Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

martedì 28 gennaio 2014

Mazara:Presentazione del libro di Lorenzo Inzerillo - " Una città di polvere e gelsomini"



ʺAl ritmo serrato di uno stridente cortocircuito di passato e presente il figlio ricorda e recupera quanto ha ricevuto in eredità, riconoscendo nel padre un modello di riferimento non solo affettivo ma anche dispirazione etica, civile e culturale. Tornano in mente le parole di Goethe: «Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo, se vuoi possederlo davvero», e l’insegnamento che Giuseppe Inzerillo ha maturato si gioca sul filo della nostalgia e della disillusione.
Ha nostalgia del padre e della città da lui abitata e amata. A differenza di quanto comunemente si creda, la nostalgia non è un sentimento ambiguo ma nobile, muove dal disincanto e dalla consapevolezza della caducità della vita dell’effimero scorrere del tempo. Chi ha nostalgia non rimpiange il passato ma non vuole dimenticarlo né tanto meno restaurarlo, avendo un affettuoso,laico e meditato rapporto con il mondo di uomini e cose che ci ha preceduto e magari ci ha generato. Con questo sguardo Giuseppe Inzerillo rilegge gli scritti del padre, a sua volta costruiti sul paziente esercizio della memoria, su quella fondamentale arte del ricordare che l’esperienza più intima e distintiva della natura umana, condizione che precorre e sostiene ogni atto consapevole e responsabile del presente.ʺ
Così scrive Antonino Cusumano nella prefazione al volume di Lorenzo Inzerillo
Una città di polvere e gelsomini
Le mazarisate
edito dall’Istituto Euro Arabo di Mazara e che presenterà nell’aula consiliare “31 Marzo 1946” di Mazara sabato 1 febbraio 2014 alle ore 17,30, con gli interventi di Giuseppe Inzerillo, figlio dell’autore e curatore del volume, del giornalista Nino Giaramidaro e di Antonino Cusumano.
Scorrendo le pagine, il lettore si troverà retroproiettato nei ricordi diretti o indiretti, vissuti o tramandati, di un susseguirsi di personaggi, noti o meno conosciuti dalle generazioni dell’immediato dopoguerra, che hanno rappresentato un pezzo di vita vissuta della città e anche un segmento di storia di essa. La lettura, assai piacevole e agile, si snoda in un labirinto di nomi e soprannomi, la ‘nciùria, attraverso la quale ancora oggi sono riconosciute le persone e il loro nucleo familiare più ancora del cognome anagrafico. Una rassegna di personaggi e ‘nciùrie, sconosciuti oggi alle giovani generazioni, popolani, per lo più persone comuni e tali sono rimasti nell’immaginario collettivo, mentre altri si sono elevati sia sul piano socio economico sia su quello delle professioni. E nonostante il fluire del tempo, anche se cambiate le loro condizioni economiche, sono rimaste invariate le ‘nciùrie a ricordo delle loro origini, ereditate persino dai figli. Così, ancora oggi, sopravvivono in modo indelebile i soprannomi di bacarazza, cardeddra, ciolla, occhi di puci, quagghiaraddu, saccu di chiova, simana, batarollu e via di seguito. Dietro ogni ‘nciùria vi è un personaggio, e dietro un personaggio un aneddoto dal quale trae origine il soprannome.
Segue una ricca elencazione di ”modi di dire”, variopinti affreschi di luoghi e figure, episodi e stravaganze annotati in maniera certosina e nella lingua madre, il siciliano, dall’autore. In tal modo Lorenzo Inzerillo, con i suoi appunti e le sue annotazioni ha voluto ricordare e ricordarci l’identità della sua città e della sua comunità, dei suoi luoghi: lu mulinu a ventu, lu Picu, la Campagnedda,la Strata di la cursa,lu Cozzu,la Vanedda di li corna, la Batieddra.
In questo caleidoscopio non potevano mancare i mestieri di una volta: lu crivaru, lu ficurinniaru, lu sapunaru, lu sinsali, lu tavirnaru, lu panneri, l’assuliaru, con relativi personaggi che tali mestieri esercitavano, a testimonianza di un paese povero, socialmente e culturalmente modesto, quale era Mazara tra le due grandi guerre del secolo appena trascorso. Inoltre una sfilza di protagonisti caricaturali, trattati anche in modo irriverente, sconosciuti ai giovani di oggi, ma che vivono ancora nella memoria della generazione a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta:Petru nasca, Mamma scupitta, Giuseppinu Pecoraru, Giattinu,L’omu cani, Raffaeli nuttata persa, Va suca e tanti altri.
Grazie a Giuseppe Inzerillo per avere così gelosamente conservato gli appunti del padre come preziose gioie in un  scrigno e all’Istituto Euro Arabo, è stato possibile dare alle stampe un libro che consente alle nuove generazioni, ma non solo ad esse, di conoscere una Mazara semplice, a tratti ironica, molto provinciale, pittoresca,  burlona, anche cattiva e per un certo verso irridente e soprattutto non ancora contaminata dalla modernità.
Il libro verrà dato in omaggio ai presenti.

domenica 26 gennaio 2014

Il giorno della memoria


Per non dimenticare


Viaggio di solo andata per

5.500.000 passeggeri

da 

Auschwitz-Birkenau-Chelmno-Bergen-Belsen-Buchenwald-Ravensbruck-Flossenburg-Sachsenhausen-Kulmhof-Belzec-Treblinka-Sobibor-Lipowa-Majadanek-Stutthof-Sztutowo-Mauthausen-San Sabba.

al

Regno dei Cieli


Dio Onnipotente e Misericordioso li accoglieva con un sorriso nel suo Regno, ma essi non sorridevano.
Uno di loro Gli chiese con un flebile filo di voce:
"Perché ti sei distratto?ʺ
Allora tutti gridarono:
 "Perché ti sei distratto?ʺ
Egli tace ancora.

venerdì 17 gennaio 2014

Il M5S e il mistero dei curriculi




Seguo da tempo e con particolare attenzione il M5S di Mazara, naturalmente da osservatore politico esterno. Confesso che nel complesso tutto ciò che viene svolto con passione trova la mia simpatia, ancor più se non inquinato da malizia politica. E siccome, nel passato, ho militato nella politica, conosco e credo di sapere distinguere la malizia, la furbizia e l’ipocrisia dalla generosità dell’impegno anche se contornato da ingenuità.
Tuttavia negli ultimi tempi,  leggendo i deliberati, molto generici per la verità, messi in rete dal meetup M5S di Mazara, confesso che qualche cosa non mi è sembrata lineare, cristallina, logica.  Mi riferisco alle modalità di selezione del “ cittadino portavoce sindaco”. Per potere aspirare a concorrere a tale incarico bisognava inviare il proprio C.V.  Il curricolo di una persona dovrebbe rappresentare la qualità,  la capacità, l’idoneità a ricoprire un incarico di responsabilità notevole quale è quello di amministrare una città complessa, segmentata, multiforme, per alcuni aspetti difficile sotto il profilo del disagio sociale, economicamente disastrata, impoverita a causa del trasferimento delle sue migliori risorse intellettuali  giovanili alla ricerca di condizioni migliori di lavoro e di aspettativa di vita, che l’ha, di fatto, trasformato  in una collettività senile.  Il C.V.  rappresenta dunque le competenze  del candidato per uno specifico ruolo, e il cui fine è quello di privilegiare il merito scegliendo, anche se ciò non sempre avviene, la persona giusta al posto giusto. Non per niente, si legge nei  deliberati redatti dai meetup, che anche « gli assessori successivamente saranno scelti esclusivamente in base alla specifica competenza del settore in cui andranno ad operare ».
Nulla si dice, però, del metodo  usato nel valutare i singoli curricoli. Tutto viene lasciato alla discrezionalità del meetup, ovvero a quel gruppetto di attivisti che detiene la golden share. Accade così che curricoli di elevato profilo professionale, culturale, relazionale, vengano cestinati a vantaggio di altri modestissimi e sicuramente non sufficientemente  rispecchianti le competenze del ruolo politico da rappresentare. Accadono anche delle storture difficilmente comprensibili sul piano della logica, come quando un candidato appartenente alla terna selezionata dal meetup  rinuncia, dopo qualche tempo e per motivi di lavoro, proponendo in sua vece un altro nominativo che subito lo sostituisce. Presumo che  il curricolo di quest’ultimo sia stato vagliato, ponderato  e confrontato con quelli  precedentemente esclusi sul piano delle competenze. Però, a leggere i resoconti pubblicati dal sito  del M5S, non sembra che così sia stato, anzi, la proposta è stata accettata all’unanimità senza alcun bisogno di mettere in relazione i vari curricoli. Sicuramente la prassi seguita è stata conforme alle regole interne del meetup,però le conseguenze sono state che il quarto incomodo è risultato, sottoposto  al giudizio delle ”sindacarie”,  il prescelto per la candidatura a ʺcittadino candidato sindacoʺ e con larga messe di suffragi rispetto a concorrenti.  Accade anche, dopo qualche tempo, che quel candidato, il quale spontaneamente aveva rinunciato alla sua candidatura a portavoce sindaco venisse assunto, in forza dei  meriti, delle competenze e dei  titoli certificati dal proprio C.V.  come collaboratore del gruppo M5S all’assemblea regionale.  Quando un giovane, di questi tempi, conquista con i denti un posto di lavoro, anche se a mandato limitato, non si può che essere felici e contenti di questo colpo di fortuna.
  Viene da  dire:”Quando si nasce sotto una buona stella”, anzi sotto cinque stelle.

venerdì 10 gennaio 2014

L’informazione monca e l’opposizione che non c’è


Questa volta il rimbrotto lo voglio indirizzare alla stampa locale e alla opposizione politica, quest’ultima incapace di svolgere adeguatamente il suo ruolo; per dirla in modo crudo: non sa fare il suo mestiere.
Lo spunto è la recente trasmissione autogestita dall’amministrazione di Mazara e andata in diretta televisiva nel  Dicembre appena trascorso. Quella sera abbiamo dovuto sorbirci 90 minuti di monologo del sindaco e una visione univoca della città senza alcun contraddittorio. Un’ora e mezza di informazione a binario unico, una autocelebrazione dei meriti del primo cittadino e della sua amministrazione articolata attraverso una griglia di temi proposti dai due giornalisti al seguito, i quali hanno ben recitato il canovaccio  affidato. Da loro non potevamo aspettarci domande indiscrete o rilievi. Non è questo il loro compito.
Non voglio entrare nel merito delle molteplici tematiche affrontate né sul metodo usato, anche se, quando una trasmissione viene pagata con i soldi dei contribuenti, ci si dovrebbe quanto meno attendere sobrietà  e una maggiore ponderatezza nel diffondere dati e cifre che potrebbero essere facilmente smentite. 
Il monologo è l’antitesi della democrazia, non contempla la libertà di dialogare. Per dirla con Hanna Harendt – nella libertà di dialogare, nessuno, da solo e senza compagni, può comprendere adeguatamente  e nella sua piena realtà, tutto ciò che è obbiettivo, in quanto gli si mostra e gli si rivela sempre in un’unica prospettiva, conforme ed intrinseca alla sua posizione nel mondo. Se si vuole vedere il mondo così come è «realmente» può farlo solo considerandolo una cosa che è comune a molti, che sta tra di loro, che li separa e li unisce, che si mostra ad ognuno in modo diverso, e dunque diviene comprensibile solo se molti ne parlano insieme e si scambiano e confrontano le loro opinioni e prospettive. Soltanto nella libertà di dialogare il mondo appare quello di cui si parla, nella sua obbiettività visibile da ogni lato - .
Pertanto non può essere imposta una visione personale della realtà, perché se così facessero tutti, l’insieme delle prospettive personali creerebbero anarchia. Alla base c’è dunque la nobiltà del sapere  confrontarsi con l’altro e  di  adeguarsi  a prospettive differenti. Bisogna assolutamente evitare di ricorrere al parlare nel senso di comandare né tanto meno ascoltare deve essere inteso come obbedire.
Tornando al monologo del primo cittadino mazarese, non si pretendeva, comunque, che ogni sua affermazione venisse sottoposta al metodo del fact checking, sarebbe stato impossibile visto la mancanza di dibattito e la natura della trasmissione.
Tuttavia, la vastità e soprattutto la risonanza, dal punto di vista politico, di certe affermazioni e di certe cifre esposte, avrebbero meritato di essere sottoposte a verifica, perché non si possono far sparire i fatti.
Così non è stato da parte della stampa locale, che ha preferito limitare il proprio compito ad una formale presa d’atto della trasmissione.  Un silenzio  incomprensibile, intollerabile, in un certo modo colpevole, da parte di chi ha il dovere, per principio, di informare e di verificare le notizie, soprattutto se queste interessano la collettività. E di notizie che meritavano una verifica e una risposta immediata, a mio parere, era ricca quella trasmissione. Il silenzio, anche se fatto in buona fede, non aiuta la crescita e la maturazione delle coscienze. La mancanza di una verifica che non permetta il controllo delle affermazioni non aiuta neanche chi queste le fa, dandogli il merito se c’è o il demerito.
D'altronde cosa bisogna dire dell’opposizione politica che ancora una volta ha dimostrato tutti i suoi limiti e la sua incapacità a sapere svolgere il proprio compito? Anche da questa sponda la mancanza di reazione è stata impressionante, dovuta anche ad un complesso di inferiorità verso il loro principale avversario politico o  ancor più al timore di essere costretti ad ammettere la corresponsabilità di  scelte amministrative impopolari.  Eppure ve ne era del materiale sul quale argomentare in favore o contro. Ma qualcuno prima o poi una spiegazione di questo silenzio la dovrà dare.

lunedì 6 gennaio 2014

Politically correct


Il progettista

 Io  penso in grande… penso al futuro in grande*.

Il cinema più piccolo del mondo, il trenino, la chiatta che percorre il tragitto più breve del mondo, la facciata minimalista. 



Lezioni di economia


Io non sono un sindaco eletto per rattoppare le buche delle strade della città, per fare cose che chiunque altro può fare. Io volo alto*

Un invito ai concittadini affinché anche loro imparino a volare alto, a non stare con i piedi per terra, anzi nelle buche: un modo virtuoso di evitare incidenti e salvaguardare il bilancio comunale.
Ecco una brillante lezione su come raggiungere  il patto di stabilità.
 


* Nicola Cristaldi, sindaco di Mazara, tramissione autogestita del 18 Dicembre 2013

mercoledì 1 gennaio 2014

Buon Anno Salvino


L'inizio del nuovo anno non poteva essere dedicato che a Salvino Catania. Credo che sia un modo per mantenerne viva la memoria e non dimendicarlo. 
L'articolo è l'editoriale di apertura della rivista  On line " Dialoghi mediterranei" edita dall'Istituto Euro Arabo di Mazara.




EDITORIALE

Vogliamo dedicare l’editoriale di questo numero di Dialoghi Mediterranei, che apre il nuovo anno, all’amico pittore mazarese Salvino Catania, scomparso il 7 dicembre scorso. Siamo convinti che una rivista come la nostra che viaggia nella rete e guarda al Mediterraneo abbia comunque il compito di dare luogo e radicamento ai ragionamenti che propone, conservando precisi riferimenti territoriali che ne definiscano l’identità. Da qui la volontà di risarcire la memoria di un artista che, seppure ignoto ai più, appartato e ammutinato nel suo orizzonte di provincia, ha dimostrato di saper stare nel mondo e di saper parlare di quel mondo che, secondo la lezione di Rilke, non esiste «se non dentro di noi». Da qui il desiderio di farlo conoscere al di là della riduttiva dimensione locale.

Accade a volte che la morte sia drammaticamente simmetrica alla vita, ne sia in qualche modo simbolica metafora, ne spieghi e ne dispieghi epifanicamente il senso ultimo. Il corpo del pittore è stato ritrovato bruciato, divorato dal fuoco di un braciere su cui è accidentalmente caduto a seguito di un fatale malore. Se non generasse qualche crudele malinteso, potremmo dire che, in fondo, Salvino è morto come aveva vissuto, avendo consumato e bruciato la sua esistenza giorno dopo giorno nella quotidiana ricerca della vita, nel libero e anarchico abbandono del suo corpo al gioco dell’invenzione e della divagazione.
 Salvino ha giocato ai dadi con la vita e con la morte, tra l’ironia della simulazione e l’angoscia della consapevolezza, tra la creativa leggerezza dell’artista e la greve solitudine dell’uomo. Stretto dentro questa tenaglia Salvino si è dibattuto e si è divincolato, ora liberando il corpo dal suo maledetto peso nella grazia di una danza spontanea, ora carcerandolo nel sortilegio degli effetti sedativi delle cure. Nella dialettica tra Dentro e Fuori, ha abitato due universi paralleli, incrociando orizzonti e destini diversi. La sua naturale vitalità, in alcuni momenti trapassata nelle forme di un vitalismo puro e sfrenato, lo ha esposto inevitabilmente alle ferite dell’esistenza e alle sofferenze della malattia, rispetto alle quali è rimasto inerme e disarmato, incapace di cercare riparo o di invocare protezione.

La sua vicenda di artista di strada, che nella strada ha vissuto e disseminato il suo corpo, percorrendo in lungo e largo gli spazi della sua città, può spingere qualcuno ad assimilare Salvino Catania ai pittori outsider, a quegli autori irregolari ed eccentrici che ai margini del sistema sociale ed estranei alle logiche del mercato dell’arte si muovono per vie laterali, fuori dai canoni contemplati dalle accademie, lungo linee di fuga e di sconfinamento. Ma Salvino non era un autodidatta né era indifferente alla storia delle Belle Arti.


 Aveva alle spalle scuole e saperi, scaltrita conoscenza della storia dell’arte e della letteratura critica, raffinata cultura dei linguaggi sperimentali dall’impressionismo all’astrattismo, dall’informale fino alle avanguardie contemporanee. Non era affatto ingenuo né spontaneista, come con aria sorniona tendeva a far credere. Non era privo di ascendenze e discendenze artistiche, di riconoscibili modelli stilistici e di nobili grammatiche estetiche. A ben guardare, sulle sue tele si nascondeva un mélange di allusioni, di riferimenti, di citazioni, non di aride e artificiose repliche ma di originali rifrazioni della memoria e risemantizzazioni di segni, tecniche e figure dei maestri più illustri della cultura figurativa internazionale.

Nulla aveva in comune con il Ligabue naĩve – di cui si è scritto – che alla genialità associava il primitivismo di un immaginario naturalistico, la capacità visionaria ad un’asocialità autodistruttiva. Salvino è morto alla stessa età di Ligabue e ha condiviso con lui un’esperienza esistenziale di inquietudine e sofferenza, riconducibile più alla solitudine che al disagio psichico. È vero, anche lui ha coltivato una vocazione totalizzante all’arte ma la sua relazione con la pittura non era mai appagante e catartica ed era, invece, nevrotica e conflittuale, possedendo l’autore un’altissima sensibilità e consapevolezza critica e autocritica. Nessuna ipotesi di equivoca rappresentazione romantica può dunque essere costruita attorno alla figura di Salvino Catania, che non è stato un poete maudit né un artista che ha fatto dell’arte un esercizio trasgressivo, sovversivo o provocatorio, come dire una pratica carica di ribellismo ideologico, ma semplicemente e letteralmente una scelta di vita sempre in bilico tra ispirazione e necessità, una poetica d’inventività e di tensione creativa ma anche di tormentata e disperata interiorità. 


 Non ha coltivato nell’arte una funzione politica di contropotere ma se mai una sua surreale estraneità, una sua anarchica irriverenza per ogni forma dell’autorità costituita come per le sacre scritture dei canoni accademici.

Nelle sue migliori stagioni ha dipinto agavi e fiori, palme e conchiglie. Negli ultimi anni, dissolti quasi del tutto i riferimenti alla cultura figurativa, i suoi quadri sono apparsi gremiti di segni elementari, di stridenti contrasti cromatici, di trame pittoriche che sembravano aggrovigliare le linee in percorsi tortuosi e labirintici oppure dipanarle in composizioni intarsiate di orditi colorati e ideogrammi geometrici, in una sapiente moltiplicazione di moduli e simboli destinata a dilatare e incrementare le esperienze percettive. Per la loro originalità compositiva alcuni esiti pittorici potrebbero a buon diritto trovare applicazione nella produzione di tessuti, maglie e arazzi. Spesso, tuttavia, sui soggetti si allungavano le ombre di una sfida corpo a corpo con la materia, con gli oli, con i grumi delle vernici, con le tecniche dell’arte e con l’arte della vita.

«Certe mattine mi sveglio e non so se sono vivo o morto. Poi apro la porta ed esco. Sono nato per stare nella strada». Così ebbe a dichiarare Salvino Catania in una intervista del febbraio 2012 ad un giornalista di Repubblica. Nella crisi di urbanità del nostro tempo Salvino è stato abitante consapevole della città, cittadino che ha permeato della sua presenza ogni angolo del centro storico. Ci parrà di intravedere la sua ombra per le strade di Mazara ancora a lungo, ci sembrerà di incontrarlo con la sigaretta in bocca, una tela sotto braccio e una smorfia sul viso. I suoi quadri ci guarderanno ancora dalle pareti dei bar, dei circoli e dei negozi. Nel suo quotidiano vagabondaggio Salvino ha sparpagliato la sua eredità per le strade della città, ha lasciato nelle case degli amici e dei passanti le testimonianze di affetto e di memoria della sua opera e della sua pervasiva e invisibile presenza. Non avendo voluto fare della sua casa il luogo dell’abitare, ove accogliere e raccogliere in una qualche intima stabilità la propria permanente inquietudine, ha fatto della strada il centro sentimentale del suo radicamento, lo spazio elettivo della sua stessa vita.

Per le vie di questo mondo, che non lo ha fino in fondo accettato e compreso, Salvino ha transitato da francescano, con la nudità del corpo, la povertà dei beni e la generosità dei gesti. Ci resta il rammarico di quel che sarebbe potuto essere e non è stato, di quanto di potenzialmente inespresso è rimasto irretito e mortificato nell’accidia asfissiante della provincia e nell’urgenza quotidiana del sopravvivere. Ci restano le sue opere che in una dimensione laica della vita sono destinate a sconfiggere la morte e oltrepassare l’effimero trascorrere del tempo.

Pubblicato da ( Dialoghi Mediterranei:n.5 - 2014 )