Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

giovedì 15 aprile 2010

La politica e il linguaggio da bar.

“ la conosco troppo bene, tanto che mi ha mandato due suoi scagnozzi”
• “ Lei è un incantatore di piazza, un gran bugiardo, Pinocchio è niente ai suoi confronti”
• “ persone che potrei schiacciare come si dice simbolicamente con un dito”
• “ Qui dentro c’è gente pronta a tagliare la testa”
• “ Lei deve smettere di minacciare”

Le frasi appena elencate non sono appunti per un canovaccio di scene rusticane, ma estratti di scambi di accuse tra consiglieri e sindaco durante la seduta del consiglio comunale di Mazara del Vallo del 23 Marzo 2010 svolta in un clima surreale ed incandescente. Quel ricorso all’uso di parole improprie ha fatto assumere significati forse non voluti e ha rischiato di causare tensioni ed esasperazioni degli animi. In questa nostra società spesso diciamo e urliamo troppo, tanto che essa somiglia sempre più a una società di “strilloni” oppure ad un mercato rionale. Si brandisce la parola come arma di offesa. In altre società più evolute, la parola ha importanza e va soppesata, va mediata, va meditata e solo dopo essa va espressa, soprattutto se quando si dice qualcosa questo può scatenare delle alterazioni di significato. La Parola mette in moto passioni, pulsioni e sentimenti, li fa interagire con l'ambiente, lo condiziona, lo orienta fino a generare in esso conseguenze delle quali si è poi responsabili. Le parole possono illuminare o confondere, aiutare o danneggiare, costruire o distruggere.
Fintanto che si è al bar si può dire tutto quello che si vuole tranne smentire in seguito, ma una cosa è quello che si dice tra un bicchiere di vino e una birra e un’altra cosa è parlare quando si ha la responsabilità di ricoprire una carica e si è investiti di un ruolo pubblico di rappresentanza agli occhi della città.
L'esasperazione del linguaggio, la polemica sterile, la denigrazione e la demonizzazione dell' "altro", le condanne senza appello, le maldicenze, il sospetto e la calunnia oltre ad avvelenare le relazioni, inaridiscono e rendono i rapporti con la politica più difficile. Il linguaggio ne esce sporcato dall’uso improprio di termini che mirano ad eccitare le sensibilità più grossolane allo scopo anche di soddisfare l'ego personale. Si diffondono così dei cattivi messaggi che possono creare confusione a scapito della chiarezza, della vera comprensione e della serenità di giudizio, con fine di contagiare gli stati d'animo e le opinioni.
Se da un verso la parola può fare innamorare, può affascinare, può conquistare; il suo eccesso, però, può distruggere e avvelenare gli animi, inibire le speranze, cavalcare il disagio, rendere più incomprensibile la realtà, fino a diventare uno strumento di denigrazione e di mistificazione dell’avversario politico.
Essa può ,addirittura, mettere a rischio la vita la convivenza civile e il confronto democratico. Per questo si sente necessariamente il bisogno di fare un uso misurato ed equilibrato della parola. Senza equilibrio e senza misura della parola si va incontro ad un inaridimento della democrazia e del confronto politico e si induce i cittadini a diventare sempre più scettici e rabbiosi verso la politica.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Odio i proverbi, però "chi semina vento, raccoglie tempesta!"

Pino Catalano ha detto...

Trita, ritrita ma vera ( e iu ci accommuru): "Ogni popolo ha i governanti che si merita!"