Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

domenica 29 maggio 2016

Presentato il volume Dialoghi Mediterranei. Antropologia delle migrazioni


Presentato ieri pomeriggio, nella bella cornice del Teatro “Garibaldi” di Mazara, il volume DIALOGHI MEDITERRANEI - Antropologia delle migrazioni, edito dall’Istituto Euroarabo di Mazara.
Si tratta di una raccolta antologica consistente in venti articoli, degli oltre quattrocenti pubblicati dal bimestrale on line Dialoghi Mediterranei dello stesso istituto culturale. Il volume rappresenta, sul piano culturale e soprattutto su quello dell’attualità, un esempio di analisi del fenomeno immigratorio visto e spacchettato secondo angolature diverse, raccontate da giovani antropologi o neo laureati in antropologia, in gran parte provenienti dall’Università di Palermo, secondo un processo di decostruzione del fenomeno, in cui l’attore o gli attori sono gli immigrati, ciascuno con una propria storia. Un volume di piccole storie, brevi saggi in cui il fenomeno immigratorio viene raccontato con quella che è la sua essenza intima, l’umanità. È l’umanizzazione dell’altro con tutto ciò che ne scaturisce: la speranza, la nostalgia, la delusione. Articoli in cui sono gli stessi immigrati, intervistati, a denunciare il mercificio in cui si sono stati trasformati alcuni centri di accoglienza, Interessante, a proposito quello sul CARA di Mineo. Volume di testimonianza, in cui l’immigrato non rappresenta solo il problema, ma sempre più spesso una risorsa, e che contribuisce a riempire un vuoto sull’informazione del fenomeno migratorio raccontato nei e dai  media. Interessanti i contributi dei relatori, Gabriella D’Agostino e Mario Giacomarra dell’Università di Palermo moderati da Antonino Cusumano presidente dell’istituto Euroarabo. 
La stampa del volume è stata possibile grazie al contributo di un privato che lo ha interamente finanziato. A tutto il pubblico presente è stato fatto omaggio, da parte dell'Istituto euroarabo, di una copia del volume.

lunedì 9 maggio 2016

Referendum Costituzionale. Questo non è un Paese per giovani.


Ho dato una lettura veloce al documento firmato dai 50 giuri-costituzionalisti con il quale si schierano apertamente contro la riforma costituzionale sulla quale saremo chiamati a votare, attraverso il referendum confermativo, il prossimo ottobre.
Essendo completamente a digiuno di giurisprudenza e di diritto costituzionale, lungi da me nell’entrare nel merito della questione.
Tuttavia, essendo il documento scritto in maniera chiara e intellegibile in ogni sua parte, chiunque, dotato degli strumenti di base della conoscenza della lingua italiana, viene messo nelle condizioni di comprenderlo e possibilmente, là dove gli è possibile, confutarlo, o quanto meno di cogliere le sue contraddizioni.
E contraddizioni ve ne sono tante, a cominciare dalla premessa per finire alle conclusioni. Nel merito dei 7 punti del documento, si avrà tempo di riflettere quando si entrerà nel vivo della campagna referendaria.
Più che i punti di merito, mi ha incuriosito soprattutto il lungo elenco dei firmatari, che si considerano i custodi e i sacerdoti della Costituzione. Professoroni, alcuni dei quali li ho ascoltati in alcuni talk show televisivi, che dall’alto della loro preparazione giuridica erano incapaci di trasmettere, attraverso un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, così come vuole la democrazia, le ragioni della loro avversione. Li ho visti impacciati e goffi, corazzati nel loro linguaggio filosofico giuridico, saltare da un pericolo ipotetico ad un altro, lontano anni luce dalla realtà, paventando derive politiche autoritarie e ipotesi scolastiche di autoritarismi propri di chi ha paura di confrontarsi con chi ha idee diverse dalle loro in termini di governabilità e di efficienza legislativa.
In un Paese incardinato sul vecchio, dove il potere e i privilegi appartengono ancora ad una casta di vecchi, sempre più potenti e sempre più decisi a non cedere il passo, lo stesso concetto di riforma è assolutamente estraneo alla loro filosofia di concepire il potere, e dunque da combattere.
Mi viene in mente il bel libro di Nunzia Penelope “Vecchi E Potenti. Perché l’Italia è in mano ai settantenni” Vecchi finanzieri, vecchi boiardi di stato, vecchi A.D. di banche, di gruppi finanziari, di aziende, vecchi della politica. Vecchi che controllano e si controllano, si accordano, si coalizzano per non cedere neanche parte del potere, soprattutto se a sgomitare sono i giovani, combattendoli fino ad estrometterli, esiliarli, togliere loro la speranza nel futuro almeno fin quando i virgulti avranno vita. Vecchi che pontificano nel privato e nel pubblico, con inauditi privilegi, con faraonici stipendi e benefit. Anche i giudici della Corte Costituzionale appartengono a questa categoria castale.
Tra i cinquanta giuri consulti eccellenti e firmatari del documento ben venti sono ultra settantenni, gran parte di questi ottantenni, presidenti emeriti ed ex componenti della consulta. Quando guardo la loro età ripenso ai padri costituzionalisti che nel 1946 scrissero la Costituzione. Trenta – quarantenni, che uscivano dal disastro politico e morale del fascismo, che si sbracciarono per ricostruire e disegnare un futuro per le generazioni successive, rinunciando a privilegi e potere. Ne venne fuori una Costituzione di mediazione, non potevano farne a meno, essendo le condizioni geo politiche di allora profondamente diverse di quelle di oggi, con una democrazia che emetteva i primi vagiti e un Paese da ricostruire sul piano politico, economico, culturale, sociale, morale.
Dopo settantanni tutto è profondamente cambiato. La Costituzione, tuttavia, per i nostri saggi giuristi, deve restare un Totem, e cambiarne alcuni aspetti vuol dire riecheggiare visioni cassandresche, scenari distopici, riferimenti ad impossibili passati.
Le disfunzioni della Costituzione, rivelatasi non al passo dei tempi, causa, sul piano istituzionale, di incertezze e di contraddizioni legislative, assolutamente inadeguata al tenere il passo con gli altri Paesi Europei, hanno rallentato ed ostacolato lo sviluppo dell’intero Sistema Paese sul piano politico, rafforzandone, al contrario, inefficienze e privilegi, sprechi e dissipamenti, corruzione e ingiustizie.
Appare singolare il forte impegno di molti di questi fautori del conservatorismo, giuristi, cattedratici e magistrati, ostinati a far valere la loro autorevolezza autoreferenziale e a imporre, sul piano culturale e politico, la loro visione conservatrice che consente di continuare a mantenere caste e privilegi o in dispregio a quello che è lo spirito del referendum, a mostrare il loro ostracismo politico nei confronti del governo. Checchè se ne possa dire, le cose stanno esattamente così, e il documento da loro firmato parla chiaro. In esso si afferma che vi sono molti aspetti positivi, lungamente attesi ed altri che potrebbero, in linea di ipotesi tutte da verificare, rendere più complicata l’attività legislativa se non determinare situazioni politiche antidemocratiche. Ma la conclusione del documento è tutta politica, altro che di merito. E per non smentirsi preferiscono buttare l’acqua sporca insieme al  bambino.