Da venti giorni dopo gli
attentati di Parigi non facciamo altro che sorbirci talk show sul fanatismo
islamista, sul pericolo che rappresentano gli immigrati per la salvaguardia
della nostra identità, della nostra cultura, dei nostri valori, della nostra fede.
Ci hanno spiegato tutto, siamo diventati esperti di islamismo e di strategie geopolitiche,
della linguistica e dell’uso che se ne fa nei titoli dei giornali. Da settimane
ci tartassano dei rischi che corriamo, delle nostre abitudini e dei nostri
stili di vita che non saranno più come prima. Ci stanno inculcando il germe del
terrore, e tutti, carta stampata e televisione, invasi da commentatori, esperti
e improvvisati, propinano le loro analisi e i loro rimedi.
In questo modo ci accorgiamo di
quanta smodata sia parte della classe politica, attenta più a fare propaganda
elettorale, perché in Italia, si vota ogni semestre e ogni voto è linfa e humus
per la loro sopravvivenza, piuttosto che rasserenare gli animi, far calare la
tensione, rianimare lo spirito, infondere fiducia e tranquillità; aiutata,
peraltro, da un certo giornalismo, che invece di informare si fa complice della
propaganda e della retorica politica, avvelenando gli animi e seminando inquietitudine.
Il terrorismo è in agguato in
ogni angolo, vaticinano gli oscuro veggenti della carta stampata e dei talk
show; indicano anche, con la sicumera che li distingue, i grandi eventi come
obiettivi sensibili. Tra questi, dopo la strage di Charlie Hebdo c’era l’Expo
di Milano. Adesso il Giubileo e Roma, le basiliche, i pellegrini, i grandi
musei, le metropolitane, tutto il sistema che fa parte della nostra
quotidianità. Addirittura Papa Francesco nel suo viaggio nell’Africa centrale
Si vuole turbare, nel
richiamare le radici cristiane non solo il nostro modo di vivere ma uno dei
valori più profondamente innati della nostra civiltà, quello dell’accoglienza e
della tolleranza. E quando non si ha altro da dire o da scrivere, si enfatizza
una piccola notizia sui canti natalizi in una scuola, forzando in modo
strumentale la stravagante direttiva di un dirigente scolastico dandogli un
significato che non ha e facendo correre decine di telecamere, giornalisti
sfaccendati, cinici quanto spregiudicati politici, chi con la bandiera del
partito di appartenenza, chi addirittura con dei presepi in mano dimentichi
delle bestialità dette in precedenza contro la chiesa e il Papa, e c’è chi,
finanche, intona pubblicamente, senza alcun pudore quel Tu scendi dalle stelle, che rappresenta l’inno all’accoglienza del
diverso, quella che gli stessi negano a chi scappa anche dall’inferno. Beninteso
sempre in nome della nostra civiltà, delle nostre radici, dei nostri valori
cristiani, delle nostre tradizioni.
In questa confusione di
informazioni e di atteggiamenti contraddittori si incontra sempre qualche anima
angelicata che in nome della laicità e nel timore che la sensibilità della
cultura dell’altro possa essere turbata, prende iniziative talmente infelici,
come quella idiota di vietare la visita del vescovo in una scuola, da mettere sale
nella ferita aperta dai propugnatori dell’odio.
Credo che mai come in questo
momento vi sia necessità di moderazione nell’uso della parola, nei messaggi che
si intendono trasmettere, nelle soluzioni ragionevoli da proporre, se non si
vuole fare il gioco di chi della paura vuole farne un vessillo propagandistico per
menti perturbate e deboli. E questo dovrebbe esser la finalità dei talk show.
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