Ad appena 10 mesi dall’eccidio di
Clarlie Hebdo, il ripetersi di quell’incubo attentati si è materializzato in
maniera ancora più drammatica ed eclatante in luoghi inattesi, tutti diversi
tra di loro, imprevedibili: lo spiazzale dello stadio mentre si gioca una
partita tra le nazionali di Francia e di Germania, una sala di concerto
affollata da migliaia di giovani, un ristorante etnico, una pizzeria italiana.
Un attacco concentrico, militarizzato, contro cittadini inermi, per lo più
giovani, come giovani erano le loro belve assassine. Un locale per concerti,
dove il rock duro nel giro di un paio d’ore diventa suono funebre e i martiri
di Allah trasformano il Bataclan in una camera della morte con la mattanza di ottanta
giovani la cui sola colpa è quella di trascorrere una serata di divertimento. E’
in luoghi come questo, insospettabili, che le la belva jihadista compie il rituale
spargimento di sangue contro quei valori simboli di un occidente considerato
abominevole, perverso, idolatra, peccaminoso, decadente.
Il volere dare una lettura geo politica alla carneficina
della scorsa notte vuol dire offendere ogni ragionevole intelligenza. Non c’è
bisogno di richiamare alla memoria il grido di rabbia di Oriana Fallaci o filosofeggiare
sullo Scontro di Civiltà teorizzato da Samuel Huntington; non è questo il
punto, in quanto uno scontro prevede due contendenti e l’Occidente, pur con le
sue contraddizioni, con i suoi errori e le sue colpe, non appartiene a questa
categoria, ammesso che si possa attribuire alla jihad il valore di civiltà, se
questa non riconosce né concepisce i principi che sono alla base dello stesso
concetto di civiltà.
È
chiaro a questo punto che il terrorismo jihadista ha un solo obiettivo preciso,
distruggere l’Occidente, non sul piano fisico, anche se la morte è lo strumento
per raggiungere il fine, ma su quello dei suoi valori, dei suoi principi
fondanti, la libertà, la democrazia, il rispetto dell’altro, l’accoglienza,
l’uguaglianza che ne fanno una civiltà contrariamente alla barbarie . Attentati
plurimi, organizzati minuziosamente ed eseguiti da kamikaze che, nell’ipocrisia
di un martirio vigliacco nel nome della infinita grandezza di un dio, fanno del
sacrificio di se stessi il mezzo per ascendere alla felicità eterna, non
possono avere solo una limitata connotazione geo-socio-politica avulsa dalla
religione. Altrimenti che senso ha il grido Allah
akbar? E quale motivazione si vuole cercare in quell’enunciare l’immensità
di Dio attraverso lo sgozzamento seriale di ostaggi, l’abbattimento di aerei
con a bordo famiglie e bambini, o a colpi di kalashnikov: il disagio sociale oppure
la difesa della propria identità, della propria civiltà, dei propri confini
messi in pericolo dai satanici crociati dell’Occidente? La
verità è che mai come in questo caso la politica e la religione in quel mondo
islamico si fondono, si contaminano, si mescolano, si amalgamano in un composto
dal quale i componenti stessi diventano un tutt’uno e indivisibili. In questo
intreccio la politica si fa religione e la religione si fa politica e
l’ideologia da una parte e la fede dall’altra danno luogo ad una miscela
esplosiva non controllabile dalla ragione. E infatti cosa c’è di ragionevole in
quel che è successo a Parigi?
Cosa c’è di ragionevole in un
Occidente sotto attacco da quindici anni nel nome di Allah akbar: New York,
Madrid, Londra, Parigi, Copenaghen; non solo le città,ma i principi e i valori
che lo rappresentano, la cultura, la libertà di espressione, la tolleranza, la
parità di diritti, la democrazia
Da quindici anni hanno dichiarato
guerra al grido di Allah è il più grande,
in modo non convenzionale, usando la più efficace tra le armi , il terrorismo
che uccide fisicamente e soprattutto psicologicamente perché genera panico e
insicurezza.
Cosa c’è in tutto questo di
ragionevole?
E cosa c’è di ragionevole in quel
canto in arabo, a tutto volume, del muazzin che per tutto il pomeriggio ,mentre
scrivo queste note, continua a martellare le mie orecchie, sempre con la stessa
tonalità, la stessa cadenza, lo stesso timbro, lo stesso suono, la stessa voce?
Da noi i rintocchi delle campane a morto ci segnalano un evento luttuoso.
La voce del muazzin, per noi
infedeli, potrebbe trasmettere qualsiasi stato d’animo, potrebbe essere un
suono di lutto o di gioia. Potrebbe anche essere una preghiera per i martiri di
Allah.
Come si fa a capirlo?
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