Mai come in questo momento il solco tra la società civile e la politica appare così profondo, con la prima che chiede a voce alta ai politici di restituire dignità alla democrazia. Dignità che è stata espropriata in modo truffaldino attraverso una legge elettorale che non consente agli elettori il diritto di potere esprimere il voto di preferenza che legittima la democrazia rappresentativa. Tale contrapposizione ha raggiunto ormai un livello da “resa dei conti” con i quesiti referendari sul Nucleare, sull’affidamento della gestione dei servizi idrici ai privati e sul legittimo impedimento. I primi tre quesiti non hanno una valenza politica; essi abbracciano temi di interesse pubblico, collettivo, amministrativo, ambientale. Una risposta, nell’uno o nell’altro caso, ipoteca il futuro della collettività e delle generazioni che seguiranno. Il quarto invece riguarda direttamente il principio di base della democrazia secondo il quale di fronte alla legge tutti i cittadini sono uguali. Chi è chiamato a rappresentare e tutelare i diritti delle proprie comunità, e quindi a farsi interprete delle loro istanze se non coloro ai quali i cittadini hanno affidato il mandato amministrativo, ovvero i sindaci e le istituzioni elettive? Ebbene, sono proprio questi ultimi a venir meno ai loro doveri di rappresentanza istituzionale. Moltissimi di costoro, soprattutto appartenenti al PDL, non hanno preso una posizione netta sui quesiti sui quali i loro amministrati sono chiamati ad esprimersi. Così non sappiamo ancora quale sia l’opinione del sindaco di Mazara sul nucleare e sulla privatizzazione dei servizi idrici, con la probabilità che i risultati delle urne dimostrino che intere collettività non vengano tutelate nei loro interessi e nelle loro aspettative da coloro che le stesse hanno eletto per amministrare. E’ come se un amministratore di un condominio tutelasse interessi estranei a quelli dei condomini dai quali è pagato. Eppure sarebbe stato ben apprezzato, da parte della cittadinanza, se il primo cittadino mazarese avesse promosso, com’è sua abitudine, quel “salotto in piazza,” straordinario palcoscenico che consente di tastare il polso della situazione e percepire gli umori della propria comunità, al fine anche di non farla sentire abbandonata nel momento delle grandi scelte. Questa assenza di comunicazione tra sindaco e cittadini su temi di notevole rilevanza, crea un forte disagio, ancor più se si considera che il sindaco è un parlamentare e dovrebbe rappresentare anche il proprio territorio. Lo scollamento tra sindaco -deputato e cittadini accentua la sensazione che forse si vuole privilegiare la funzione di parlamentare rispetto a quella di amministratore. Una volta reciso il cordone ombelicale della rappresentanza, legittimata dal voto di preferenza, il deputato che è stato nominato dal partito, ma non eletto dal popolo, non ha alcun vincolo morale di mandato nei confronti degli elettori. Egli deve solo ossequio a chi lo ha nominato. Questa posizione è però antinomica alla sua funzione di sindaco. E gli attuali referendum ne sono la conferma.
1 commento:
Hai detto bene Luigi "Egli deve solo ossequio a chi lo ha nominato". Sta in Parlameno a sonnecchiare, si sveglia al momento opportuno per votare spesso non conoscendo neanche il testo della norma (dichiarazione di gasparri a nome di tutti i deputati)e se ha votato a favore in Parlamente sarà d'accordo con il principale. Per quanto, invece, riguarda i suoi elettori Mazaresi penso che non gliene freghi nulla. Io me lo ricordo come una persona arrogante, presuntuosa e piena di boria sicura di sè (anche nel torto) che va avanti calpestando i vermi che incontra lungo il suo percorso. Quando fa i suoi salotti in piazza penso che lo faccia solo per esibizionismo.
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