AFP - Jean-Philippe Ksiazek |
Mentre scrivo questo post in Francia,
in Germania e in tutta Europa, scoppia, con una decina di giorni di ritardo
rispetto a noi, il panico, la fuga, l’assalto ai supermercati, la grande paura,
copiandoci pedissequamente negli errori. Ne parleremo in un prossimo post.
La prima settimana di quarantena
è passata.
Devo dire che non è stata
pesante. Certo in una settimana sembra che siano cambiate tutte le nostre
abitudini e che abbiamo un’altra percezione dello scorrere del tempo. Ritmi
biologici e ritmi mentali sembrano andare di pari passo con un andamento lento,
così come il nostro approccio quotidiano. Tutto ha una cadenza ritardata ma non
noiosa. Per fortuna ci salva la fantasia e l’ironia. Mai come in questi tempi
di coronavirus l’ironia, il sarcasmo, la creatività di noi è apparsa la sola
arma efficace per sconfiggere l’ansia, il panico, la paura. Si dà sfogo a tutte
le capacità di cui siamo maestri nell’esorcizzarla trasformando in occasione
positiva la condizione di isolamento in cui siamo costretti a sottostare. Poi i
mazaresi sono al top della classifica in fatto di arte culinaria. Sui social si
legge che il vero antidoto al coronavirus è stato il ricorrere alla buona cucina,a riscoprire le ricette della tradizione, a riaggiornare le ricette della nonna.
La filosofia tramandataci di
nostri avi del “se devo morire, meglio farlo con lo stomaco pieno”, ha
scatenato i cultori dell'inno alla panza, diremmo
dalle nostre parti, che della fantasia culinaria hanno fatto da nobile
contraltare alle nefandezze che si leggevano durante i primi giorni
dell’epidemia, e tra le nefandezze emergeva con brutalità una vera e propria caccia all’untore.
foto di Roberto Rubino |
A tale gioco abbiamo partecipato
con gioiosa consapevolezza che sarebbe servito a distrarre le nostre attenzioni
dalle paure. Infatti mai come in questi giorni i consigli dei psicoanalisti
sono stai così insistenti nello spronare tutti all'inventiva,rimedio
efficace a distrarre il cervello dalle paure, dal panico, dal terrore.
Ma la vera panacea contro il
covid19 è il ricorso all’esercizio gastronomico.
Mariti ai fornelli a sfoggiare la
loro abilità di chef per forza. Libri di ricette sul tavolo, telefonate tra
amici su qualche piccolo segreto, e soprattutto tanta voglia di rendere più
fantasiosa la quarantena.
I primi piatti insieme alla
preparazione dei dolci la fanno da padrone.
I primi piatti, dagli sfornati, i
preferiti, se ne preparano teglie intere per poi consumarle nella settimana, ai
piatti tradizionali. In voga le paste al pesto, quelle abbastanza decise di
aglio, tanto non si deve uscire. Non mancano le tradizionali d’importazione con
le relative varianti, rielaborazioni, interpretazioni immaginifiche delle carbonare, delle amatriciane, delle cacio e pepe. Ovviamente
questi menù prevedono abbondanza di ingredienti da mettere in crisi i banconi
delle salumerie. E così è stato fatto. E poi i vini. Le case sembrano essere
diventate delle piccole cantine di bianchi, di rossi, di prosecchi.
Mai come in questa settimana si
sono prodotti e consumati nelle case tanti dolci, dai ravioli di ricotta al
tiramisù, dalle torte all’arancia alle tradizionali sfinci della nonna, tutto rigorosamente fatto in casa. D’altronde
dove comprarli se le pasticcerie sono chiuse?
L’assalto ai supermercati con lo
svuotamento degli scaffali dei prodotti dolciari. Nutella, zucchero, amidi e
farine per dolci, miele, creme di nocciola, lieviti in polvere, vanillina e
tutti i tipi di aromi. Dolci a gogò vengono sfornati a quintali nella varie
case, a sentire quel che si pubblica sui social.
Passata questa pandemia, se
passerà, forse ci dovremo preparare ad affrontare una nuova emergenza
sanitaria. Perché ne uscirà un popolo di
diabetici.
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