Confesso che quando un amico mi ha
invitato alla presentazione del movimento politico “Futuristi”, subito la mente
tornò indietro a quei primi anni del 1900. Avevo appena finito di leggere “M. Il figlio del secolo” di Antonio
Scurati, e ancora fresche si riverberano le immagini e la descrizione degli
eventi di quel dopoguerra, in quel proscenio confuso e delirante in cui il caos
regnava incontrastato mentre i deliri di D’Annunzio e la violenza verbale di Marinetti
s’incuneavano tra le piaghe dolenti delle ferite lasciate dalla vittoria mutilata.
Mi incuriosiva più del nome, la
motivazione del perché veniva ripartorito un movimento tenuto per anni a
bagnomaria, finora privo di un organigramma e di un progetto, e tuttavia
incombente e presente nella vita politica cittadina.
Non che mi aspettassi fanfare e
gagliardetti, baionette e eia eia. Non riuscivo a immaginare in quel locale un
Marinetti che proponesse di distruggere i musei, le biblioteche, di assassinare
il chiaro di luna, di glorificare la guerra,” sola igiene del mondo”, le belle
idee per cui morire e il totale disprezzo della donna. Né che immaginassi che
il poeta futurista potesse avere degli epigoni tra i promotori della
conferenza.
Tuttavia mi interessava la lettura del
neo manifesto futurista.
Apprezzo la sobrietà dell’intervento
del sindaco di Mazara Nicola Cristaldi, la pacatezza del tono, la ricerca della
morbidezza lessicale, l’espressione meditata, la parola filtrata da ambiguità
interpretative. Il momento è solenne, delicato, perché nulla deve apparire agli
osservatori come un pacchetto preconfezionato.
Cristaldi non si rivolge ai suoi, tutti
seduti in prima fila, ma il suo sguardo ispezione, a 360°, come fasci fotonici
della lanterna di un faro, l’intera sala. Guarda uno per uno i presenti,
soprattutto coloro che idealmente gli sono distanti.
Sa di essere sottoposto ad un esame
severo, e non può permettersi di stonare una nota. Non gli verrebbe perdonata.
Ha scritto bene la parte, e attacca con il suo eloquio forbito, distaccato,
disincantato dalle umane cose, lui che “dalla politica ha avuto tanto a livello
nazionale, regionale, locale” e riconoscimenti sul piano creativo.
Art
1 . Il
Movimento politico-culturale “FUTURISTI” (di seguito Movimento) è
un’organizzazione politica e culturale, ispirata ad una visione spirituale
della vita, che intende garantire la dignità e gli interessi del popolo
italiano nella continuità storica delle sue tradizioni e nella prospettiva di
una più vasta missione Mediterranea ed Europea.
Art.
2. Il Movimento si prefigge di
assicurare al popolo il benessere attraverso la politica della rivalutazione
dei beni culturali ed ambientali nonché di ogni forma di economia compatibile
con il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni. Intende
l’arte come principale veicolo delle espressioni umane, sia per la memoria di
ciò che il popolo italiano è stato, sia per affrontare le continue sfide del
futuro. Promuove la cultura del rispetto per ogni espressione umana che si
muove per affermare le proprie opinioni senza ledere il diritto di altri.
Organizza e promuove manifestazioni ed eventi culturali in linea con il
programma politico del Movimento.
La giornalista legge con voce tremolante
e ansimante, alterata dall’emozione, i due articoli dello statuto fondativo. La
summa, il canone, la regola, il metodo, l’obiettivo.
Il futuro in solo due articoli.
Non c’è spazio per la violenza della
parola di Marinetti. La scena è per i pittori, artisti quali Boccioni, Carrà,
Balla, Pippo Rizzo. L’unica violenza è quella dei colori impressi sulla tela, è
il violento dinamismo della forma; è un continuo elogio dell’arte, somma
espressione umana, l’unica per la quale vale la pena di lanciarsi nelle grandi
sfide.
La sola equazione possibile della neo
politica futurista è Arte e ambiente uguale turismo. Il resto se non è noia è
marginale.
Niente a che vedere con quello di Marinetti e dei futuristi che si scagliavano
contro il turismo e le città d’arte: “Ripudiamo la Venezia dei
forestieri, mercato di antiquari falsificatori,
calamita dello snobismo e dell’imbecillità universali... bruciamo le gondole,
poltrone a dondolo per cretini”.
Ph: L.Tumbarello
La cultura è il volano che farà
decollare verso una crescita felice. Guai a trascurare o abbandonare il
percorso intrapreso in questi dieci anni di sindacatura. L’invito è sulla
continuità. Il futuro viene tracciato secondo il binario disegnato, e non sarà
consentito deviare. Perché il capotreno sarà a vigilare il macchinista.
Qualche parola di sufficienza sulla
politica dei partiti. Il rispetto per qualcosa che ha dato tanto ma che oggi appare
inadeguata e incapace di dare prospettive a lungo termine. Il rispetto anche
per i politici, governo e opposizione, giudicati modesti e impreparati, votati
all’insignificanza.
Non ha intenzione di abbandonare il
campo il sindaco di Mazara. Ha ancora tanto da dare in progetti, idee,
fantasia. Dipendesse da lui, resterebbe altri cinque anni nella sua città, per lui
diventata” piccola grande capitale multiculturale.” Tuttavia non è insensibile
agli squilli di tromba extra moenia.
E su questo richiamo si veleggia nella
fantasia, si sogna e si disegna un movimento in veloce dinamismo, con ambizioni
alle quali non si pongono limiti, con lo sguardo e il pensiero rivolti fuori
dalle mura. Si guarda oltre. Si immaginano nuovi scenari e si plasmano nuove
piccole capitali culturali. Castelvetrano con i suoi cortili e Selinunte. La città di Giovanni Gentile sarebbe la
ciliegina sulla torta. Potrebbe essere una di quelle sfide impossibili. Perchè
no?
E se fosse possibile un ritorno al
passato? Là dove il primo amore non si scorda mai, dove si sono profuse le
prime espressioni creative che hanno attirato l’attenzione dei mass media nazionali
e esteri. L’ambizione c’è, tuttavia bisogna riconquistare l’antico entusiasmo
degli elettori di Calatafimi–Segesta. E non sarà un particolare da poco.
Calatafimi - Segesta Ph.L.Tumbarello
Il suo erede? Intanto le porte della
sua creatura sono aperte, senza distinzione di tessera.
È consapevole che questa commistione di
background politico farà storcere il naso agli esegeti del purismo ideologico,
ma la sfida è lanciata. Il dialogo innanzitutto, la convergenza tra persone che
“pur essendosi formati su libri diversi” hanno stessa visione di quella che
deve essere la via maestra sulla quale avviare una politica verso il futuro,
priva di steccati, di pregiudizi, luogo di incontro e non di scontro. Mazara
come laboratorio politico inclusivo, dove non vi sia distinzione tra guelfi e
ghibellini, tra bianchi e neri, in cui i ponti sono costruiti senza un confine
tra il noi e l’altro, nel rispetto reciproco delle regole. Altro che futurismo.
Siamo in pieno ecumenismo.
“Ormai si è usciti dalle categorie
tradizionali; sono caduti i pregiudizi, la politica dell’ideologia non rende
più; i risultati del movimentismo dilettantistico sono modesti e fuori dalla
realtà.” Non sono sufficienti lo spontaneismo e la buona volontà, in se stessi
lodevoli come impegno politico.
Ph.L.Tumbarello
Di certo, chi lo sostituirà “dovrà
avere uno spessore culturale e professionale adeguato, una personalità che goda
unanimità di stima e apprezzamenti sul piano sociale e politico”. Il ritratto del
suo successore è stilizzato ma abbastanza riconoscibile. Tuttavia “per la
designazione vi sono ancora delle formalità da rispettare”. E tra quelle formalità potrebbero incunearsi
risentimenti, delusioni, aspettative tradite, ripensamenti. Non ultimo, il
successore si dovrà muovere lungo quei due soli articoli. Ma che spazi di
manovra potrà avere?
Questa la domanda che non è stata
posta.
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