A bordo circa 300 persone, soprattutto provenienti dall’India, Pakistan e Sri Lanka. Una manovra sbagliata, le pessime condizioni del mare, la notte, provocano la morte di 283 persone e l’inabissamento della F174. Un’ora, o poco più.Per molti giorni però nessuna notizia. Nessuna denuncia. Come se tutto fosse stato inghiottito dal mare, insieme ai sogni, alle speranze, ai microcosmi di ognuna delle vittime. Ma non i loro corpi, né le loro carte d’identità, impigliati nelle reti dei pescatori del posto. Nè il coraggio degli uomini che si sono battuti affinchè emergesse la verità. Dieci anni più tardi, la sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione inflitta dalla Corte d’assise d’appello di Catania al libanese Youssef El Hallal, il comandante della Yohan. E sempre la Corte d’Assise d’Appello di Catania, l’11 marzo scorso, per la stessa vicenda, ha condannato Turab Ahmed Sheik, 48 anni, l’armatore pakistano, residente a Malta, a trent’anni di reclusione. Nel maggio 2007 l’armatore della F174 era stato assolto dalla Corte di Assise di Siracusa per non aver commesso il fatto.Nessun naufragio fantasma.
Di questi tempi si muore di speranza. Come se esistere fosse un reato. Come se desiderare una vita dignitosa e libera fosse la causa di tutti i mali. Dell’Italia certamente.“Forse quando la Padania sarà libera sarà diventata davvero una nazione-stato potremmo anche farlo (dare il voto agli immigrati). Ma non ora. Da noi, i musulmani sbatteranno sempre le corna. In Europa non so, ma la Lombardia da sempre ha eretto un muro contro l’Islam”. (Bossi)Abbiamo paura di ammettere che ci conviene indirizzare la nostra rabbia, la nostra frustrazione verso un non ben identificato nemico. Se ci guardassimo nel profondo, mafiosi, truffatori, evasori, di razza italica, meriterebbero la riprovazione sociale che oggi riguarda l’immigrato clandestino. Per il semplice fatto di essere. “Dovremmo dare dei costumi da leprotto agli extracomunitari, così le doppiette dei cacciatori potrebbero esercitarsi: tin, tin, tin” oppure “Ripristinare i vagoni piombati e rimandarli ai loro paesi “. (Gentilini)E’ toccata a loro tutta la violenza in una vita miserabile. Forse se la meritano. “Sul problema dell’immigrazione la Lega e la Chiesa sono su due piani completamente diversi (…) Personalmente credo che se si accolgono gli immigrati questo puo’ apparire qualcosa di buono, ma non si fa il bene degli immigrati”. (Calderoli)Lasciare un inferno fatto di dittature, guerre, fame, invero non è cosa buona. “Per di piu’, se accogliessimo tutti faremmo un torto ai paesi di provenienza”. Già, la galanteria diplomatica. “Posso confermare che i valori cristiani testimoniati dal Pontefice sono sempre presenti nell’azione del governo da me presieduto, che adotterà tutte le misure necessarie per garantire la serenità e la pace sociale”. Il Presidente del Consiglio, qualche giorno fa.
Nota: il titolo dell'articolo è tratto da una vignetta de l'Unità di Staino ed è anche la copertina dell' Agemda: «Perché vi mettete in mare se sapete che forse morite?», domanda Ilaria, la figlia di Bobo, ad un migrante che le risponde secco: «...Per il forse».

Ylenia Di Matteo( tratto da Articolo 21)

mercoledì 23 dicembre 2009

Mazara e il suo nuovo look

L'isola pedonale di Corso Umberto I

Sarà l’approssimarsi delle feste, sarà per il clima mitigato da una tenue brezza di libeccio, sarà forse che nel periodo natalizio ci si sente più buoni anche nel dare giudizi, tuttavia la città si presenta sotto un aspetto diverso. Essa appare elegante, armoniosa, vivibile, godibile, forse un pochino chic se non ne conoscessimo i suoi limiti, a tratti anche irreale. Il centro città, trasformato in isola pedonale, si mostra ordinato e arredato con equilibrio e gusto, gradevolmente attraente. Esso assume un valore pedagogico nell’educare al rispetto e al gusto del bello.



Giare e Panchine

La nuova amministrazione Cristaldi ha già incassato un ulteriore punto a suo favore nella realizzazione del suo ambizioso programma che era quello di ridare dignità e splendore alla sua Città. L’inserimento di elementi di arredo urbano nel corso principale, attraverso composizioni artistiche in ceramica e realizzate attraverso il coinvolgimento di artisti e professionisti locali, danno un senso piacevole allo shopping. La gente dimostra compiacimento nel volersi riappropriare dei propri spazi, lontano dai rumori e dal caos che al contrario si presentano nella loro intensa drammaticità appena fuori dall’isola pedonale. Tutto il centro storico appare più animato; semplici interventi, attraverso l’inserimento di motivi in ceramica, danno senso e colore alle scalinate di accesso al lungomare; lo stesso sindaco, sotto il suo pseudonimo artistico di Hajto, ha voluto dare un contributo al recupero di uno dei cortili più noti della vecchia città. E’ la dimostrazione che non occorrono interventi faraonici per riportare agli antichi splendori ciò che era stato per decenni abbandonato e umiliato. Rimane una sola amarezza: perché dare un limite temporale a questa isola pedonale, e non renderla, invece, definitiva?


curtigghiu di lu 'nfernu

lunedì 21 dicembre 2009

Moncada: Si può fare impresa in Sicilia"





E’ la Sicilia di Sciascia , “La Sicilia come metafora”, con tutte le sue contraddizioni difficili da comprendere e da interpretare. Non per niente siamo a pochi chilometri dal paese d’origine dello scrittore siciliano. Le contraddizioni si fanno più evidenti nel momento in cui in Sicilia la qualità della vita non migliora, anzi nel 2009 peggiora nella maggior parte delle province rispetto all'anno scorso. Peggio di tutte fa Agrigento che è all'ultimo posto tra le 107 province monitorate in Italia dalla consueta indagine del Sole24Ore, che mette a confronto il benessere nelle diverse aree italiane. Negli ultimi dieci posti della classifica si trovano cinque province siciliane. La maglia nera Agrigento perde sei posizioni rispetto al 2008; Caltanissetta è terzultima (era 103), Catania e 104/a, Palermo al 102/o posto (101), Trapani è 99/a (100). Siracusa è al 96/o posto (era al 95/o). La provincia che perde più posizioni rispetto a un anno fa è Messina che chiude al 93/o posto, era 82/a. Ragusa, che era 91/a, sale al 86/o posto, mentre Enna si piazza 83/a perdendo quattro posizioni. Ed è proprio in questo lembo di terra al confine tra le province di Agrigento e Caltanissetta che la metafora si trasforma in favola e la favola in realtà. A Campofranco viene inaugurato lo stabilimento più tecnologico d’Italia per la produzione di pannelli fotovoltaici. Il più grande e il primo in Italia per innovazione tecnologica, il terzo in Europa, il sesto nel mondo. L’imprenditore Salvatore Moncada vince la sua scommessa, anche nell’utilizzazione delle maestranze altamente tecnologiche, tutte siciliane, insieme a decine di giovani ingegneri, fortemente motivati nel mettere al servizio dell’impresa le loro fresche intelligenze, la loro capacità innovativa e l’ entusiasmo di chi è consapevole di partecipare attivamente ad una svolta epocale scegliendo di restare in Sicilia e di non emigrare. Un assonanza di motivazioni lega l’imprenditore siciliano e i suoi collaboratori, e la si vede dall’entusiasmo e dall’orgoglio di essere riusciti, in poco tempo, a portare a termine, insieme, in perfetta sinergia, una impresa proibitiva. Presenti le istituzioni al massimo livello, Il presidente della Camera dei deputati On. Gianfranco Fini, il guardasigilli On . Angelino Alfano in rappresentanza del governo, il viceministro per il commercio On. Adolfo Urso, vari assessori regionali, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello. Moncada appare emozionato ma orgoglioso della sua creatura, non invoca contributi pubblici ma servizi e celerità burocratiche. Attacca una burocrazia lenta che non contribuisce allo sviluppo della Sicilia e disincentiva gli investimenti privati. E’ soprattutto orgoglioso del suo team formato da giovani altamente specializzati e dei suoi operai che considera membri di una grande famiglia. Lo stabilimento appare “ una perla” in un luogo che è simbolo delle contraddizioni e delle complessità di questa terra dove il connubio politica - mafia ha creato disastri e rallentato lo sviluppo.” Un'impresa riesce a competere quando la delinquenza non riesce a influenzare lo sviluppo. Allora è un dovere per davvero essere intransigenti nei confronti della criminalità, non solo colpendola ma anche evitando che crei collusioni o contiguità con la classe politica". Inizia così parlando della criminalità, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ” Bisogna investire sui giovani e sul sapere, mettere in condizione le nuove generazioni di inserirsi nella competizione. Il modello che propone Moncada va in questa direzione, verso una collaborazione tra capitale e lavoro e una continua formazione professionale. Aspetti che possono aiutare l'Italia a vincere la sfida della competizione e della globalizzazione”. Infine un rimprovero alla politica locale da parte di Fini, affinchè questa realtà di cui tutto il Paese deve essere orgoglioso, sia aiutata attraverso la realizzazione di infrastrutture di collegamento. “E’ una contraddizione una presenza ad alta tecnologia in un territorio con un assetto viario risalente agli anni ’40. L’impresa si aspetta dalla politica che faccia bene il suo dovere”. Poi, rivolgendosi alla folla degli intervenuti, conclude: “Aiutate voi la politica a migliorare non votando mai chi vi dice: "dammi il voto e poi vedremo quello che posso fare: questo è un atteggiamento paramafioso". “La Sicilia come tutto il meridione è stata caratterizzata da cattedrali del deserto, esempio di un modo di fare politica e impresa non accettabile e che ha fatto sì che le imprese oneste andassero via dalla Sicilia e vi rimanessero soltanto quelle cattive, in mano ai mafiosi, frutto della loro connivenza con la politica- grida il ministro della Giustizia Alfano- è arrivato il momento che adesso devono essere le cattive imprese ad abbandonare l’isola assieme ai mafiosi” .





domenica 20 dicembre 2009

SENZA SE E SENZA MA (lettera aperta all’On. Bersani)



Pubblico questa lettera aperta di Paola Pediconi, che spero incontrerà il vostro interesse.Buona lettura e, dite cosa ne pensate…

Gentile segretario,alle primarie ho votato per lei, più che per affinità politica (sono un’ex tesserata, ma da tempo ormai non mi identifico più con il suo partito), diciamo per
senso di responsabilità, per necessità più che altro, nella convinzione che servisse un’opposizione, non dico solida, ma almeno definita nei connotati minimi, per fronteggiare lo scempio che si sta compiendo nel nostro paese.Quindi la contingenza mi ha estorto una fiducia che poi puntualmente è stata delusa, da lei personalmente e anche dal suo partito, come intendo qui riferirle senza sconti e con dovizia di ragioni.In verità lei si è subito dichiarato ben omologo al suo partito, non c’è dubbio, con l’ennesima occasione persa con il no B day – L’ho seguita dalla Annunziata e mi è sembrato piuttosto evanescente, per usare un eufemismo, poche parole stitiche di fronte ad un errore politico di simile portata! – proprio come accadde anni fa con i girotondi, dove pure partecipai insieme a tanti in cerca di una nuova speranza, l’incredibile mobilitazione di una spinta che veniva dal basso, esattamente come è oggi il popolo viola, ossigeno per un partito anchilosato come il suo, che per qualche inspiegabile sortilegio invece ha perso e continua a perdere il polso della folla, gli umori dei propri ex elettori, ormai in molti come me e li lascia puntualmente orfani di un qualsiasi riferimento adeguato. Per non parlare poi degli operai, dei precari, di tutti quei lavoratori che in questi mesi manifestano perchè rischiano il posto di lavoro o gli elementari mezzi di sussistenza, che non trovano nel suo partito l’ascolto dovuto, anzi doveroso, se voi siete ancora comunque gli eredi di una parte politica che negli anni ha rappresentato prima di tutto la tutela di queste categorie. E invece quello che puntualmente accade oggi, al di là di qualche tuono di sdegno puramente formale, cui non segue niente di fatto, proprio voi non vi ergete, con i mezzi di cui disponete, a denuncia, a protesta attiva, a decisa tutela, senza se e senza ma, come le piace tanto dire in questi giorni, delle minime garanzie per i lavoratori, nè in nessun modo incarnate quei bisogni che anche sul piano ideologico, sono, o meglio dovrebbero essere, lo scheletro, la principale ragione del vostro esistere, l’impegno primo per cui siete lì. E che dire della finanziaria, che, mentre lei col capo chino faceva visita al miracolato premier, nel rispetto del più stucchevole bon ton politico, è passata in sordina, con un emendamento che privatizza pericolosamente le forze armate (,http://www.grnet.it/news/95-news/829-forze-armate-e-privatizzate.html per chi vuole approfondire), con gravissime implicazioni, che noi cittadini attivi staniamo qui in rete, fino a quando potremo farlo, ma voi leggete subito lì, nero su bianco, comodamente seduti nelle poltrone che abusivamente e irresponsabilmente occupate, dico ora con cognizione, visto che non denunciate con forza un segnale di una simile portata, anche dopo le dichiarazioni del premier a Bonn, un indice di una tale preoccupante entità, che non capisco cosa deve ancora accadere perchè iniziate almeno ad urlare!C’è la piazza, c’è la coscienza di milioni di persone che seguono attenti quello che accade e osservano attoniti la vostra colpevole inedia. Massacri mediatici dei giornalisti, infamie a tutto campo, strumentalizzazioni di una tale gravità e di così elementare evidenza che basterebbe dirlo un pò più forte per attingere e dare voce al più comune buonsenso, folle che si mobilitano, la rete assediata e voi fermi, distanti, estranei a tutto, solo qualche dichiarazione qua e la, ma nessuna azione politica, nessuna reazione vera, responsabile e giusta. E’ evidente che non sapete cosa fare, prigionieri dei se e dei ma, altro che! e evidentemente avete dimenticato di avere tante responsabilità, serie, enormi sulle vite di tutti noi, sul nostro Paese.E dopo che all’epoca lo avete consegnato a Berlusconi, colpa acclarata e mai onestamente ammessa, dopo gli innumerevoli assalti con tenacia perpetrati dal governo e sempre a segno alle più elementari regole di democrazia e di giustizia, senza un solo gesto concreto di opposizione da parte del suo partito, lo guardate ora scivolare nel baratro dell’oligarchia o anche peggio, come sembra con simili premesse, senza fare niente, anzi no, arretrate sconfitti, cedete il fianco, con la “leggina” di D’Alema (ma quanti guai deve fare ancora quest’imbranato perchè lo mandiate a casa?), il contentino pro tempore per Berlusconi, come l’osso lanciato alla belva perchè si calmi per un pò, il male minore dite voi, mentre invece il governo prende fiato e tempo per passare poi all’assalto della costituzione.ma è mai possibile che ragioniate così senza provare vergogna?Intanto lo scudo fiscale prorogato fino ad aprile, vergogna delle vergogne, neanche Lupi resiste più, è stanco morto di dire stupidaggini e le false ragioni gli hanno segnato di borse e rughe il viso, lo vedete, no? E a gennaio la leggina del compromesso più osceno della nostra storia, diamogli quello che vuole, purchè stia buono per un pò, tutto questo senza un solo singulto di dignità da parte vostra, un solo piccolo gesto coerente con quell’idea politica che pure dovrebbe mordere le vostre coscienze, anche se da molto lontano.Così succede che ci sentiamo in tanti più rappresentati da un ex fascista come Fini o da una cattolica di centro come la Bindi (a cui va tutta la mia stima per il coraggio che dimostra ogni volta, soprattutto se penso da dove viene politicamente), politici che sentono la responsabilità del ruolo e intuiscono la gravità del momento, che non garantiti da lei e dal suo partito, da troppo tempo imbarbariti in una cronica crisi di identità che non si risolve e non trova via di uscita e vi rende inutili fantocci nelle mani del padrone d’italia, quale è ormai Berlusconi anche grazie a voi.Così mentre voi vi preoccupate di abbassare i toni così tanto che nessuno vi sente più, gli altri alzano il tiro e dopo aver gambizzato il nostro Paese, dopo averlo messo in ginocchio, ora mirano diritto al cuore della nostra democrazia, a stravolgere ad uso del premier la nostra costituzione.Tutto questo con la vostra placida, inerte, colpevole connivenza.
Paola Pediconi ( pubblicata dal blog lo specchio)

Io non sono comunista:sono una persona libera

Vorrei che la legge venisse rispettata, da chiunque. Ma non sono comunista. Vorrei che l'onestà vincesse sulla disonestà. Ma non sono comunista. Vorrei poter uscire di casa e sentirmi orgoglioso di quello che vedo. Ma non sono comunista. Vorrei poter esprimere il mio dissenso. Ma non sono comunista. Vorrei che tutti avessero pari diritti e pari doveri. Ma non sono comunista. Vorrei che tutti avessero la possibilità di dire ciò che pensano. Ma non sono comunista. Vorrei che la gente mi ascoltasse, prima di giudicarmi. Ma non sono comunista. Vorrei che la gente prima di parlare di qualcosa, si informasse. Ma non sono comunista. Vorrei poter dire che non basta un souvenir in faccia per ottenere la mia pietà. Ma non sono comunista. Vorrei che non ci fossero violenze di serie A e violenze di serie B. Ma non sono comunista. Vorrei che si capisse che la violenza fisica e la violenza ideologica vanno di pari passo. Ma non sono comunista. Vorrei che a governare il mio paese ci fossero intellettuali, cultori della legalità, onesti padri di famiglia. Ma non sono comunista. Vorrei che chi decide le politiche economiche andasse avanti con uno stipendio normale. Ma non sono comunista. Vorrei che chi fa le leggi sapesse il prezzo del pane, dell'acqua, del grano. Ma non sono comunista. Vorrei che chi fa le leggi conoscesse a menadito la storia e la filosofia. Ma non sono comunista. Vorrei che chi fa le leggi avesse una cultura generale più che ottima. Ma non sono comunista. Vorrei che chi approva le leggi le leggesse prima di deciderne il destino. Ma non sono comunista. Vorrei che Brunetta, prima di preoccuparsi degli impiegati delle poste, si preoccupasse delle assenze dei suoi colleghi parlamentari, che guadagnano ben più di un normale impiegato statale. Ma non sono comunista. Vorrei che ci infrange le leggi andasse in galera. Ma non sono comunista. Vorrei un pò di buon senso. Ma non sono comunista. Vorrei che gli italiani fossero un pò meno ipocriti e ignoranti sul tema immigrazione, visto e considerato che nessun popolo più di quello italiano è figlio di una moltitudine di razze e di culture. Ma non sono comunista. Vorrei che si finisse di essere così egoisti e per una volta, appena svegli, ci si chiedesse cosa possiamo fare per migliorare noi stessi e gli altri. Ma non sono comunista. Io ho tante idee, che possono piacere o meno, che possono essere distanti da quelle della "maggioranza", ma ciò non autorizza nessuno a darmi del comunista. Io sono io, ragiono con la mia testa, mi faccio delle idee in base alle esperienze vissute. Mi informo, processo e infine giudico. È assurdo che la mia libertà di pensiero debba essere etichettata come figlia di un movimento che non ha mai neanche spiccato il volo. È assurdo che per il solo fatto di pensarla diversamente da qualcuno debba essere tacciato di appartenenza a un'ideologia che non condivido nella sua totalità o che, almeno, ritengo assolutamente anacronistica. Io non sono comunista, sono semplicemente una persona libera che pensa liberamente.
Laura Madrigale -Ff web

giovedì 17 dicembre 2009

Mazara: Natale al Centro

Giacomo Cuttone: " Isola non è arrivo "
EXPO DEL SOLE

MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA

PALAZZO MANDINA (VIA XX SETTEMBRE)

MAZARA DEL VALLO
dal 19 Dicembre 2009 al 10 Gennaio 2010


Sabato 19 Dicembre, alle ore 18,30, nell’ambito della Manifestazione Expo del sole (a cura del Servizio Politiche Comunitarie), manifestazione inserita nel programma dell’Amministrazione Comunale di Mazara del Vallo Natale al… Centro (che prevede tra l’altro spazi espositivi con stand dove si potranno degustare i prodotti tipici locali, visite guidate ed una sfilata in costumi tradizionali di Paesi del Mediterraneo, in Piazza Porta Palermo, via Porta Palermo, Piazza San Bartolomeo, via Garibaldi, via XX Settembre, Piazza Plebiscito), sarà inaugurata la Mostra d’Arte Contemporanea allestita negli storici locali di Palazzo Mandina, siti nella via XX Settembre.
Esporranno le loro opere gli artisti: Giacomo Cuttone, Peppe Denaro, Marina Chirco, Paola Sciuto, Giuseppe Ferro, Violinda, Maria Grosso, Roswita Schuls, Umberto Pulone, Tania Lombardo, Nicolò Quinci, Emanuele Lombardo e Gerry Bianco.
Si possono ammirare, inoltre, i plastici di alcuni monumenti architettonici significativi della Città realizzati da Ignazio Auguanno.
La Mostra resterà aperta sino al 10 Gennaio 2010.

mercoledì 16 dicembre 2009

Le parole come pietre


Se Togliatti, ferito dai proiettili di Pallante, avesse reagito facendo i nomi dei mandanti morali, che cosa sarebbe accaduto in Italia?

Mercoledì 14 luglio, poco prima di mezzogiorno, Palmiro Togliatti, accalorato e insoddisfatto per la discussione che si trascina in Parlamento, si alza per avviarsi all’uscita secondaria di Montecitorio che sfocia in via della Missione. Lo segue, a pochi passi di distanza, l’on. Nilde Iotti. Appena arrivato in strada, Togliatti viene affrontato da un giovane magro e bruno il quale, con tutta calma, estrae dalla tasca una pistola e spara, contro il leader comunista, quattro colpi. Raggiunto da tre proiettili ed apparentemente privo di vita, Togliatti cade riverso sul selciato e mentre Nilde Iotti chiama a gran voce i primi soccorsi, l’attentatore, Antonio Pallante, consegna l’arma e se stesso al primo Carabiniere che incontra nella stessa via.“Più tardi dirà di aver attentato alla vita di Togliatti perché non tollerava che un italiano partecipasse alle riunioni del ‘Cominform’ ed anche perché riteneva Togliatti responsabile delle uccisioni di italiani avvenute nel Nord dopo la liberazione. “Trasportato d’urgenza al Policlinico di Roma, Togliatti, non solo non è morto, ma nonostante tre pallottole in corpo, è anche cosciente tanto da parlare con De Gasperi. Il Paese, man mano che passano le ore e la notizia dell’accaduto si diffonde, attraversa il momento più pericoloso della neonata Repubblica. Prim’ancora che il Comitato esecutivo della Cgil dichiari lo sciopero generale, migliaia di lavoratori abbandonano spontaneamente le fabbriche e si riversano nelle piazze.Il primo a raccomandare la calma, esortazione poi ripetuta a Mauro Scoccimarro, è proprio Togliatti: Per carità – disse subito - siate calmi, non perdete la testa, non facciamo sciocchezze. Fin qui la ricostruzione di un pezzo di storia da parte della Gazzetta del Mezzogiorno. Un malato di mente che getta una statuina contro qualcuno non è certo un uomo con la pistola in mano che vuole ammazzare la sua vittima. Ma facciamo che i due episodi possano essere giudicati alla stessa stregua. Proviamo, per un momento, a modificare due righe di questo brano, l’appello di Palmiro Togliatti rivolto al “suo” popolo. Mettiamogli in bocca le parole di qualcuno dei Ministri, adattate alla bisogna: “Pallante non è un pazzo, ha agito su commissione, i mandanti morali sono De Gasperi, Saragat, il Corriere della Sera, i giornalisti servi del capitalismo.” Che cosa credete che sarebbe accaduto? Di sicuro l’Italia sarebbe piombata nell’inferno di una feroce guerra civile. Avrebbe richiesto l’interventi degli alleati, la loro presenza “pacificatrice”? E questa avrebbe provocato l’intervento dei comunisti dell’Est? Palmiro Togliatti ha una storia complessa con molte ombre, ma quel suo richiamo alla calma, al senso di responsabilità ne fa un uomo importante per la storia d’Italia. Non si può dire che oggi ne circolino tanti di uomini così. Comunisti e non.
Da Siciliainformazioni

domenica 13 dicembre 2009

Il diritto a professare la propria fede.

Le ore 8 dell’ultimo venerdì di Novembre. Il piazzale G.B. Quinci presenta uno spettacolo insolito: una folla di almeno 300 musulmani, in gran parte tunisini, sta ordinatamente in ginocchio sopra stuoia e tappeti colorati, con la fronte rivolta verso est, in direzione di La Mecca. Il muezzin ha appena finito la sua chiamata. E’ l’ora della prima delle cinque preghiere del venerdì. Neanche il rumore dei motori delle automobili né qualche suono indiscreto di clacson riesce a distrarre i fedeli dal loro raccoglimento. Mazara, la città che ha l’enclave tunisina più numerosa d’Italia non riesce a dotare questa comunità di un luogo di preghiera dignitoso e discreto. In città si parla di salvaguardia dell’identità, si susseguono conferenze e convegni sul come accogliere e valorizzare l’alterità dell’immigrato, si dibatte su intercultura, multicultura e integrazione , si progettano addirittura corsi elementari dell’apprendimento della lingua araba. Mazara è stata una delle prime città a fornirsi di uno statuto comunale che prevede la presenza di un rappresentante tunisino, eletto dalla propria comunità,come consigliere aggiunto nel consiglio comunale. Eppure, in fatto di religione, in città si nota la mancanza di un luogo di preghiera musulmano. La religione viene percepita come un rapporto privato, e in quanto tale relegata all’interno del contesto familiare, come se si avesse paura di esibire pubblicamente la propria alterità. La stessa comunità tunisina non riesce a dotarsi autonomamente, non potendo disporre di risorse finanziarie adeguate, di un luogo di culto idoneo e civile. La stessa chiesa mazarese sembra essere favorevole, anche se con i dovuti distinguo, affinchè la comunità musulmana possa esercitare legalmente e liberamente la propria fede. Le varie amministrazioni comunali succedutesi hanno considerato il problema con indifferenza e non prioritario. Adesso, dotare la comunità di immigrati di un luogo di culto pubblico, è diventato motivo di attenzione e di interesse che investe tutta la cittadinanza. Mazara ha tante chiese sconsacrate, abbandonate, dimenticate,vi sono immobili sequestrati ai mafiosi oltre a proprietà comunali in pieno centro storico; qualcuno di essi potrebbe essere affidato in comodato d’uso, e attraverso accordi stipulati con le autorità tunisine, essere trasformato in luogo di preghiera oltre che in centro di aggregazione interculturale allo scopo anche di prevenire il disagio giovanile delle generazioni che vorrebbero integrarsi anche sul piano dei diritti civile e su quello religioso. C’è bisogno di un forte e coraggioso segnale di attenzione verso una comunità che tanto ha dato e continua a dare, attraverso il suo lavoro, all’economia della città. Potrebbe essere anche un segno tangibile di riconoscere il diritto a potere esercitare la propria fede in libertà , con dignità e alla luce del sole. Potrebbe significare un primo passo verso quell’ineludibile cammino che vedrà culture e tradizioni differenti intrecciarsi e ibridizzarsi per dare origine, in un futuro non troppo lontano, ad una comunità integrata e multi religiosa.



venerdì 4 dicembre 2009

Don Sciortino all’attacco della politica


Il pubblico è attento anche se l’aula delle conferenze del Seminario vescovile presenta moltissimi vuoti. Francamente ci si attendeva una maggiore presenza di pubblico. La conferenza, aperta a tutti, non era stata adeguatamente pubblicizzata da parte degli organizzatori della manifestazione, segno che c’è molto da lavorare, da parte del vescovo Mons. Mogavero assieme ai suoi collaboratori sul piano dell’informazione.
E’ una vera e propria filippica contro il governo in carica quella di don Sciortino. L’attacco, lancia in resta, prende spunto dalla presentazione del suo libro -La famiglia Cristiana- “ Titolo non scelto da me” confessa il direttore del settimanale cattolico ,” ma impostomi per ragioni di marketing dalla Mondadori, “, la casa editrice della famiglia presidente del Consiglio, diventato il bersaglio diretto delle sue frequenti denunce. Sa fare bene la sua parte di moralizzatore e di fustigatore di costumi don Sciortino; spazia a tutto campo, dalla famiglia alla difesa della vita, dall’ etica del comportamento all’impegno in politica dei cristiani, dai fenomeni xenofobi all’immigrazione, dalla polemica sul crocifisso ai minareti, con voce pacata ma ferma, da oratore che sa quel che dice e soprattutto che sa dove vuole arrivare. Il j’accuse è indirizzato alla politica sociale, e in particolare alla politica della famiglia, di questo governo, che da priorità elettorale è stata relegata a fanalino di coda o in un ruolo marginale negli atti legislativi. “ Mentre tutti gli altri paesi hanno capito che bisogna investire nella famiglia, attraverso aiuti concreti e strutturali che abbiano come obbiettivo l’aumento delle nascite e il ringiovanimento dei loro paesi”, si accalora Don Sciortino,” in Italia si assiste ad un invecchiamento della società, ad una diminuizione delle nascite, tanto che i giovani non solo hanno paura di sposarsi, ma sono terrorizzati dal mettere al mondo dei figli.” Per meglio far comprendere la sua denuncia, richiama un immagine dell’Eneide di Virgilio: “Enea che fugge da Troia in fiamme porta l'anziano padre Anchise sulle spalle e tiene per mano il giovane figlio Ascanio. L'Enea del futuro, invece, avrà sulle spalle il peso di quattro vecchi genitori e non avrà accanto nessun figlio che gli assicurerà, un giorno, di portarlo in salvo”.E ancora:”Assistiamo, impotenti, al fallimento della famiglia. Sulla famiglia tutti i governi, di destra, di sinistra e di centro, finora hanno sempre fallito. Non hanno mai capito che è l'unico vero ammortizzatore sociale. Aiutarla serve innanzitutto allo stesso Paese”.La mancanza di una vera politica della famiglia ha minato le basi dello stesso concetto cristiano di famiglia, confondendolo e facendole perdere di significato. “Perché ,dunque, tutti i partiti si riempiono la bocca con la parola famiglia? L'Italia sembra volere fargliela pagare cara a quei genitori che fanno più figli. Oltre a punire questi loro ragazzi che, nella vita, nel lavoro e nella società, avranno meno opportunità dei loro coetanei figli unici.” Non perde l’occasione degli ultimi eventi di cronaca per denunciare alcuni provvedimenti xenofobi portati avanti da alcune amministrazioni locali vicini alla lega, dal "White Christmas" di Coccaglio, alle ronde, dai cartelloni che vietano di indossare il Burqa a Varallo, all”Ambrogino d’oro” assegnato ai vigili urbani di Milano che si sono distinti nella caccia agli immigrati clandestini. Non mancano le bordate contro il “ silenzio della chiesa “che spesso dà l’impressione di essere ostaggio della politica, o, a secondo dei punti di vista , rende ostaggio la politica”. Ma “questa Italia è ancora cristiana, quando indebolisce e svaluta la famiglia? Quando i comportamenti privati di chi è chiamato a governare sono contraddittori e in antinomia con i principi Cristiani ai quali quale essi, con fare propagandistico, si richiamano?” Rimprovera ancora la Chiesa. “Troppi i silenzi, troppa cautela, troppe omissioni sulla politica e sui politici, e questo non rende credibile il ruolo della Chiesa”. Che le denunce di don Sciortino non siano solo frutto di considerazioni politiche da parte di una chiesa più attenta ai bisogni della gente, lo conferma, dando man forte al prete giornalista, una agenzia Ansa che all’indomani pubblica un rapporto della Caritas e dalla Fondazione Responsabilità Etica, in cui si denuncia l’aumento delle famiglie a rischio di povertà “. Per loro sarà più difficile sostenere le spese ordinarie (bollette, alimenti, ecc) e aumenterà anche il rischio di non riuscire a far fronte ad eventi straordinari, a partire da quelli più banali: la rottura di un elettrodomestico, la manutenzione dell'auto. I dati evidenziano che bisogna lottare contro "situazioni di esclusione da un bene primario come la casa ai danni delle famiglie più deboli, povere, di giovani o di immigrati", commenta don Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana. "E' assente una politica della casa - sottolineano dalla Caritas - e su questo devono riflettere i soggetti politici, imprenditoriali e sociali”

mercoledì 2 dicembre 2009

Minareti e campanili, un bell’ibrido



Poiché non ho alcuna competenza in materie che riguardano il culto, non intendo discutere del voto svizzero che proibisce ai musulmani che abitano la terra di calvinisti, luterani e cattolici di costruire i minareti accanto alle chiese cristiane. A quanto pare, non è molto difficile in pieno “scontro di civiltà” imporre la rimozione della memoria storica, culturale e religiosa: basterebbe indire un referendum che sollecita le ataviche fobie, la diffidenza nei confronti del “diverso”; convincersi che il “nuovo arrivato” è un nemico, è un potenziale usurpatore e che può minacciare la purezza delle tue tradizioni e, forse, della tua stessa “razza”. Basterebbe giudicare il colore nero della pelle non compatibile con il “bianco” Natale.Non ha molta importanza, poi, se ciò accade in un paese, la Svizzera, che fin dal Cinquecento ha ospitato dei “diversi” come Giovanni Calvino, che ha offerto tolleranza o ospitalità a centinaia di migliaia di ebrei, antifascisti e antinazisti, perseguitati nel resto del Vecchio continente. Oppure in un paese, l’Italia, che per anni è stata costretta a mandare altrove i suoi figli per cercare fortuna nel ricordo di Maria e di Giuseppe, anche loro emigrati e costretti a far nascere il proprio figlio in una stalla.Ma lascio che i dettagli dello scontro tra l’islam e il cristianesimo siano discussi dagli addetti ai lavori, o presunti tali. Vorrei azzardare invece qualche considerazione circa la bellezza architettonica dei minareti.Se vi capita di visitare Istanbul, non perdete i magnifici minareti della Moschea blu (Moschea Sultan Ahmed), che insieme a migliaia di altri minareti si dirigono verso il cielo e che in alcune ore dell’alba e del tramonto consegnano i vecchi quartieri della città, dominati dal canto dei muazin, alla malinconia della storia del proprio passato.Le stesse sensazioni si provano a Isfahan, quando viene varcato l’ampio cortile della Moschea Emam (prima della rivoluzione khomeinista si chiamava Moschea Shah), con i suoi due minareti all’ingresso e altri due in prossimità di una imponente cupola azzurra. A Damasco, poi, è il minareto di Gesù ad attribuire prestigio e bellezza alla Moschea Omayyadi, il principale luogo di culto nella capitale siriana.Certo, si potrebbe dire: lasciate i minareti a Istanbul, Isfahan e Damasco e le cattedrali gotiche e barocche alla Svizzera e all’Italia. Ma siamo sicuri che gli uni siano incompatibili con le altre? Che non ci sia posto per un minareto accanto ad una chiesa? Siamo certi che uno di pelle nera che guarda insieme a te il Presepio nella piazza del tuo quartiere sporchi il “Bianco natale”? Siamo convinti che l’ibrido architettonico, o più in generale, l’ibrido culturale sia brutto, insidioso e minaccioso?
Tratto dal il cuore del nemico di Bijan Zarmandili