Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

martedì 28 ottobre 2014

Un progetto per la “Rotonda sul mare” di Mazara

Non avevo alcuna intenzione di scrivere una sola parola sul recupero della “ Rotonda” del lungomare di Mazara, non fosse altro perchè si sarebbe rischiato di urtare sensibilità diverse e qualsiasi giudizio, esclusivamente estetico, quindi personale, avrebbe dato corso a speculazioni di carattere pregiudiziale se non politiche.
E infatti così è stato. È bastato scrivere sulla mia bacheca di Facebook :« A me quella cosa là, la Rotonda, così come è stata fatta, non mi piace proprio, ma proprio non mi piace » che iniziano i vari commenti,  alcuni favorevoli e altri contro, come accade sui social e che rispecchiano nelle varie sfaccettature una società composita e complessa.
A scanso di equivoci non ho mai amato quella costruzione, non ho ricordi legati ad essa, l’ho sempre considerata aliena  e deturpante per quel luogo. 
Della “Rotonda”, su cosa bisognava fare di quell’orribile e degradata costruzione, sono stati sciorinate fiumi di parole e decine di campagne elettorali. C’è chi ne voleva fare un centro ricreativo, chi addirittura un museo del mare, altri semplicemente abbatterla e restituire quello spazio profanato al mare, tanto prima o poi così finirà, nonostante tutto. Tutti comunque concordavano che non era possibile continuare a offendere quel lungomare con quella visione dell’orrido. Bisogna dare merito all’attuale primo cittadino di avere voluto affrontare il problema. Non mi ha convinto la soluzione trovata.
Ancora una volta si è perduto una opportunità di aprire la città alle intelligenze, alla fantasia, alle  emozioni e alle espressività.
Ho più volte fatto presente che in questa  città sembra che non sia possibile valorizzare le professionalità, la creatività, il patrimonio intellettivo attraverso lo svolgimento di concorsi di idee. Non lo è stato fatto per i grandi temi come  il risanamento del centro storico o  il restyling del “Palazzo Comunale” di Piazza della Repubblica, così come per i piccoli progetti, come il” monumento al Pescatore” o la “Rotonda”, o come i “Murales” dello Stadio lasciati al degrado dopo essere stati violentemente deturpati da un oltraggioso quanto incivile restauro.
In questa città è successo e succede! L’incuria l’ha privata di identità, ne ha cambiato la fisionomia, ha offuscato la memoria dei suoi abitanti ai quali è stata negata quel che la natura ha loro donato: la capacità di godere e meravigliarsi del bello. Scrivevo in un post    sempre sul blog che «Siamo stati quasi indotti a modificare il concetto di bellezza in funzione di ciò che ci è stato detto di vedere, al fine di privilegiare il beneficio rispetto all’estetica e non ci siamo accorti, pur essendone testimoni consapevoli, che questa città da “ Inclita” si stava trasformando lentamente, purtroppo, in una Lilliput».
La “ Rotonda” non è sfuggita a questa regola. La soluzione trovata appare minimalista, scabra nello stile, di una ovvietà disarmante ma soprattutto priva di anima; in  poche parole non emoziona, non coinvolge, non è da  città dalle grandi ambizioni.
 Eppure proprio la stessa “ Rotonda” è stata oggetto di studio di una  tesi di laurea da parte di  un giovane neo laureato mazarese nel dipartimento  di Architettura dell’Università di Firenze. Un esempio di come questa città sia intrisa di ricchezza intellettuale e creativa e di come da brutture possono nascere dei gioielli. Ecco dunque la necessità di aprire al concorso di idee, se vogliamo veramente crescere e realizzare le grandi ambizioni. 

domenica 12 ottobre 2014

Presentato il film documentario Mare Bianco



Alla presenza di un pubblico attento, difficilmente capita di vedere l’aula consiliare gremita in ogni ordine di posti nonostante i molteplici eventi che in contemporanea si svolgevano nell’intero centro storico, l’istituto Euro Arabo di Mazara, nell’ambito del Blu Sea Land, ha presentato alla città il film documentario “Mare Bianco” alla presenza dello stesso regista e autore Alessandro Renda del teatro delle Albe di Ravenna.
Si tratta di una serie di schegge, spezzoni di filmati girati dal regista a Mazara nell’arco di un anno e mezzo e messi insieme, attraverso un ordito di luci e suoni naturali, di cromatismi e primi piani di particolari, insignificanti allo sguardo non allenato all’osservazione, che rivelano, attraverso l’abilità della cinepresa, una realtà e un vissuto della città, il suo intrecciarsi con il mare dal quale dipende ancora una parte della sua economia e con l’emigrazione, problema che forse non è stato ancora affrontato in maniera asettica in tutte le sue sfaccettature, nonostante centinaia di libri e articoli che ne descrivono la sua arabicità. Con quelle schegge il regista racconta l’arabizzazione della città dei suoi genitori, la Mazara araba così come viene percepita dagli altri, con l’obbiettivo puntato contemporaneamente sul tempo trascorso all’interno dei fatiscenti cortili della casbah dai giovani tunisini e sul duro lavoro dei loro genitori sui pescherecci.
Da una parte la quotidianità di una integrazione e soprattutto di una interazione sociale che presenta delle criticità e avviene ancora con difficoltà e dall’altra la condivisione piena della fatica e dei rari momenti di serenità su uno spazio ristretto, che accomuna, quale è quello del peschereccio. E ancora l’intrecciarsi di ragazzi che dai vicoli si dirigono verso il luogo dell’appuntamento per girare le prove di uno spettacolo teatrale e il sovrapporsi di rotte e di scie schiumose in un mediterraneo affollato di giganteschi carghi e pescherecci  diventato sempre più luogo di libero scambio piuttosto che di pesca.
Il pubblico è rimasto incantato dalla raffinatezza delle immagini, vere briciole di poesia, dai rumori sonori naturali,dai bagliori della luce, dalle tinte e dalla geometria della pietra così siciliana e mediterranea. Particolarmente coinvolgenti le musiche dei fratelli Mancuso, soprattutto spontaneo è apparso nei suoi interventi il regista Alessandro Renda.

giovedì 9 ottobre 2014

L’importanza di chiamarsi Nicola


Dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei. Perché il nome, checchè se ne dica, ha una sua fascinazione, soprattutto dalle nostre parti, tanto da segnarne il destino. Fino a qualche anno fa l’anagrafe imperversava di Kevin, Igor, Désirée (con l’accento grave, mi raccomando, altrimenti il suono non può slargarsi, per capirci cercate di pronunciare carameella), Jessica, Samuel, Michael, Sarah, Samantha e altri di quei nomi, che Iddio ce ne scampi, tanto che i poveri Salvatore, Vito, Maria, Caterina, Ignazio venivano derisi come se fossero dei paria pagando innocentemente la colpa della tribale tradizione di quei loro genitori appaesanati e non globalizzati.
Da un lustro a questa parte, tra gli umani figli dell’Inclita Urbs sembra che le cose stiano cambiando, con grande gioia degli impiegati dell’anagrafe, anche se allittrati per la verità, i quali non sono più costretti a contorsioni e capitomboli su come posizionare la mutolina alla fine o tra una consonante e una vocale di uno di quei nomi di alieni.
Oggi va di moda Nicola, e il nome evoca l’antico, la storia, la bellezza, la solennità, il calore, la fede, la gioia della festa, la tradizione, la magnificenza. Non per niente la sua radice etimologica ha il significato di vittoria.
Il nome si diffonde, ahimè, anche tra i non umani. A uno di questi Nicola si spalancano i monumentali Palazzi e vengono messi nella sua disponibilità loggiati, eleganti chiostri, e per prenderne possesso non si fa pregare nel farsi adottare dalla comunità, che lo coccola, lo protegge, lo accudisce,lo nutre,lo vizia. Si sente proprio a suo agio Nicola nell’elegante colonnato del Collegio dei Gesuiti, è la star di turno; si lascia fotografare con quella sua aria di sufficienza, con quello sguardo ingenuo addolcito dagli occhi languidi. Da quando è diventato cittadino istituzionalizzato, anzi mascotte ufficiale, anche la sua condizione sociale si è evoluta, non geneticamente né zoologicamente, perché sempre meticcio rimane (guai a chiamarlo bastardo, altrimenti chi li sente gli animalisti), tanto che oggi la sua vita da cani è una condizione di privilegio, invidiata non solo dai suoi simili che non hanno avuto la fortuna di chiamarsi Nicola, ma addirittura sognata da chi appartiene ad un ordine tassonomico superiore, dai Samir, dagli Abdul, dagli anonimi umanoidi clochard che girovagano nelle periferie, rovistano tra i cassonetti dell’immondizia, dormono sugli scalini delle chiese tra l’indifferenza generale, vagano con le loro scassate e arrugginite biciclette da una strada ad un’ altra, senza una meta, senza un domani, senza una attesa. Per Samir niente cittadinanze onorarie, niente diritti, niente foto, niente articoli sui giornali, niente applausi dagli umani né dagli animalisti (questi ultimi perché dovrebbero?). Samir (è un nome immaginario) non invidia Nicola, anzi, si preoccupa di prendersi cura anche di una piccola randagia appartenente alla stessa specie ma meno fortunata del nostro furbo eroe quadrupede carnivoro. Samir la porta sempre con se, sulla sua bicicletta, va a rovistare nei cassonetti anche per lei e forse si confida con lei. A Samir forse piacerebbe essere adottato da quella bizzarra e strabica comunità che impazzisce per Nicola e magari cambiare nome. In cuor suo Nicola gli andrebbe bene, ma lo farebbe solo per la sua cagnetta.


domenica 5 ottobre 2014

Mare Bianco


L’Istituto Euro Arabo di Mazara del Vallo, in collaborazione con il Distretto Produttivo della Pesca, nell’ambito della manifestazione Blue Sea Land, promuove sabato 11 Ottobre la proiezione del film documentario di Alessandro Renda, MARE BIANCO, che avrà luogo alle ore 17.30 nell'Aula Consiliare “31 Marzo 1946”.
Il regista, la cui famiglia è originaria di Mazara, fa parte della compagnia del Teatro delle Albe di Ravenna e ha portato in scena diversi spettacoli in giro per il mondo: da Scampia al Brasile. Quattro anni fa ha promosso e condotto un’esperienza teatrale a Mazara con gruppi di adolescenti locali e tunisini. Durante questo lavoro ha usato la telecamera come un taccuino per gli appunti, registrando voci e sonorità, volti e cieli, il rumore delle acque e la maestà delle cupole, perlustrando la città alla ricerca del suo rapporto con il mare e della sua memoria del passato. Da qui è nato il film MARE BIANCO, in cui si intrecciano, per capitoli, due “viaggi”: da una parte le dure giornate di pesca nel Canale di Sicilia e a largo delle coste della Tunisia del peschereccio Prassitele, dall’altra le danze e i canti di un gruppo di ragazzi impegnato ad allestire uno spettacolo teatrale. Nel mezzo il Mediterraneo, frontiera liquida di speranze e di paure, di vita e di morte.
Alla proiezione sarà presente il regista. Interverranno inoltre Giovanni Tumbiolo, Presidente del Distretto Produttivo della Pesca, e Antonino Cusumano, dell’Istituto Euro Arabo.
La cittadinanza è invitata a partecipare. L’ingresso è libero.