di Piero Di Giorgi
Tra uomo e donna non vi è alcuna complementarietà. Il
rapporto sessuale non è nell’ordine del possibile, si riduce a un parlar
d’amore. In quanto impossibile, esso è preda della coazione a ripetere “Ancore,
ancore…”, cerca sempre un plus de jouir. Sono le tematiche trattate da Luigi
Burzotta nel suo ultimo libro Lo sguardo
della maschera, che, come spiega l’autore nella premessa, vuole suggerire,
con una metafora pirandelliana e sulla scia di Jaques Lacan, che il soggetto
parlante non è padrone del proprio discorso ma che esso è sempre il discorso
dell’Altro, in cui l’Altro è il luogo dell’Inconscio e di spiegamento della
parola. Detto altrimenti, la verità è quella dell’Inconscio. Come dice Arthr
Rimbaud, Je est un autre.
L’autore, psicoanalista, direttore per tanti anni della
rivista “Bollettino di psicoanalisi Cosa freudiana”, membro del bureau
internazionale della Fondation Européenne
pour la Psychanalyse, di cui è stato anche Presidente, in un linguaggio
colto e non facile, come è il linguaggio lacaniano, enuncia, in modo originale,
i temi centrali dell’insegnamento lacaniano: La diade madre-bambino sarebbe
totalizzante senza l’interposizione del padre, che, interdicendo il desiderio
del bambino verso la madre, fa incontrare al bambino la legge del padre. Da ciò
la nascita del desiderio impossibile, di una mancanza e, nel tentativo di
colmare questa antica mancanza, l’uomo, iscritto nel registro dell’essere,
eleva il Fallo a Significante dei Significanti, come metafora
dell’interdizione, ma ciò non toglie che continua a soffrire per la sua
privazione e, in quanto essere castrato, si rivolge alla donna, iscritta nel
registro del non-essere, come a colei che può integrare la sua mancanza; dal
canto suo, la donna non può dargli quello che lei non ha e si rivolge a lui
come al tutto.
Luigi Burzotta, da lacaniano Doc, supporta il suo discorso attraverso
un impianto narrativo che, partendo dal “Caso del piccolo Hans”, “Il Mosè di Michelangelo” e “L’uomo dei topi”di
Sigmond Freud, passando per l’analisi di alcuni quadri del maestro Giuseppe
Modica e attraverso la vita e le opere di Luigi Pirandello in particolare, e
poi attraverso il “padre umiliato” della trilogia di Paul Claudel, l’amore
contemplativo e la donna angelicata di Dante, “Il Faust” di Goethe e “Il Fuoco”
di D’Annunzio, approda all’assunto di una mancanza e di un’impossibilità di
rapporto tra uomo e donna.
E’ noto come la posizione lacaniana sulla donna come
inserita nel registro del non-essere è stata criticata da molte femministe e in
particolare da Luce Irigaray, psicoanalista lacaniana, che fu espulsa, per le
sue posizioni critiche, dall’ècole freudienne di Lacan.
Per quanto riguarda la concezione lacaniana sulla centralità
della legge del padre, a mio avviso, andrebbe adeguatamente storicizzata, in
consonanza alle trasformazioni socio-economiche e culturali che hanno investito
la famiglia nucleare, come d’altronde lo stesso complesso edipico. Già,
Alexander Mitscherlich, in un noto libro Verso
una società senza padre, negli anni ’60, aveva già messo in luce la
crescente assenza del padre nella famiglia nucleare, impegnato tutto il giorno
nel processo produttivo, a cui si aggiunge oggi, spesso, anche un’assenza
materna, con gravi conseguenze sul processo di socializzazione e sullo sviluppo
affettivo dei bambini, tant’è che oggi ci troviamo di fronte a una diffusa
patologia narcisistica della personalità.
fonte:Dialoghi mediterranei
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