Ho dato una lettura veloce al documento
firmato dai 50 giuri-costituzionalisti con il quale si schierano apertamente contro
la riforma costituzionale sulla quale saremo chiamati a votare, attraverso il
referendum confermativo, il prossimo ottobre.
Essendo completamente a digiuno di
giurisprudenza e di diritto costituzionale, lungi da me nell’entrare nel merito
della questione.
Tuttavia, essendo il documento scritto
in maniera chiara e intellegibile in ogni sua parte, chiunque, dotato degli
strumenti di base della conoscenza della lingua italiana, viene messo nelle
condizioni di comprenderlo e possibilmente, là dove gli è possibile,
confutarlo, o quanto meno di cogliere le sue contraddizioni.
E contraddizioni ve ne sono tante, a
cominciare dalla premessa per finire alle conclusioni. Nel merito dei 7 punti
del documento, si avrà tempo di riflettere quando si entrerà nel vivo della
campagna referendaria.
Più che i punti di merito, mi ha
incuriosito soprattutto il lungo elenco dei firmatari, che si considerano i
custodi e i sacerdoti della Costituzione. Professoroni, alcuni dei quali li ho
ascoltati in alcuni talk show televisivi, che dall’alto della loro preparazione
giuridica erano incapaci di trasmettere, attraverso un linguaggio chiaro e
accessibile a tutti, così come vuole la democrazia, le ragioni della loro
avversione. Li ho visti impacciati e goffi, corazzati nel loro linguaggio
filosofico giuridico, saltare da un pericolo ipotetico ad un altro, lontano
anni luce dalla realtà, paventando derive politiche autoritarie e ipotesi
scolastiche di autoritarismi propri di chi ha paura di confrontarsi con chi ha
idee diverse dalle loro in termini di governabilità e di efficienza
legislativa.
In un Paese incardinato sul vecchio,
dove il potere e i privilegi appartengono ancora ad una casta di vecchi, sempre
più potenti e sempre più decisi a non cedere il passo, lo stesso concetto di
riforma è assolutamente estraneo alla loro filosofia di concepire il potere, e
dunque da combattere.
Mi viene in mente il bel libro di
Nunzia Penelope “Vecchi E Potenti. Perché l’Italia è in mano ai settantenni”
Vecchi finanzieri, vecchi boiardi di stato, vecchi A.D. di banche, di gruppi
finanziari, di aziende, vecchi della politica. Vecchi che controllano e si
controllano, si accordano, si coalizzano per non cedere neanche parte del potere,
soprattutto se a sgomitare sono i giovani, combattendoli fino ad estrometterli,
esiliarli, togliere loro la speranza nel futuro almeno fin quando i virgulti
avranno vita. Vecchi che pontificano nel privato e nel pubblico, con inauditi
privilegi, con faraonici stipendi e benefit. Anche i giudici della Corte
Costituzionale appartengono a questa categoria castale.
Tra i cinquanta giuri consulti
eccellenti e firmatari del documento ben venti sono ultra settantenni, gran
parte di questi ottantenni, presidenti emeriti ed ex componenti della consulta.
Quando guardo la loro età ripenso ai padri costituzionalisti che nel 1946 scrissero
la Costituzione. Trenta – quarantenni, che uscivano dal disastro politico e
morale del fascismo, che si sbracciarono per ricostruire e disegnare un futuro
per le generazioni successive, rinunciando a privilegi e potere. Ne venne fuori
una Costituzione di mediazione, non potevano farne a meno, essendo le
condizioni geo politiche di allora profondamente diverse di quelle di oggi, con
una democrazia che emetteva i primi vagiti e un Paese da ricostruire sul piano
politico, economico, culturale, sociale, morale.
Dopo settantanni tutto è profondamente
cambiato. La Costituzione, tuttavia, per i nostri saggi giuristi, deve restare
un Totem, e cambiarne alcuni aspetti vuol dire riecheggiare visioni
cassandresche, scenari distopici, riferimenti ad impossibili passati.
Le disfunzioni della Costituzione,
rivelatasi non al passo dei tempi, causa, sul piano istituzionale, di incertezze
e di contraddizioni legislative, assolutamente inadeguata al tenere il passo
con gli altri Paesi Europei, hanno rallentato ed ostacolato lo sviluppo
dell’intero Sistema Paese sul piano politico, rafforzandone, al contrario,
inefficienze e privilegi, sprechi e dissipamenti, corruzione e ingiustizie.
Appare singolare il forte impegno di
molti di questi fautori del conservatorismo, giuristi, cattedratici e magistrati,
ostinati a far valere la loro autorevolezza autoreferenziale e a imporre, sul
piano culturale e politico, la loro visione conservatrice che consente di
continuare a mantenere caste e privilegi o in dispregio a quello che è lo
spirito del referendum, a mostrare il loro ostracismo politico nei confronti
del governo. Checchè se ne possa dire, le cose stanno esattamente così, e il
documento da loro firmato parla chiaro. In esso si afferma che vi sono molti
aspetti positivi, lungamente attesi ed altri che potrebbero, in linea di
ipotesi tutte da verificare, rendere più complicata l’attività legislativa se
non determinare situazioni politiche antidemocratiche. Ma la conclusione del
documento è tutta politica, altro che di merito. E per non smentirsi
preferiscono buttare l’acqua sporca insieme al bambino.
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