Antichi vuci è uno
spettacolo intenso, una storia d’amore comune, è la nostra comunione tra la
vita razionale e il nostro sentire irrazionale, è una storia di uomini nella
storia di una città.
Uomini che cantano la
vita mazarese del tempo circonfusi dal mistero, dal presagio, dalla buona
novella o dall’immanente disgrazia che li rende indifesi e naufraghi nel mare
dell’esistenza.
Nel ricordo gli attori di
questo dramma fanno emergere il loro doppio del tempo che fu: le voci di due
innamorati che abitavano entro le mura della città, un circo dove amore,
speranze e il desiderio d’evasione portano gli stessi a dimenarsi nello spazio
ristretto delle regole sociali del tempo.
L’impossibilità di poter amare
come lo si sente è una zavorra insopportabile dettata dalla “buona creanza”. In
questo spettacolo l’uomo che ama è troppo moderno per essere corrisposto da una
donna che deve adottare degli atteggiamenti che la società comune ha impartito
in questo piccolo mondo. Nel delirio cosciente non resta altro che volgere lo
sguardo a un dio che sembra essere sordo e muto in contrapposizione ad una
natura che grida la sua forza e che accoglie le spoglie esanimi di questi
uomini stanchi.
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