Dal via
i terroni ai napoletani colerosi, dai siciliani mafiosi ai meridionali
scansafatiche, sporchi, non rispettosi delle regole, parassiti, dalla Lega sono tracimati, come un fiume in piena, 25 anni di insulti. Insulti anche ai
simboli nazionali, al tricolore con il quale si pulivano il culo, al cappio
mostrato in parlamento segno del loro giustizialismo di facciata, proprio nel
giorno in cui veniva rapito Aldo Moro. Loro che gridavano “Roma ladrona” per
poi fare sparire 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Cosa è cambiato
in questo quarto di secolo oltre al passaggio di consegne da Bossi a Salvini, dall’antiterronismo all’anti straniero? Il bersaglio i “ negri, i rom, gli
islamici, gli indù, gli altri insomma, i diversi, gli impuri, che mettono in
pericolo la identità e i valori del
popolo lombardo. Quelle identità e quei valori tramandati da inventati rituali
celtici, il battesimo del Po, da quella identità longobarda , da quell’Alboino
che costringe sua moglie Rosmunda a bere nel teschio del padre Cunimondo ,ucciso
dallo stesso Alboino.
In
questi venticinque anni si è passati dal vietato l’ingresso ai meridionali nei
bar al vietato lo sbarco agli immigrati,
non importa se naufraghi o fuggitivi. La parola d’ordine è “Porti chiusi” , ma il gene è sempre lo
stesso. L’obiettivo è sempre lo straniero. Dai meridionali mafiosi e sudici,
allo straniero sporco, spacciatore, stupratore per il quale occorre la
castrazione chimica, ladro contro il quale è lecito, anzi è d’obbligo sparare.
Lo spartito è sempre lo stesso. Da
“prima il nord” a “prima gli italiani”, per concludere in una sequenza di note
sempre più alte con: prima i napoletani,
prima i calabresi, prima i siciliani, prima i sardi. Il tutto contornato da odio e rancore.
In questa
campagna elettorale per le amministrative per l’elezione del sindaco, l’anomalia
è la presenza, al ballottaggio, di un candidato che ha aderito alla lega, che
ne ha abbracciato il suo credo, la sua filosofia, i suoi disvalori, i suoi
proclami, in forza del “prima noi”, prima i nostri figli, prima i mazaresi, in
nome della sicurezza e di una non ben definita “normalità. E sempre nel nome
della nostra identità messa in pericolo “dall’altro.”
Non importa
se sono “gli altri” a tenere in vita la nostra economia, dalla pesca all’agricoltura,
dall’edilizia alla pastorizia.
Non
importa se agli slogan “mai più giovani costretti a migrare”, gridato dei
leghisti di casa nostra, siano proprio i nostri ragazzi, le nostre intelligenze
più fresche e sensibili, che dal nord scrivono e implorano a non votare Lega, a non recidere le
nostre radici, a non svendere i nostri valori. Proprio loro che la Lega la
conoscono meglio di noi.
Ecco perché
il voto di domenica rappresenta una scelta non solo politica, ma soprattutto di
cultura.
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