Mostra
antologica di Vito Gallo
Galleria d’Arte Contemporanea
“Santo Vassallo”
Complesso monumentale “Filippo
Corridoni” – Mazara del Vallo
25 Maggio-16 Giugno 2013
Il
linguaggio neocubista nella produzione artistica di Vito Gallo*
“La pittura è una lunga fatica di imitazione di
ciò che si ama”.
Renato Guttuso
Scrivere
del lavoro di una vita di un artista è sempre una grossa responsabilità; se
aggiungiamo, poi, che lo si conosce da
moltissimi anni e – oltre all’Arte – ci uniscono amicizie, luoghi, mostre,
professione e un rapporto di stima reciproca, l’impresa diventa ardua, ci si
sente un po’ inadeguati, si ha il timore
nel dover esprimere un giudizio e che sia, soprattutto, separato da fattori esterni
alla produzione artistica in se.
Il
mazarese Vito Gallo, acquerellista, pittore, scultore e pittore-scultore di ceramica (non ceramista), ha alle spalle una
lunghissima carriera fatta di esposizioni ( la prima risale al 1962) e di lavori pubblici e privati, disseminati un
po’ in tutta la provincia, che arricchiscono palazzi, chiese, scuole, istituti
di credito, cappelle gentilizie ed edifici commerciali.
I
suoi bassorilievi in ceramica (pezzi modellati e incastrati come in un puzzle),
che rifuggono dalla decorazione pittorica (tipica dei ceramisti), da sempre,
non sono altra cosa rispetto alle sue opere grafico-pittoriche (oli,
acquerelli, tecniche miste o altro), identico rimane il linguaggio, stessa raffinatezza, bellezza e forza
espressiva, uguale è la dignità data dall’artista.
La
ceramica, considerata da sempre
sorella minore della pittura, nella ricerca di Gallo – esattamente come hanno fatto,
nel Rinascimento,
Luca e Andrea della Robbia – viene elevata a tecnica espressiva che non ha niente da
invidiare a quelle, tradizionalmente, considerate tali.
Il linguaggio di Vito Gallo, pur nella sua classicità nell’uso dei materiali , è straordinariamente moderno e sottilmente
contemporaneo per lo stile e per
le tematiche affrontate, anche quando fa riferimento alla mitologia , al sacro, alla storia o alla cultura materiale e
della tradizione. Queste categorie servono all’Artista come recupero della memoria del passato per trarne, per se e per gli altri (soprattutto le nuove generazioni) gli insegnamenti necessari per affrontare con maggiore
consapevolezza il presente.
Lungo la sua carriera Gallo si
è dedicato, anche, alla pratica del
ritratto, e l’impegno profuso in questo ambito, risulta essere notevole.
La ricerca di Vito si muove, a mio parere, lungo il binario tracciato dal Fronte Nuovo
delle Arti, la cui poetica si sintetizza nel cosiddetto “Manifesto
del neo-cubismo”:
elaborazione di un nuovo linguaggio visivo “moderno”
che coniugasse realismo e astrattismo secondo modalità neocubiste,
privilegiando composizioni formali più strutturate, capace ancora di evolversi
sia nella direzione realista che in quella astrattista. Il
movimento cioè che, a partire dalle influenze della scultura africana e dalla
sperimentazione di Cézanne, promuove il rinnovamento del linguaggio nella forma
tipica del cubismo, ovvero dell’ espressività artistica come
scomposizione della figuratività dell’oggetto abbandonandone completamente la
visione prospettica e naturalistica.
Il
neo-cubismo di Vito Gallo però non
ri-fugge dalla forma, dallo schema o dalla rap-presentazione; nell’uso dei colori, poi, presenta pure una
componente fortemente psicologica che ri-chiama certe teorie gestaltiche.
Ma
il pittore mazarese è, anche e soprattutto, figlio della terra di Sicilia e della
sua Città e, le sue pitture, intrise del chiaro e
dello scuro che caratterizza le contrade di Mazara del Vallo, ne riflettono lo spessore con
identità creativa e problematica: la
luce è immensa, emana calore, riscalda,
s-fuma i contorni, dà speranza, allunga l’orizzonte; le ombre sono
nette, taglienti, fredde, fanno ri-saltare i volumi, ci bloccano
al-di-quà della soglia del pessimismo e/o dello scoraggiamento.
Giacomo Cuttone