Capita
sovente, oggi sempre più, di parlare di migrazioni e delle tragedie cui spesso
si concludono, ma assai meno si cerca di indagare,in tali discussioni, sulle
cause che originano le migrazioni stesse. Esse sono quasi sempre di natura politica;si
fugge sì dalla povertà, ma soprattutto dalla morte,una lotta di sopravvivenza
dalle guerre,dalle lotte tribali,dall’oppressione politica di governi corrotti
e spesso fantocci delle multinazionali. Lungo questo percorso darwiniano in cui
sopravvivono i più forti,ci conduce il bel documentario Cia.Li.La.Pi, che
l’Istituto Euro Arabo ha voluto presentare a Mazara al Teatro Rivoli dinanzi a
qualche centinaio di spettatori, e condotto con sobria eleganza di linguaggio
dalla giovane antropologa Valentina Richichi, collaboratrice del periodico
Dialoghi Mediterranei edito dallo stesso istituto, -leggi
il suo articolo sulla rivista.
Il
filmato è una testimonianza di come la perdita del diritto universale della
dignità della persona, così come lo stesso regista Tiziano Falqui documenta in
modo asettico, non trova spazio nelle prime pagine dei giornali, non è un tema
che appassiona i media, non si trovano denunce. Ci si accorge che una volta
raggiunti i luoghi della speranza, la dignità della persona viene uccisa per la
seconda volta in quei lager sinistramente chiamati Centri di Accoglienza
Assistenziali. È lì che le persone diventano
numeri e come tali identificati, è lì che si impedisce alla persona di lottare
per i propri diritti e per la propria dignità. Lo denunciano in modo forte gli interventi in sala di Nicola
Teresi che ha collaborato alla realizzazione del documentario e di Salvatore Inguì
del coordinamento di Libera Trapani. Apprezzato l’intervento del sindaco della
Città Nicola Cristaldi.
Il
video documentario è caratterizzato da una triplice dimensione temporale: un
passato sconosciuto da svelare, un presente di incognite e di opportunità, nel
quale si costruisce, giorno per giorno, il futuro che si sogna
Un
film da proiettare nelle scuole e purtroppo bisogna registrare ancora una volta
la loro assenza quando si tratta di temi di siffatta rilevanza civica.
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