Sarà
possibile in Italia sostituire le trivelle con parchi eolici offshore?
Il 17 Aprile gli italiani saranno
chiamati a votare ed esprimere il proprio voto su un quesito, l’unico ammesso
dalla Corte Costituzionale e che riguarda la proroga alla scadenza della
concessione dello sfruttamento dei giacimenti offshore, sia essi petroliferi o
gassosi, entro le dodici miglia.
Attualmente le concessioni offshore sono in italia 66, 21 delle quali ricadono entro il limite delle dodici
miglia.
Il referendum interessa solo
queste 21. Le altre 45 continueranno ad estrarre fino alla fine delle risorse
dei giacimenti.
L’attuale legge vieta la
concessione entro le 12 miglia. Per quelle pregresse alla legge, le 21 entro le
dodici miglia, la durata della concessione è prevista inizialmente per 30 anni,
prorogabile una prima volta di 10 anni e altre due volte di 5 anni ciascuna. Alla
scadenza delle proroghe si può chiedere una ulteriore proroga fino all’ esaurimento
del giacimento.
Il referendum prevede, invece,
che alla scadenza dei 50 anni, anche se il giacimento non è esaurito la società
concessionaria dovrà smettere di estrarre combustibile. Viene negata, cioè, l’ultima
concessione fino all’ esaurimento, anche se il giacimento non è ancora esaurito.
Le motivazioni sono, secondo i
promotori di natura ambientale e turistica.
Cerchiamo di chiarirci le idee. Le
21 concessioni entro le dodici miglia sono localizzate: una in Veneto, due in
Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in
Basilicata e sette in Sicilia.
Tuttavia la maggior parte delle
risorse estrattive proviene da quelle oltre il limite stabilito che
continueranno ad estrarre.
E allora? Il problema è
esclusivamente politico. Non si tratta di impedire disastri ambientali che
potrebbero anche non essere esclusi, né tanto meno sostenere che le trivelle incidono
negativamente sulla presenza turistica, i dati al contrario smentiscono quest’ultima
tesi, bensì programmare una strategia energetica futura per il paese che non
sia solo quella dello sfruttamento degli idrocarburi.
Qualunque sia il risultato del
referendum, le trivellazioni per le concessioni in atto all’ interno del limite
delle dodici miglia continueranno fino alla loro scadenza naturale cinquantennale.
I primi effetti dismissivi avverrebbero a partire del prossimo decennio. Tutto
sommato comunque il referendum poco incide sulle estrazioni di gas e petrolio
non solo in mare ma anche in terraferma.
Sul piano dell’impatto
ambientale, una eventuale dismissione delle trivellazioni dovrebbe essere
sostituita da una politica energetica da fonti alternative, l’eolico in
particolare, aprendo la strada, per necessità e virtù, ad impianti eolici
offshore di notevoli dimensioni se si vuole equilibrare il gap dato dalla
mancanza di produzione di idrocarburi. Anche in questo caso si verificherebbe
un impatto ambientale di notevoli dimensioni. Dovrebbero inoltre aumentare i
parchi eolici e fotovoltaici sulla terraferma. E noi conosciamo come vanno le
cose nel nostro paese con gli ambientalisti pronti a dire no a tutto. Un
diniego da parte degli ambientalisti sarebbe ancora una volta un atto di
irresponsabilità.
Prima di andare a votare sarebbe
utile conoscere da parte dei promotori referendari se sono favorevoli all’estensione
dei parchi eolici offshore a largo delle nostre coste e nei pendii delle nostre
colline e alla costruzione di centrali solari termodinamiche.
Non è una richiesta da poco. Ne
vale della credibilità del referendum stesso.