Alla
presenza di un pubblico attento, difficilmente capita di vedere l’aula
consiliare gremita in ogni ordine di posti nonostante i molteplici eventi che
in contemporanea si svolgevano nell’intero centro storico, l’istituto Euro
Arabo di Mazara, nell’ambito del Blu Sea Land, ha presentato alla città il film
documentario “Mare Bianco” alla presenza dello stesso regista e autore
Alessandro Renda del teatro delle Albe di Ravenna.
Si
tratta di una serie di schegge, spezzoni di filmati girati dal regista a Mazara
nell’arco di un anno e mezzo e messi insieme, attraverso un ordito di luci e
suoni naturali, di cromatismi e primi piani di particolari, insignificanti allo
sguardo non allenato all’osservazione, che rivelano, attraverso l’abilità della
cinepresa, una realtà e un vissuto della città, il suo intrecciarsi con il mare
dal quale dipende ancora una parte della sua economia e con l’emigrazione,
problema che forse non è stato ancora affrontato in maniera asettica in tutte
le sue sfaccettature, nonostante centinaia di libri e articoli che ne
descrivono la sua arabicità. Con quelle schegge il regista racconta l’arabizzazione
della città dei suoi genitori, la Mazara araba così come viene percepita dagli
altri, con l’obbiettivo puntato contemporaneamente sul tempo trascorso
all’interno dei fatiscenti cortili della casbah dai giovani tunisini e sul duro
lavoro dei loro genitori sui pescherecci.
Da una parte la quotidianità di una
integrazione e soprattutto di una interazione sociale che presenta delle criticità e avviene ancora con
difficoltà e dall’altra la condivisione piena della fatica e dei rari momenti
di serenità su uno spazio ristretto, che accomuna, quale è quello del
peschereccio. E ancora l’intrecciarsi di ragazzi che dai vicoli si dirigono
verso il luogo dell’appuntamento per girare le prove di uno spettacolo teatrale
e il sovrapporsi di rotte e di scie schiumose in un mediterraneo affollato di
giganteschi carghi e pescherecci
diventato sempre più luogo di libero scambio piuttosto che di pesca.
Il
pubblico è rimasto incantato dalla raffinatezza delle immagini, vere briciole
di poesia, dai rumori sonori naturali,dai bagliori della luce, dalle tinte e dalla
geometria della pietra così siciliana e mediterranea. Particolarmente
coinvolgenti le musiche dei fratelli Mancuso, soprattutto spontaneo è apparso
nei suoi interventi il regista Alessandro Renda.
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