Ho letto con interesse l’intervento di Mohammed Zitoun riportato da Mazaraonline sull’integrazione
degli immigrati a Mazara.La sua analisi non consente appigli né lascia spazio
alla retorica; Zitoun conosce la realtà in quanto vive sulla sua pelle cosa
vuol significare essere figlio di immigrati, come centinaia di altri giovani
nella sua stessa condizione. Zitoun però si trova in una posizione di
privilegio, essendo consigliere aggiunto,oltre che operatore sindacale. Il suo
è un richiamo forte alle istituzioni affinchè alle parole facciano seguire
fatti tangibili e non roboanti slogan di facciata. Egli intravede,in assenza di
un progetto organico, da parte della governance, che coinvolga direttamente alla
sua stesura anche la comunità degli immigrati, il diffondersi di un disagio
sociale che nel tempo può intensificarsi e divenire incontrollabile,con forme
di devianza legale molto pericolose per la sicurezza della collettività.L’analisi che fa Zitoun sulla complessa
realtà magrebina a Mazara conferma quello che dieci anni fa Stefano Allevi
aveva scritto nel suo libro – L’Islam italiano – sul capitolo dedicato al
fenomeno immigratoria a Mazara e che di seguito riporto:
-<< “ Le due popolazioni
semplicemente non si mischiano; tra di loro vi è separatezza . Separatezza che
continua nei bar, nei luoghi del
divertimento,nei brandelli di piazze occupate dalle varie comunità:ben
distinte. Anche se mancano qui atti espliciti di razzismo,di rifiuto,di
intolleranza. Qui c’è un’integrazione non comunicante,di cui è un buon
indicatore la separatezza. I marinai sono sempre a mare,chi lavora a terra non
ha tempo libero,chi non lavora passa il tempo a cercare lavoro,chi lavora e ha
tempo libero non ha niente da fare a Mazara. E allora va al bar,al suo bar,come
faceva in Tunisia. Come ci dice con una plastica immagine una delle suore
francescane che da anni opera con le donne tunisine: “ Immigrati e mazaresi
sono come due binari,che corrono paralleli,ma non si incontrano mai. Se
non,aggiunge a bassa voce, nel mondo dell’illecito”, e in questo settore la
discriminazione non esiste. >>.-”
Siamo di fronte,dopo dieci anni, a due analisi convergenti della
stessa realtà, nulla sembra essere cambiato a Mazara,se non un aumento del
disagio sociale dovuto anche a fattori di crisi
che hanno investito i settori trainanti dell’economia locale,la
marineria e l’edilizia. Sono in forte aumento attività illecite come lo spaccio
di droga all’interno di un centro storico che diviene off limits dopo una certa
ora, e in cui aumentano i furti e gli scippi.
E’ soprattutto la crisi la causa dell’aumento della percezione del
disagio sociale che sta attraversando l’intera collettività, interessando in
particolar modo le comunità di immigrati e le giovani generazioni nati da esse.
Emergono in molti giovani problemi di
personalità,essi non riescono ad integrarsi nella società,si sentono degli
emarginati, degli esclusi. Una parte di loro,quelli meno istruiti,reagiscono a
questa situazione di ghettizzazione sociale ed economica con atti di bullismo o
di vandalismo,una forma di insofferenza versa una società escludente. L'esclusione dal mondo del lavoro fa smarrire il loro senso dell’appartenenza; la
consapevolezza di non partecipare totalmente alla vita della
collettività sviluppa un profondo senso di estraneità dalla comunità che ha accettato i loro genitori, dove essi
stessi sono nati, la stessa che dà loro una profonda frustrazione di
alienazione.Percepiscono tutte le contraddizioni tra i buoni propositi fatti
di parole e la concretezza della loro condizione di vita,con la loro esclusione
dalla vita sociale e istituzionale,da
quella produttiva,dalla politica,nonostante abbiano acquisito gli stessi
titoli di studio dei loro coetanei autoctoni. Una minoranza di tali giovani
vede un futuro privo di prospettive e di
speranza,ritiene la loro condizione intollerabile e indegna,si sente non
integrata,a disagio,umiliata,emarginata,ignorata da una collettività
indifferente. Sperano,una volta terminati gli studi, di continuare il percorso
emigratorio dei loro genitori verso la Francia o la Germania,paesi che offrono
loro quelle opportunità negate nel paese dove sono nati, o di ritornare nella
terra delle loro radici. Per coloro che restano, non rimane ,come diceva la
suora francescana, che l’arruolamento nell’illecito dove la discriminazione non
esiste.
E’ un appello da non
sottovalutare quello di Zitoun, e se io fossi il sindaco,non ignorerei il grido
di allarme lanciato dal consigliere aggiunto. Al contrario,la sua
collaborazione sarebbe ben più preziosa di qualche esperto ben remunerato ma
assolutamente alieno alla realtà mazarese.
1 commento:
Da cittadino, e da padre di un adolescente, ho letto con molta apprensione sia l'analisi del consigliere aggiunto Zitoun, sia il tuo impeccabile approfondimento.
La pericolosa china che stanno prendendo i rapporti tra i mazaresi e la comunità tunisina credo sia ormai cosa sperimentata nei fatti da diverse famiglie, compresa la mia.
Ma quando si usa l'espressione "comunità tunisina" sappiamo bene come questo sia un concetto fuorviante. E' infatti, a mio avviso, un concetto su cui si è stratificata tutta l'ipocrisia che spesso soffoca i perenni e sempre glorificati discorsi sul famoso modello mazarese di integrazione. Ipocrisia che copre, tanto per dirne una, anche quella aberrazione legistativa che continua a non voler riconoscere il diritto di cittadinanza a chi non solo è nato qui, ma qui si è anche scolarizzato, sposato, ha avuto figli che magari parlano solo italiano ma italiani per legge non possono essere.
Qualche tempo fa (appunto perché preoccupato) anch'io scrissi qualcosa in proposito su Mazara On Line. Potrai vedere tu stesso (se vorrai), la perfetta assonanza di vedute.
Grazie, Gianni Di Matteo
http://www.mazaraonline.it/?p=21262,
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