Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

venerdì 20 giugno 2014

Mazara:un PD in pieno caos calmo

Finite le elezioni amministrative con il risultato che sappiamo e che tutti ci aspettavamo, ammainate le bandiere delle tante, troppe liste civiche, sembra che in città la politica sia caduta in catalessi, in particolare i dirigenti del PD, i quali evidenziano anche chiari e inconfutabili segni di catatonia. Perché solo il PD e gli altri no? Semplice, il PD dovrebbe essere, il condizionale è di obbligo, l’unico partito istituzionale con una propria struttura dirigenziale democraticamente eletta e legittimata da un regolare congresso. Di quel congresso si sa tutto, da come Giorgio Macaddino e le sue truppe cammellate hanno conquistato il partito e come una minoranza largamente sconfitta abbia accettato il risultato con grande mal di pancia. Questa ambiguità, che è una costante del PD degli ultimi anni è stata la causa della frana nelle ultime amministrative ed europee. Alla prima vera grande prova politica cui è stato chiamato, il PD ha svelato il suo vero volto: un partito privo di contenuti, di idee, di strategie, di programmi, di credibilità e per niente attrezzato ad affrontare una campagna elettorale. Al contrario, gli avversari si  sono dimostrati di gran lunga più organizzati e soprattutto più ancorati nel territorio. Il partito paga lo scotto di scelte irresponsabili avvenute dopo una serie di primarie e di alleanze che ne hanno messo a nudo tutte le sue incoerenze. Sul quel PD incombeva allora l’ombra di Torrente, tanto che nel suo segno Gucciardi ottenne una caterva di voti e la sconosciutissima Orrù veniva inaspettatamente eletta senatrice con grande gaudio dei trapanesi. Questi sono fatti incontestabili. Lo stesso Torrente era stato presentato e accolto nella casa madre in un gremito teatro e incensato pubblicamente dai vertici del partito, dal sen.Papania, all’on.Gucciardi per finire a Ina Agate allora reggente ad interim del partito a Mazara. Quella occasione doveva sancire l’investitura di Torrente come candidato ufficiale del PD alle prossime amministrative. Ma venne impallinato dalle solite anime angelicate secondo le quali la legittimazione del candidato doveva essere espressione di primarie. Sappiamo come è andata a finire; Torrente progettò il suo percorso politico autonomamente, fuori da ogni partito, costruendo una coalizione di liste civiche di oltre 8000 voti. Intanto tra una primaria e l’altra il PD mostrava il suo cinico trasformismo salendo sul carro del vincitore Renzi tanto che i renziani della prima ora divennero minoranza e gli ex Bersaniani, divenuti anche loro renziani per convenienza, si presero il partito attraverso un congresso farsa, privo di contenuti politici, in cui Giorgio Macaddino impone la forza dei numeri, mettendo a capo della segreteria una figura onesta ma politicamente modesta. Il PD ne esce lacerato con conseguenze disastrose sul piano dell’immagine, ancor più perché incapace di dotarsi di un disegno politico a pochi mesi dalle amministrative. C’è da chiedersi, alla luce dei risultati delle recenti amministrative, il senso di quella operazione. Intanto, in prossimità delle amministrative la nuova gestione sotto il diretto controllo del sindacato, apparsa incapace, da un lato, di dotarsi sia di un progetto politico in coerenza con la nuova politica imposta da Renzi, sia per la mancanza, all’interno del partito, di figure di rilievo da candidare alla poltrona di primo cittadino, è costretta, ob torto collo, a subire la candidatura alla carica di sindaco del dott. Pino Bianco, imposto da un gruppo di volenterosi di liste civiche, di esterni al partito e di varia provenienza politica. Il risultato è stato una disfatta del PD che non è riuscito a capire gli stravolgimenti della politica, anche all’interno dello stesso partito, con l’avvento di Renzi. A Mazara si è ragionato come se niente fosse successo; ognuno ha pensato di coltivare il proprio orticello e di ricavarne il massimo. Solo che non si sono accorti che le sementi che avevano in mano erano scadute e che non avrebbero germinato anche su un terreno ben fertilizzato. Il resto è cronaca di una disfatta annunciata.
I risultati elettorali delle europee, in particolare, hanno dimostrato che chi possedeva la golden share nel PD locale non era affatto in sintonia con quella che era la lunghezza d’onda della rivoluzione renziana. Una cosa era dichiararsi renziani per opportunità e un’altra è quella di muoversi secondo direttrici coerenti con il nuovo corso nazionale. Ciò non solo non è stato fatto, ma addirittura si è voluto proseguire in senso opposto. Vediamo come:
La designazione di Bianco ha rappresentato nel complesso lo stato di debolezza politica di quella classe dirigente del PD, nonché il suo stato confusionale, tanto da contraddire quelle che erano le condizioni non negoziabili di quelle anime angelicate, le primarie. La designazione di Bianco al di fuori di esse rivelava l’obnubilamento e la pochezza politica di quella classe dirigente.
Ciò non poteva che indebolire politicamente Pino Bianco dal punto di vista della legittimazione politica. Lo stesso Bianco, al di là delle buone intenzione, non è riuscito a districarsi da quella ragnatela mortale in cui era caduto dovendo subire un insieme di designazioni assessoriali che andavano in direzione opposta a quelle di un a nuova svolta. Mentre in campo nazionale Renzi presentava come capi lista facce nuove e fresche, tutte donne, il candidato del centrosinistra disegnava la sua squadra assessoriale con facce così vecchie che più vecchio non si può, non curandosi se il comportamento politico delle stesse fosse stato coerente, nel recente passato con quelle che erano le aspettative dell’elettorato. Ci si aspettava che il candidato della sinistra prendesse in mano il partito dandogli impulso e personalità. Così non è stato.
Il risultato è stato che il PD a Mazara è stato in controtendenza rispetto ai risultati nazionali, con la conseguenza di una debacle politica di enormi dimensioni. Di fronte a tanto disastro, nessuno della classe dirigente, pur perdendone la faccia, ha avuto il pudore di rassegnare le dimissioni.
Quali considerazioni bisogna trarne?
- Primo: dal punto di vista politico la dirigenza piddina ha dimostrato pochezza in termini di consensi e soprattutto di idee;
- Secondo: quel sindacato che ha consentito in altri momenti essere una formidabile macchina di voti, si è rivelato in questa occasione, del tutto disancorato dalla realtà, poco credibile, inoltre, sul piano della raccolta di consensi, a tal punto da non riuscire a far eleggere in consiglio comunale il suo rappresentante ufficiale, così come era stato stabilito da riunioni a livello locale e provinciale;
- Terzo, che non esiste un PD come soggetto politico. Ci si aspettava che dopo questi risultati avvenissero dimissioni di massa da parte dei responsabili di chi ha portato in PD in questo tracollo. Ciò non è avvenuto.
Credo che il rinnovamento passi attraverso una questione fondamentale: al sindacato, chiunque esso sia, non bisogna consentire di gestire la politica all’interno dei partiti, per qualunque fine. Mi auguro che nel bene del PD uomini dei sindacati ne restino fuori, almeno sul piano del controllo.

venerdì 13 giugno 2014

Mazara: Comune, Chiesa, Soprintendenza come le tre scimmiette

( Foto di L.Tumbarello)

 Nei secoli passati, oscuri artigiani e maestranze hanno dedicato la loro vita, con l’abilità e l’umiltà del loro lavoro, a costruire con maestria l’immenso patrimonio di bellezza unico al mondo e da tutti invidiato. Adesso quello stesso patrimonio quando non rischia di scomparire, viene spesso ferito, dilaniato, oltraggiato non solo dall’incuria e dal degrado ma dalla stessa mano dell’uomo. Quegli anonimi maestri erano guidati dall’orgoglio di partecipare ad un opera destinata a durare nel tempo, erano fieri di lavorare per il futuro e per la gloria del loro paese. Orgoglio che purtroppo in questa città la collettività ha smarrito, avendo perduto il senso del futuro che è “il dovere” lasciare un mondo migliore di quello avuto in eredità. L’abbandono del proprio patrimonio culturale riflette la decadenza morale di una società che ha perduto il senso dei valori più profondi, quello della propria identità, della propria storia, della propria cultura, e che si avvia tristemente verso un futuro privo di passato, ovvero verso un futuro senza futuro, come una zattera alla deriva.
Mazara ha nel suo D.N.A questo gene del disfacimento della memoria, di accidia, di colpevole disattenzione, di apatia generale, di indifferenza, ed è attraverso quest’ultima che si consuma uno scempio su un simbolo della città. Viene in tal modo flagellata la dignità, mortificata la storia, attraverso uno scellerato quanto irragionevole innesto di un corpo estraneo, anonimo, in quella che è tuttora la millenaria scalinata tufacea, l’acchianata naturale che conduce alla bella e caratteristica chiesetta normanna del XI secolo: Santa Maria delle Giummare o Madonna dell’Alto come viene chiamata dal popolo, fatta erigere da Giuditta D’Evreux, moglie di Ruggero D’Altavilla.
Già contaminata da una toponomastica infelice e disattenta alla peculiarità del luogo, attraverso l’intitolazione della salita a Attilio Bertolucci, che nulla ci azzecca con la storia e la cultura della città, adesso la stessa chiesetta ha dovuto subire un’ulteriore offesa, ancor più grave, che ne deturpa la secolare bellezza.
(Foto di L.Tumbarello)
Così viene costruita, da un giorno all’altro, in piena luce, tra l’indifferenza generale, una scala in conci di tufo, di maldestra manifattura, altro che maestranze di un tempo, senza che nessuno abbia niente da ridire: la Chiesa che ne è proprietaria e custode, il Comune che ne deve dare l’autorizzazione, la Soprintendenza ai monumenti che deve vigilare. Quel corpo estraneo rappresenta la conseguenza dello scarso senso estetico della collettività accompagnato da un deficit di etica pubblica. Inoltre descrive la perdita del senso del bello, anzi sembra che la bellezza dia molto fastidio; così i monumenti vengono abbandonati all’incuria, umiliati da vicine discariche, abbandonati alle erbacce e sterpaglie. Tutto è stato consumato in presenza di una comunità apparsa in catalessi, incapace di indignarsi persino di fronte al vandalismo imperante In questa città è successo e succede! L’incuria del territorio lo ha privato di identità, ne ha cambiato la fisionomia, ha offuscato la memoria dei suoi abitanti ai quali è stata negata quel che la natura ha loro donato: la capacità di godere e meravigliarsi del bello. La bellezza del paesaggio è un patrimonio collettivo da rispettare, da accudire e da preservare, non appartenendo alla sola sensibilità di alcuni esteti ma all’intera comunità. Questo in tutte le parti tranne che a Mazara, dove le tre istituzioni tacciono,se non si compiacciono, di tale scempio.
Insieme, per le proprie responsabilità, Comune, Chiesa e Soprintendenza incarnano alla perfezione le tre scimmiette: Non vedono, non sentono, non parlano. Ma il popolo non è da meno.


martedì 10 giugno 2014

Cristaldi entra nella storia




Nicola Cristaldi con la sua riconferma a sindaco è entrato di diritto nella storia di Mazara del Vallo Ci penseranno i sociologi, i politologi, gli storici, gli antropologi a studiarne il personaggio in tutte le sue sfaccettature, a tratteggiarne la personalità, ad analizzarne il suo percorso politico. Il suo palmarès è di tutto rispetto, da prima donna della politica: quattro volte sindaco, quattro volte deputato regionale, due legislature come deputato nazionale, dopo avere iniziato la gavetta da consigliere comunale. Dopo dieci anni ininterrotti di sindaco di Calatafimi - Segesta si appresta a faro lo stesso nella sua città, realizzando così quel sogno che cinque anni fa lo portò alla carica di primo cittadino, sacrificando lo scranno di deputato. Personaggio assai complesso, spinoso nelle relazioni se sottoposto a critiche, è legato ai suoi concittadini da un misterioso fil rouge di rapporto amore – odio che potrebbe rappresentare un interessante caso di studio da parte degli analisti delle relazioni di massa. Cristaldi rappresenta per una parte dei mazaresi la speranza, per l’altra l’oscurantismo, la trasparenza e la torbidezza della politica, l’innovazione oppure il paradigma della conservazione. Lo si inneggia o lo si disprezza, non c’è una terza via. È l’àncora alla quale appigliarsi nei momenti di difficoltà, rappresenta nell’immaginario collettivo l’esperienza del politico ben navigato, la capacità di destreggiarsi con padronanza nella stanza dei Palazzi; dall’altra è l’esempio della conservazione; di sicuro, il riconfermato sindaco è il migliore politico, in assoluto, della storia della sua città dall’ottocento in poi e forse ancor prima. Se sarà anche il migliore sindaco saranno i posteri a scriverlo. Ama la sua città in modo viscerale, non sempre questo amore viene apprezzato o condiviso, a causa di una comunicazione non sempre chiara; tuttavia la sua collettività l’ha considerato, nonostante gli immancabili rapporti di conflittualità e di incomprensione, come il figliol prodigo. Sotto questo aspetto Mazara ha sempre perdonato tutto al suo figlio prediletto, anzi premiandolo nei momenti decisivi. Il carattere poliedrico ne fa un personaggio divisivo, non per niente la città si è profondamente spaccata in due. Questo solco è ben visibile se si analizza il dato del ballottaggio. Metà degli elettori hanno preferito, a torto, scegliere di non scegliere, non andando a votare. Tra costoro gran parte sono quelli che poi fanno della critica la loro missione. L’altra metà ha scelto il meglio contingentemente possibile, dando fiducia all’esperienza amministrativa e politica, all’usato sicuro, rispetto all’incognita rappresentata da Torrente. I dati usciti dalle urne non sono così plebiscitari come cinque anni fa; Cristaldi esce molto ridimensionato, la sua percentuale di gradimento scende di dieci punti passando dal 68% al 58%; questo risultato, imprevisto dallo stesso Cristaldi e dal suo entourage, lo devono far riflettere, innanzitutto rivedendo il modo di relazionarsi con la collettività e progettandone uno nuovo, a partire dalla comunicazione. Curare il rapporto con i cittadini attraverso una maggiore contatto diretto, incontrarli per le strade, ascoltarli, sentire i loro umori, essere sempre più un “primus inter pares”. Quel dato percentuale non certo entusiasmante è un consenso condizionato di cui il primo cittadino deve tener conto in questo prossimo e ultimo quinquennio di sindacatura.

sabato 7 giugno 2014

Non umiliate quelle piazze



Erano stracolme di gente le due piazze che ospitavano, in contemporanea, le manifestazioni di chiusura, per il ballottaggio, dei due candidati sindaci Cristaldi e Torrente. Migliaia di persone in festa hanno applaudito, incoraggiato, spronato, come tifoseria in un derby stracittadino, in maniera civile, composta i due concorrenti. Uno spettacolo da registrare e restare impresso nella memoria, soprattutto quando la politica, pur con le immancabili stilettate dialettiche, diventa portatrice di proposte e non di zizzanie, di valori e non di privilegi, di ascolto e non di chiusura. Il clima di partecipazione festosa non poteva che avere un unico messaggio rivolto ai due antagonisti:quello di non trasformare la politica in una sorta di lotta tra bande, di non erigere muri divisori tra le due piazze, di comunicare e collaborare ogni qual volta sia possibile, di non ritenere il responso del ballottaggio come una ordalia. Qualunque sia il risultato che lunedì prossimo verrà fuori dalle urne, il sindaco eletto si ricordi che ha ottenuto un mandato popolare non una investitura divina. La democrazia impone che vi sia un vincitore, ma l’altro non sarà lo sconfitto, altrimenti sarà la città ad uscirne sconfitta e umiliata.

giovedì 5 giugno 2014

Non voterò “il male minore”



“Il meno peggio, il male minore”, sono espressioni assai di moda in politica quando si è chiamati a fare delle scelte, soprattutto se queste implicano un compromesso tra ciò che si desidera e quello che è contingente. Fare proprio l’appello di Indro Montanelli quando invitò gli italiani a turarsi il naso e a votare il partito, che pur emanando fetore, rappresentava il “male minore” rispetto ad una sinistra ancora più nefasta, non mi sembra una soluzione sensata, perché alla fine tra due mali il peggiore è sceglierne uno. Alcuni, a queste espressioni, di per se contraddittorie, preferiscono quella assai più felice, più laica, meno compromettente dal punto di vista etico e che rappresenta una regola fondamentale della democrazia, cioè il “meglio contingentemente possibile”. Io appartengo a questa seconda categoria. In questi residui giorni di campagna elettorale di ballottaggio per l’investitura di sindaco di Mazara, non sento parlare altro, sulla rete e sui social network, di chi dei due candidati, Cristaldi e Torrente, rappresenti il male minore. Io non ci sto a ragionare secondo questi stereotipi, in quanto nessuno dei due candidati rappresenta o incarna il “male”. Bisogna ficcarselo bene in testa, nessuno dei due contendenti ha come obbiettivo, nel suo programma, lo “sfascio” della città e del suo tessuto sociale. Scendere in campo, metterci la faccia insieme a tutto il proprio vissuto, sacrificare affetti, andare incontro a critiche e a incomprensioni, non è mettersi al servizio del male; al contrario è cercare di fare qualcosa di migliore rispetto al presente, ovvero cercare di modificare in meglio la società secondo i principi a cui ognuno di ispira. Per questo motivo sono da considerare positive le due candidature. Si tratta quindi di scegliere tra Cristaldi e Torrente, chi dei due, usciti dal responso delle urne al primo turno, rappresenti “il meglio contingentemente possibile”. Come definire ciò se non con parametri soggettivi, dovendo ad essi seguire una espressione di voto soggettiva, autenticamente personale. Per quanto riguarda l’elezione del sindaco, tali parametri , è una opinione personale, devono convivere con la situazione sociale contingente, esserne una emanazione, rappresentare quelle che sono le richieste della collettività che si vuole amministrare, tener conto delle pulsioni sociali, dei sentimenti, delle aspettative, degli aneliti di speranza. Non esiste il candidato ideale, però non rappresenta certamente la collettività al “meglio” chi, una volta eletto, scambi il suo mandato come una investitura divina; si erga al di sopra della stessa collettività che lo ha eletto, sfugga al dialogo con le parti trincerandosi dietro il fortino del potere, imponga la sua visione senza l’esercizio del confronto, rifiuti il contatto diretto con i propri concittadini, lo stare in mezzo a loro, ascoltarli, condividerne le sofferenze, i patimenti, dare loro un motivo per credere nel futuro. Non costituisce quel “ meglio” chi traccia cesure tra amministratori e amministrati, chi imponi scelte a senso unico, fa esercizio di illusioni e di giochi di prestigio, di litanie di parole vuote, di enunciati improbabili.
Nel rispetto di queste considerazioni personali non voterò ”il male minore” ma il “meglio contingentemente possibile”.