Good Morning Mazara! Sì, un vero buon giorno per Mazara e soprattutto per
la politica.
È il
giorno del suo riscatto e di un certo modo di interpretarla.
È anche il
giorno, sarà anche un solo giorno, ma va bene lo stesso, del comune sentire tra
chi si riconosce in una cultura di appartenenza mediterranea, prendendo
nettamente le distanze da chi, al contrario, ne vuole recidere le radici
identitarie.
È il
giorno della condivisione di valori non negoziabili, per i quali niente di
tutto ciò che è umano può essere considerato estraneo.
È, lo voglio
dire con estrema franchezza, la vittoria della sobrietà e della misura sulla
sguaiatezza alla quale una pessima politica ci aveva abituato e ci aveva fatto
perdere la capacità d’indignazione.
L’elezione di
Salvatore Quinci rappresenta tutto questo.
Rappresenta
anche la speranza di riscatto da stantie caricature siciliote, tipiche di chi
la politica la interpreta per tornaconto del proprio orticello, piuttosto che
un servizio alla collettività.
Perché Quinci
raffigura al meglio, in questo momento, la migliore Sicilianità, rispetto a
quella politica arruffona e cialtrona. La politica di servizio e di
attenzione verso gli altri Salvatore Quinci l’ha testimoniato con
intransigenza e con austerità, senza chiasso e grancasse.
Cosa significa
l’elezione di Salvatore Quinci?
Soprattutto
tanto desiderio di diversità dopo un profluvio di promesse e
mirabilie. È finito il tempo dei pifferai, degli illusionisti, dei
venditori di miraggi. Non è più tempo di sognare, ma di sbracciarsi le maniche,
di disegnare il prossimo imminente futuro di una città che in questi anni non è
riuscita a decollare, regredendo di senso civico, imbarbarendosi di vandalismo.
In cinque anni la città si è ulteriormente invecchiata, si è depauperata delle
sue migliori intelligenze ed energie, si è offuscata di acume, di vivacità, di
fantasia, ha perduto il senso del limite, della sobrietà, dell’armonia.
Il responso
delle urne fa capire che è finito anche il tempo dell’antipolitica; emerge la
voglia di partecipazione, il desiderio di potere contare nelle scelte, quanto
meno quelle di interesse comune e che fanno parte del patrimonio della
collettività.
La comunità
manifesta voglia di essere ascoltata dai politici, indica loro di non alzare
barriere, di confrontarsi, di vivere insieme la quotidianità e i cambiamenti
che il trascorrere degli eventi inevitabilmente impone in tutte le società.
No
more than five years si grida
in democrazie più avanzate dalla nostra, quanto la gente non riesce più a
contenere il suo disappunto e la sua delusione verso scelte e comportamenti
politici discutibili.
Mai più cinque
anni di cesure tra amministratori e
amministrati, di scelte a senso unico, di illusioni e di giochi di prestigio,
di litanie di parole vuote, di enunciati improbabili.
Quinci
commetterebbe un grossolano errore se dovesse interpretare il consenso ottenuto
come una delega in bianco, una investitura divina e con poteri assoluti, perché
questa visione non appartiene ai principi e alle regole della democrazia.
Così come
sbaglierebbe se dovesse sottrarsi al confronto delle idee, perché, è nel sapere
misurare le proprie idee con quelle degli altri, e nel saper esercitare la
virtù dell’ascolto, la dimostrazione della propria forza e della propria
saggezza.
Il clima di
partecipazione festosa che è venuto fuori dopo il risultato delle urne non può
che avere un unico messaggio rivolto ai due antagonisti: quello di non
trasformare la politica in una sorta di lotta tra bande, di fazioni, di guelfi
e ghibellini; di non erigere muri divisori tra vincitori e sconfitti e di non
ritenere il responso del ballottaggio come una ordalia.
È un bel
giorno per Mazara e per la Sicilia
Sì, proprio un
bel giorno.
Good morning Signor Sindaco .
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