Salvatore Quinci
E così è iniziata la campagna
elettorale all’insegna di Io ci sto,
senza grandi sogni, senza metafore. Senza effetti speciali, si fa per dire. Sul
palcoscenico un noto cantante di una band locale mentre scorrono sullo schermo
le immagini della città. La bellezza è il soggetto visivo. Poi interviste a chi
ha scelto di trasferirsi dal nord a questo estremo lembo della sponda nord del
mediterraneo.
Balza nell’occhio la
scenografia pulita e ammiccante con tanti mani colorate alzate in alto e la
scritta Partecipazione Politica. Gruppo
Civico Mazara.
Ma l’attenzione è rivolta a quella
frase scritta a caratteri cubici e che sarà il tormentone della loro campagna
elettorale: Io ci sto.
Come slogan è un po’
vecchiotto, ha avuto grande successo sui social essendo il punto di forza del
messaggio di una grande banca italiana di qualche anno fa. Non è originale ma
fa effetto.
Io
ci sto, è l’invito a metterci la faccia, a uscire dall’inedia e
dall’indifferenza, a fare qualcosa se si vuole che le cose cambino, perché il
cambiamento non avviene da solo, ma richiede impegno, dedizione, energia,
solidarietà, fantasia, entusiasmo. Insomma smuovere le chiappe e dimostrare di
non essere bamboccioni, perché le cose se non li cambi tu non li cambierà
nessuno per te.
Dalle parole ai fatti. E venne
il tempo del passare all’azione. Dopo tanti mesi di accurata preparazione, il think tank, progettato e costruito
da Salvatore Quinci insieme a tanti altri giovani, ha rotto gli indugi e, uscito
dall’incubatrice, ha varcato i confini della politica locale.
C’è un tempo per seminare, c’è
un tempo per raccogliere è scritto nel Qohèlet. Basta tergiversare, occorre conquistare
visibilità, uscire allo scoperto, dare sostanza alla curiosità e alle
indiscrezioni intorno a questo nuovo soggetto politico. Devono spiazzare i
professionisti della politica, anticiparne i tempi, perché di sirene in giro ce
ne sono troppe. Un parterre zeppo dì giovani
professionisti, di piccoli imprenditori, di insegnanti, di donne, di
simpatizzanti e soprattutto del mondo del volontariato. Molti i curiosi in
sala.
Conversando con un amico
giornalista l’unico aggettivo appropriato nel descrivere quel bagno di folla è
“Straordinario”. Osserviamo quel via vai di gente, volti noti e anonimi, di
area politica trasversale.
Spicca la presenza della
sinistra, dei volti noti di quello che una volta era il PD. Non per niente si
considera il nuovo soggetto un vasta area dei delusi del Partito Democratico. Prove
di alleanza? Per adesso solo presenza di cortesia. Se son rose fioriranno. Ma
le rose a volte sono spinose.
Colpisce il nuovo linguaggio,
quello della tecnologia, lontano anni luce dalla vecchia retorica dei partiti
tradizionali. Il tema di fondo è quello di avvalersi delle nuove tecnologie
come nuove forme di lavoro. Attrezzarsi perché il futuro è già presente e il
presente scorre troppo veloce. Il nuovo linguaggio rappresenta un potente
segnale politico, inequivocabile, chiaro, frastornante. Chi non si adegua resta
fuori per sempre. Cambia anche il linguaggio della comunicazione. Il resto è un
contorno di routine, tra slide, filmati, interventi di rito, un poco di
retorica e qualche selfie. Ma ormai il dado è tratto.
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