Il mazarese Vincenzo Modica
"Petralia" porta la bandiera tricolore in piazza Vittorio Veneto, a Torino,
durante la manifestazione del 6 maggio 1945. Archivio Istoreto.
Un 25 Aprile nel segno
dell’oblìo quello di Mazara del Vallo,
in una città deserta, con i suoi abitanti che invadono i supermercati, le
macellerie, le pescherie, i negozi ortofrutticoli, pensando allo schitticchio. Ancora una volta è la festa
della panza, come ormai di consuetudine sono diventate
quelle siciliane e mazaresi in particolare a prevalere sulla cultura della Memoria. Poco importa se questa città
può vantare un suo picciotto diventato, durante la Resistenza, uno dei comandanti partigiani più famosi e
più amati, in Piemonte addirittura venerato, quel Vincenzo Modica, Petralia il suo nome di
battaglia, al quale la sua città natìa
mai ha dato solenni riconoscimenti. Tra Carneade e Petralia,
vince in assoluto il primo, tra i nostri
studenti liceali, per livello di
notorietà. Questo la dice lunga di come la memoria venga salvaguardata e
studiata nelle nostre scuole. Non c’è da
meravigliarsi, se questa città si dimostra matrigna con i suoi figli migliori; questa storia si ripete spesso, purtroppo.
Come tutte le città di mare, essa appare smemorata, la memoria non va oltre l’ieri, votata com’è al carpe diem e dove l’unica ragion d’essere è tenere in esercizio le mucose gastriche, non certo i neuroni. Va bene che sono trascorsi settanta anni da quel 25 Aprile in cui venne sconfitta quella dittatura nazi - fascista, esempio di male assoluto o di banalità del male, visti i personaggi che produsse; da allora si sono avvicendate tante generazioni con altri valori, o disvalori, a secondo il punto di vista. È anche vero che la Resistenza, da queste parti è stata poco vissuta, e se bisogna ritrovare quelle motivazioni valoriali che consentirono l’affermazione di chi stava dalla parte della ragione su chi dalla parte del torto, di chi aveva scelto la libertà rispetto alla repressione, bisogna andare là, a respirarne l’aria, sui monti degli Appennini e delle prealpi, nei boschi dove i partigiani combatterono e trovarono rifugio e spesso sepoltura, nei cortili delle caserme dove venivano fucilati i prigionieri, negli anfratti delle caverne dove innocenti venivano trucidati, nelle segrete delle carceri dove avvenivano le torture, nei piccoli borghi e sconosciute frazioni dove avvenivano le stragi di massa, nelle camere a gas dove si perpetrava il più grande genocidio della storia umana. Luoghi troppo lontani o sconosciuti per la nostra comunità siciliota. E i nostri giovani non ne hanno nessuna voglia e conoscenza. Neanche di leggere la nostra Costituzione, il frutto più prezioso che la Resistenza abbia donato alle future generazioni. E il processo di smemorizzazione raggiunge il suo apice nella balorda proposta meloniana di sostituire il 25 Aprile con il 24 Maggio. Siamo alla Caporetto dei valori fondanti della democrazia. Da noi il 25 Aprile si è rinunciato alle commemorazioni ufficiali, alla retorica dei discorsi magniloquenti, alla corona d’alloro al monumento dei caduti, tuttora vandalizzato. Ma allo schitticchio no, a quello non si rinuncia. p.s. solo nella tarda mattinata è stata deposta una corona d'alloro sotto il monumento dei caduti. |
Cartesio
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domenica 26 aprile 2015
25 Aprile : una città smemorata.
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lunedì 20 aprile 2015
Il degrado della Fontana di Consagra. Irritazione dell'Associazione Archivio Pietro Consagra.
La fontana di Pietro Consagra (foto L.Tumbarello) |
La moglie dello scultore mazarese delusa per
l’indifferenza dell’amministrazione comunale. Intanto la più famosa delle
fontane del maestro versa in uno stato di incomprensibile abbandono.
«Non ci sono soldi per
restaurare il gruppo scultoreo della fontana di Consagra». È quanto si sono sentiti rispondere dall’Amministrazione Comunale gli inviati dell’ Associazione Archivio Pietro Consagra presieduta dalla moglie dell’artista prof.ssa
Gabriella Di Milia.
La
notizia è stata sottaciuta dai media locali, non è stato emesso alcun
comunicato stampa da parte del Comune di Mazara. Attorno a essa il silenzio è
assoluto.
Tuttavia
a Milano, nella sede dell’ Associazione Archivio Pietro Consagra, quel «Non ci
sono soldi per restaurare l’opera di Consagra»
è stato accolto con irritazione e fastidio. Non ci sono i soldi
per iniziare un serio provvedimento di recupero e di conservazione della
fontana che il maestro ha voluto donare alla sua Città.
Chi
ha avuto modo di parlare con la Di Milia, ha avvertito nella sua voce delusione
e sconforto. La relazione degli
inviati all’Associazione Archivio Pietro
Consagra è stata tranciante: « La
fontana e gli elementi scultorei si trovano in condizioni penose», così racconta Gabriella Di
Milia al suo interlocutore.
Pietro
Consagra non meritava un simile trattamento dalla Sua Città e dai suoi
concittadini, sono anni che lo scrivo.
Eppure
è la stessa moglie di Consagra a non avere niente in contrario che la nuova passeggiata
del lungomare venga intitolata all’artista mazarese, essendo nel progetto,
destinata e immaginata come luogo in cui
collocare delle opere en plein air del
maestro. Gabriella Di Milio ha posto però una
condizione: «Che il comune si impegni a restaurare
contemporaneamente il gruppo scultoreo
sito in Piazza Mokarta».
Però
se non si restaura la fontana di Consagra, non ci sarà il consenso da parte dell’Associazione
all’intitolazione.
“
Gli esseri venuti dal mare” questo il nome dell’opera bronzea di Consagra, che
i mazaresi hanno beffardamente e rozzamente
chiamato “ quattro di bastoni”, si trova in condizioni di indicibile deterioramento, coperta da
incrostazioni calcaree e licheni, è da
anni bisognosa di interventi mirati, da affidare a degli esperti, per
ricomporre alcune placche metalliche andate perdute e per sostituire l’intero
sistema degli ugelli di uscita dei getti d’acqua. Un intervento di restauro e
di conservazione consentirebbe alla collettività e ai turisti di potere godere
di una delle opere di indubbio valore estetico ed artistico che tutte le
capitali del mondo vorrebbero avere. Mi chiedo cosa hanno fatto e stanno
facendo i vari assessori alla cultura o i
consulenti culturali che si sono avvicendati nel tempo. La stessa vasca appare
in condizioni di incuria totale.
Consagra, visto lo stato di degrado in cui
versava la sua opera ebbe a dire:« questa
scultura senza il gioco delle acque non significa nulla, piuttosto che togliere
o modificare il gioco delle acque distruggetela».
Il pessimo stato dell’intera fontana dà l’idea
dell’indifferenza e del disamore della
città verso il bello, verso la cultura, verso l’arte, verso il
proprio patrimonio artistico e
soprattutto verso l’Artista. Le attuali condizioni della Fontana di
Consagra insieme a quel che resta dell’Arco Normanno, ad essa vicino, esprimono
l’incultura, la superficialità, la negligenza di una collettività che si
dimostra ancora una volta “scopina della sua storia e della sua identità”.
Non
ci sono soldi per restaurare il gruppo scultoreo della fontana di Consagra? Ma è tanto difficile per una
amministrazione che della cultura fa a parole il suo vessillo e che in campagna
elettorale si è vantata di avere ottenuto finanziamenti più di ogni altra città
della Sicilia, trovare qualche decina di migliaia di euro o degli sponsor
importanti, nazionali o internazionali,
disposti a finanziare il recupero dell’opera d’arte? La fontana ha meno dignità
della costosissima chiatta o della
Rotonda del lungomare? Questa collettività è avviata inesorabilmente
verso il proprio triste declino
culturale e sociale, avendo perduto la capacità di indignarsi e di
alzare la voce dinanzi alla dissoluzione di parte del proprio patrimonio
artistico.
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domenica 12 aprile 2015
Presentazione del libro : Il Gigante controvento
Domenica
19 Aprile 2015, ore 17. 30
Teatro
Garibaldi – Mazara del Vallo
L’Istituto
Euroarabo di Mazara del Vallo con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale
presenta
il libro di Gino Pantaleone
Il Gigante controvento
Michele Pantaleone: una vita contro la mafia
Spazio Cultura editore
Intervengono:
On. Nicola Cristaldi,
sindaco di Mazara del Vallo
Piero
Di Giorgi, Istituto Euroarabo
Nicola
Macaione, editore
Dialoga
con l’Autore: Valentina Richichi, etnoantropologa
Una imperdonabile damnatio
memoriae ha condannato all’oblio la figura e l’opera di un intellettuale
impegnato in prima fila contro il fenomeno mafioso. Michele Pantaleone fu
pubblicista e politico che, da Villalba, il paese del boss Calogero Vizzini, ha
avviato il suo percorso di strenua lotta e di documentazione critica della
realtà mafiosa. Rimase ferito nell’attentato che gli uomini di don Calò
organizzarono dopo un comizio di Girolamo Li Causi nel 1944 e come giornalista
pagò la sua coraggiosa denuncia del malaffare e delle complicità politiche con
processi per diffamazione e atti di boicottaggio, di calunnia e di
emarginazione.
Autore di diversi libri,
fondamentali per la comprensione delle dinamiche della mafia, tra i quali Mafia e politica del ’62, Mafia e droga
del ’66, e Antimafia: occasione mancata del ’69, tutti editi da Einaudi,
quando del fenomeno si taceva e se ne minimizzava la presenza, Michele
Pantaleone ha tenacemente combattuto in solitudine la sua battaglia civile e
politica.
Il volume di Gino Pantaleone (involontaria
omonimia) ne ripercorre la vita e l’opera, l’una e l’altra dedicate alla
ininterrotta denuncia delle coperture e degli intrecci politici che
hanno reso possibili l’ascesa del potere mafioso e il radicamento della mala
pianta.
mercoledì 1 aprile 2015
L’annacamento e il business del caro estinto
Avevo
affrontato il problema del cimitero in un altro post, seppur
in forma impersonale e distaccata, astenendomi, non senza un certo
sforzo, dal far prevalere la legittima rabbia e accettando, insieme alla mia
famiglia, il disagio momentaneo. Sembra, però, che le buone maniere,
l’educazione, la civile comprensione di
una situazione drammatica e
intollerabile che questa
amministrazione ha ereditato e che tuttora non ha saputo né voluto risolvere, servano a poco di fronte
all’ottusità della burocrazia o alla negligenza gestionale del cimitero. Il
fatto è semplice: il comune di Mazara aveva venduto, o destinato illegalmente
ad altri, loculi che non erano di sua proprietà e appartenenti alla Società
Militari in Congedo che li
aveva costruito a proprie spese, avendone anche acquistato il terreno. I loculi
erano e sono per legge destinati ai soci, tra i quali i miei genitori. Lo
stesso anche per quelli di proprietà di privati cittadini. La sorpresa si ha esattamente un anno fa, alla morte di mio
padre, quando, nel procedere alla tumulazione della salma, ci accorgiamo che
entrambe le tombe erano occupate. A nulla sono valse le proteste tanto che
abbiamo dovuto accettare un loculo
provvisorio peraltro in una zona in cattivo stato, e dopo avere pagato il
balzello di duecento euro per la sepoltura, con l’assicurazione che l’ufficio
avrebbe attivato tempestivamente tutte le procedure per la restituzione delle tombe ai legittimi
proprietari. Ebbene, dopo varie raccomandate a chi di competenza, , senza mai
peraltro ricevere una risposta scritta, e dopo tanti approcci con i
responsabili, dirigenti e politici, come se si dovesse loro chiedere un favore,
alcuni giorni fa viene liberato un loculo e si è potuto traslare la salma,
ovviamente a seguito di regolare domanda di estumulazione, pagamento di trenta
euro di diritti all’ASP e allegato
regolare marca da bollo di sedici euro. Balzelli questi che ovviamente non
saranno rimborsati dall’amministrazione.
Per
liberare l’altro loculo non hanno dato risposta alcuna. “Per adesso
accontentati di questo” è stato detto! E’
un modo assai cortese dell’esercizio dell’annacamento,
specializzazione dei funzionari e dei politici di questa amministrazione. L’annacamento
diventa, poi, ineluttabile, dinanzi alla minaccia, peraltro doverosa, di ricorrere
alla magistratura, soprattutto quando si fa notare che in casi simili, e solo perché
gli interessati erano politici vicino
all’amministrazione, l’atteggiamento
della stessa era stato diverso per solerzia e tempestività di soluzione,arrivando
addirittura ad una determina sindacale di massima urgenza. In questo caso vale
il detto « Vicinu lu re beatu cu c’è»?
Vorrei far
capire a chi amministra che il rispetto della legalità è un valore non
negoziabile, e come tale deve essere prevalente in ogni atto amministrativo e
che «lor
signori» sono
stipendiati dalla collettività e come tale sono al suo servizio. A tutto c’è un
limite. Nel caso particolare non è
tollerabile che si speculi sul caro estinto per far cassa illegalmente e violare le norme più elementari dell’etica .
Intanto passano i mesi e Aprile è l’ultimo idoneo per le estumulazioni. Poi se
ne riparlerà a Novembre. Più annacamento
di così!
In
appendice: è utile far notare, per quel che può valere, la scarsa professionalità degli addetti
a questi delicati compiti di estumulazione, privi del minimo decoro
umano necessario per potere svolgere
l’ingrato e penoso lavoro, peraltro non supportati da strumenti e attrezzature
idonee, sia sul piano della professione sia su quello dell’igiene. Cosa aspetta
l’amministrazione a indire una gara di appalto affinchè si privatizzi tale servizio
di manutenzione e di traslazione delle salme per renderlo più decoroso e civile?
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