Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

mercoledì 29 maggio 2019

Siamo nelle mani dei Santi, no del governo.



Cosa resta di queste elezioni europee atipiche, contraddittorie, pregne di pulsioni e di visioni sacro profane. Non certo la freddezza dei numeri, la stratosfericità delle percentuali, l’andamento delle rappresentazioni delle curve geometriche crescenti o decrescenti. No. A parer mio resta una narrazione, nelle immagini, nella simbologia e nelle parole, che pensavamo non dovesse più ripresentarsi. Il ricorso ai santi, di affidare i destini della nazione ai santi protettori dell’Europa:
 Ci affidiamo ai sei patroni di questa Europa: a San Benedetto da Norcia, a Santa Brigida di Svezia, a Santa Caterina da Siena, ai Santi Cirillo e Metodio, a Santa Teresa Benedetta della Croce. Ci affidiamo a loro. E affidiamo a loro il destino, il futuro, la pace e la prosperità dei nostri popoli”.
E se non bastasse, brandendo il rosario come la spada del guerriero, loro simbolo, prosegue imperterrito, immerso in una trance mistica, nel rispetto di un canovaccio scritto e riscritto a più mani, provato e riprovato nelle fredde stanze della sede della lega di Via Bellerio:
Io personalmente affido l’Italia, la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria che son sicuro ci porterà alla vittoria.
E giù a brandire e contemplare il rosario.
Io, da cattolico, dovrei incominciare a preoccuparmi se i destini del mio paese sono affidati alle determinazioni dei santi e dei beati, e per giunta tutti del nord. Un motivo ci sarà?
Già le immagino, le anime beate, intorno a un tavolo, a decidere su quali armi affidare la sicurezza dei cittadini, se è meglio una Smith & Wesson o una Magnum 44, una Beretta 92 o una Colt 1911. Meglio un arma corta o lunga, automatica o semiautomatica?
Già immagino quel giocherellone di San Gennaro, da buon terrone napoletano, prendere in giro Benedetto da Norcia, appendendo una pergamena sull’uscio della cella del monaco, con su scritto “Spara et labora”.
 Questo perché il santicello napoletano doc, fan di Gigi Di Maio, c’era rimasto male, a tal punto da sentirsi gelare il sangue, nel vedersi escluso dalle invocazioni salviniane.  Se quest’anno non dovesse ripetersi il miracolo, i napoletani sappiano di chi è la colpa.
E poi immagino Santa Caterina dissertare se sia meglio fare la carità ai poveri o la flat tax agli evasori.
E i Santi Cirillo e Metodio benedire la chiusura delle frontiere dei paesi Visigrad.
E Santa Teresa della Croce gioire nel vedere Salvini e Orban sulla torretta mentre osservano quella enorme muro di filo spinato, al cui confronto quello di Auschwitz era un piccolo ostacolo con cui allenarsi per il salto in alto.
E già li vedo tutti questi santi saltare in piedi, in quella nuvoletta dalla quale osservano le miserie umane, quando arrivano, ridondanti, le invocazioni del capo leghista. Roba da non credere alle loro orecchie. E tutti a chiedersi chi fosse questo moderno Savonarola che riempie le piazze, che invoca i santi, che affida il proprio Destino, anzi no, quello dei suoi connazionali, a loro, così umili e modesti e alla Madre di Dio.
Qualcuno, penso tra me, avrebbe dovuto spiegare al leghista che quei santi non c’azzeccano una cippa con i temi della sua campagna elettorale.  Ma poiché ha vinto, anzi ha stravinto, mi viene il dubbio: e se Salvini avesse veramente un filo diretto con lassù?
Comunque vadano le cose, adesso siamo nelle mani dei santi patroni.
E lo spread? Intanto sale. Ce la faranno, da lassù, a farlo scendere?
Già immagino una lotta titanica tra santi patroni europei e mercati asiatici.
Salvini intanto inizia una nuova campagna elettorale.
Il futuro del paese? Lui che c’entra, l’ha affidato ai patroni d’Europa.


lunedì 13 maggio 2019

Veni.Vidi.Quinci




Good Morning Mazara! Sì, un vero buon giorno per Mazara e soprattutto per la politica.
È il giorno del suo riscatto e di un certo modo di interpretarla.
È anche il giorno, sarà anche un solo giorno, ma va bene lo stesso, del comune sentire tra chi si riconosce in una cultura di appartenenza mediterranea, prendendo nettamente le distanze da chi, al contrario, ne vuole recidere le radici identitarie. 
È il giorno della condivisione di valori non negoziabili, per i quali niente di tutto ciò che è umano può essere considerato estraneo.
È, lo voglio dire con estrema franchezza, la vittoria della sobrietà e della misura sulla sguaiatezza alla quale una pessima politica ci aveva abituato e ci aveva fatto perdere la capacità d’indignazione.
L’elezione di Salvatore Quinci rappresenta tutto questo.
Rappresenta anche la speranza di riscatto da stantie caricature siciliote, tipiche di chi la politica la interpreta per tornaconto del proprio orticello, piuttosto che un servizio alla collettività.
Perché Quinci raffigura al meglio, in questo momento, la migliore Sicilianità, rispetto a quella politica arruffona e cialtrona. La politica di servizio e di attenzione verso gli altri Salvatore Quinci l’ha testimoniato con intransigenza e con austerità, senza chiasso e grancasse.

Cosa significa l’elezione di Salvatore Quinci?
Soprattutto tanto desiderio di diversità dopo un profluvio di promesse e mirabilie. È finito il tempo dei pifferai, degli illusionisti, dei venditori di miraggi. Non è più tempo di sognare, ma di sbracciarsi le maniche, di disegnare il prossimo imminente futuro di una città che in questi anni non è riuscita a decollare, regredendo di senso civico, imbarbarendosi di vandalismo. In cinque anni la città si è ulteriormente invecchiata, si è depauperata delle sue migliori intelligenze ed energie, si è offuscata di acume, di vivacità, di fantasia, ha perduto il senso del limite, della sobrietà, dell’armonia.

Il responso delle urne fa capire che è finito anche il tempo dell’antipolitica; emerge la voglia di partecipazione, il desiderio di potere contare nelle scelte, quanto meno quelle di interesse comune e che fanno parte del patrimonio della collettività.
La comunità manifesta voglia di essere ascoltata dai politici, indica loro di non alzare barriere, di confrontarsi, di vivere insieme la quotidianità e i cambiamenti che il trascorrere degli eventi inevitabilmente impone in tutte le società.
No more than five years si grida in democrazie più avanzate dalla nostra, quanto la gente non riesce più a contenere il suo disappunto e la sua delusione verso scelte e comportamenti politici discutibili.
Mai più cinque anni di cesure tra amministratori e amministrati, di scelte a senso unico, di illusioni e di giochi di prestigio, di litanie di parole vuote, di enunciati improbabili.
Quinci commetterebbe un grossolano errore se dovesse interpretare il consenso ottenuto come una delega in bianco, una investitura divina e con poteri assoluti, perché questa visione non appartiene ai principi e alle regole della democrazia.
Così come sbaglierebbe se dovesse sottrarsi al confronto delle idee, perché, è nel sapere misurare le proprie idee con quelle degli altri, e nel saper esercitare la virtù dell’ascolto, la dimostrazione della propria forza e della propria saggezza.
Il clima di partecipazione festosa che è venuto fuori dopo il risultato delle urne non può che avere un unico messaggio rivolto ai due antagonisti: quello di non trasformare la politica in una sorta di lotta tra bande, di fazioni, di guelfi e ghibellini; di non erigere muri divisori tra vincitori e sconfitti e di non ritenere il responso del ballottaggio come una ordalia.
È un bel giorno per Mazara e per la Sicilia
Sì, proprio un bel giorno. 
Good morning  Signor Sindaco .

venerdì 10 maggio 2019

Ballottaggio.Una scelta di cultura.



Dal via i terroni ai napoletani colerosi, dai siciliani mafiosi ai meridionali scansafatiche, sporchi, non rispettosi delle regole, parassiti, dalla Lega sono tracimati, come un fiume in piena, 25 anni di insulti. Insulti anche ai simboli nazionali, al tricolore con il quale si pulivano il culo, al cappio mostrato in parlamento segno del loro giustizialismo di facciata, proprio nel giorno in cui veniva rapito Aldo Moro. Loro che gridavano “Roma ladrona” per poi fare sparire 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Cosa è cambiato in questo quarto di secolo oltre al passaggio di consegne da Bossi a Salvini, dall’antiterronismo all’anti straniero? Il bersaglio i “ negri, i rom, gli islamici, gli indù, gli altri insomma, i diversi, gli impuri, che mettono in pericolo la  identità e i valori del popolo lombardo. Quelle identità e quei valori tramandati da inventati rituali celtici, il battesimo del Po, da quella identità longobarda , da quell’Alboino che costringe sua moglie Rosmunda a bere nel teschio del padre Cunimondo ,ucciso dallo stesso Alboino.
In questi venticinque anni si è passati dal vietato l’ingresso ai meridionali nei bar  al vietato lo sbarco agli immigrati, non importa se naufraghi o fuggitivi. La parola d’ordine  è “Porti chiusi” , ma il gene è sempre lo stesso. L’obiettivo è sempre lo straniero. Dai meridionali mafiosi e sudici, allo straniero sporco, spacciatore, stupratore per il quale occorre la castrazione chimica, ladro contro il quale è lecito, anzi è d’obbligo sparare. Lo spartito è  sempre lo stesso. Da “prima il nord” a “prima gli italiani”, per concludere in una sequenza di note sempre più alte con:  prima i napoletani, prima i calabresi, prima i siciliani, prima i sardi.  Il tutto contornato da odio e rancore.
In questa campagna elettorale per le amministrative per l’elezione del sindaco, l’anomalia è la presenza, al ballottaggio, di un candidato che ha aderito alla lega, che ne ha abbracciato il suo credo, la sua filosofia, i suoi disvalori, i suoi proclami, in forza del “prima noi”, prima i nostri figli, prima i mazaresi, in nome della sicurezza e di una non ben definita “normalità. E sempre nel nome della nostra identità messa in pericolo “dall’altro.”
Non importa se sono “gli altri” a tenere in vita la nostra economia, dalla pesca all’agricoltura, dall’edilizia alla pastorizia.   
Non importa se agli slogan “mai più giovani costretti a migrare”, gridato dei leghisti di casa nostra, siano proprio i nostri ragazzi, le nostre intelligenze più fresche e sensibili, che dal nord scrivono e  implorano a non votare Lega, a non recidere le nostre radici, a non svendere i nostri valori. Proprio loro che la Lega la conoscono meglio di noi.

Ecco perché il voto di domenica rappresenta una scelta non solo politica, ma soprattutto di cultura.

lunedì 6 maggio 2019

I traditori




Questo libro è ogni giorno più attuale, e più incisivo appare proprio in questi giorni di campagna elettorale, stante che bisogna fare l’appello ogni giorno per capire dove si trovano i Consiglieri Comunali: sono ancora nel partito dove sono stati eletti? Sono da un’altra parte? Sono dalla parte opposta? Perchè non stanno dove dovrebbero essere? La storia è lunga ed è legata alla bramosia degli uomini di vincere a tutti i costi, fregandosene di regole morali e di costume. Date uno sguardo al libro.
Così scriveva Nicola Cristaldi nel suo blog il 18 marzo 2014. Era iniziata la campagna elettorale che lo avrebbe portato a conquistare il secondo mandato di sindaco della sua città per entrare così nella storia di Mazara.
Già nel febbraio del 2009 avevo scritto, su questo blog, la cronaca dettagliata della presentazione del pamphlet di Cristaldi, I Traditori, alla quale era intervenuto anche Fini, allora vicepresidente del consiglio del governo Berlusconi.
Sono passati dieci anni da allora. Ha ragione l’ex sindaco di Mazara a dire che quell’elenco di ”traditori” va aggiornato e arricchito di nomi?Arriviamo ai nostri giorni. Dunque si va al ballottaggio secondo le nostre speranze; nessuno dei due candidati, né Quinci nè Randazzo hanno ufficializzato collegamenti o apparentamenti con altre liste. Già questo è un segnale positivo, se non fosse che, comunque, qualche transumanza inizia a vedersi, con la presenza sempre più continua di Pietro Marino nei pressi del comitato elettorale di Randazzo. Un caso? Una coincidenza? Semplice curiosità del candidato più votato nella lista dei Futuristi di Cristaldi?A sentire i bene informati, si parla di un accordo che vede il passaggio dai Futuristi alla Lega, una forma di ritorno al futuro; l’impegno di P. Marino a favore di Randazzo in questa cruciale settimana di ballottaggio, e la gratitudine, se Randazzo dovesse essere eletto, di assegnare al consigliere futurista l’ambita poltrona di assessore ai lavori pubblici.In subordine, poiché questo assessorato è ambito dallo sponsor principale di Randazzo, il gruppo di  Torrente, ecco che potrebbe essere proprio Vito Torrente, ex assessore di Giorgio Macaddino, o uno molto vicino, il designato a quella poltrona, essendo la  nomina del deputato leghista ligure Lorenzo Viviani, una designazione farlocca.Sarebbe il caso che Randazzo spiegasse ai propri concittadini del perché di questa farsa, visto che ha fatto della trasparenza il suo cavallo di battaglia.In questo caso per Pietro Marino si riaprirebbero le porte per la presidenza del consiglio comunale.Randazzo spieghi il motivo di tutte queste manfrine, questi inciuci, queste ammuine, questi ammiccamenti che lui stesso ha condannato sin dall’inizio della campagna elettorale.Si tratta o non si tratta di do ut des?Questa transumanza del futurista nel campo leghista, tuttavia, pone delle considerazioni di ordine politico. È stata una scelta personale o concordata con lo stato maggiore futurista?E qui entra in ballo l’attualità del libro di Cristaldi. È pensabile che Pietro Marino decida da solo di schierarsi apertamente  a favore di colui che è stato fino a qualche giorno fa il suo avversario? Oppure che ci sia stato un accordo verticistico tra Futuristi e Lega? E questo può avvenire all’insaputa di Cristaldi? E se quest’accordo c’è stato, su quali basi?Analizziamo il primo caso. L’impegno di Marino a favore del leghista non ha alcun senso sul piano politico, se a lui non dovesse spettare una poltrona in giunta.Secondo la ripartizione dei seggi, nel caso vincesse Randazzo, ai futuristi spetterebbe un solo seggio, quello di Marino. Se quest’ultimo dovesse trovare un posto nella giunta leghista, allora verrebbe surrogato dalla sua compagna di cordata Enza Chirco. Ma nessuno dell’entourage futurista ne trarrebbe vantaggio.Se al contrario, Marino dovesse concorrere per la presidenza del consiglio, allora la Chirco, con la quale aveva diviso i suoi voti, resterebbe fuori. Questo sarebbe un grosso problema all’interno del bacino dell’imprenditore futurista.  Vorrebbe dire che per realizzare i suoi interessi personali, Pietro Marino sarebbe pronto a sacrificare la sua compagna e rinnegare gli accordi presi durante la campagna elettorale.Per i futuristi e per Cristaldi, perdere tutta la rappresentanza in consiglio comunale sarebbe un colpo letale, dopo l’insuccesso di Calatafimi.
Una operazione del genere segnerebbe definitivamente la fine di Cristaldi e dimostrerebbe tutta la sua inconsistenza politica. All’ex sindaco resterebbe soltanto la consolazione di aggiungere alla lista di “Traditori” un nome in più.Per le implicazioni descritte in precedenza, trovo assurdo che il passaggio di Marino all’altra sponda sia stata una operazione concordata.A questo punto, il futuro dei futuristi in consiglio comunale dipenderebbe da una vittoria di Quinci, che consentirebbe al movimento di Cristaldi di essere presente, in consiglio comunale, con due seggi, quelli di P.Marino e della Chirco. E dall’opposizione, né Marino né la Chirco avrebbero più interesse di passare a una Lega sconfitta.Ecco il motivo per cui ritengo quella di Marino semplicemente una smodata ambizione personale per la quale la politica è un mezzo da utilizzare e non un fine da realizzare.Cosa da evitare a ogni costo se non si vuole aumentare la cesura con gli elettori e il disamore verso la politica.Di certo, questa settimana di ballottaggio, inizia con una vicenda torbida che qualcuno farebbe bene a chiarire. Gli sviluppi li vedremo a giorni. Cristaldi può sempre aggiornare il suo libro.


giovedì 2 maggio 2019

Apparentamenti? Niente furbate!



Passate le quarantottore, dispersi i fumi della sbornia elettorale, messe da parte le delusioni e le gioie, adesso i due candidati Quinci e Randazzo si preparano, nella dura realtà, a giocare la partita del ballottaggio ad armi pari. Almeno si spera. Da più parti, a risultati ancora freschi, si ipotizzano ipotesi di allargamento di coalizioni attraverso il famigerato gioco dei collegamenti o meglio degli apparentamenti. C’è chi guarda al M5S, chi invece ai futuristi, chi a parte di quello che è rimasto della coalizione della Corrao e di Scilla. La questione non è semplice.
 Per quanto riguarda il M5S, il più corteggiato dal candidato leghista e anche da un certo entourage vicinissimo a Quinci, una eventuale ipotesi di collegamento organico con il partito di Di Maio avrebbe un costo non indifferente, durante la ripartizione dei seggi; non fosse altro che il metodo D’Hondt privilegia, soprattutto nella distribuzione del premio di maggioranza, per il gioco dei resti maggiori, le liste che abbiano ottenuto più voti.
Inoltre, per chi si dovesse apparentare con i grillini, sarebbe costretto aa contrattare, inevitabilmente, una rimodulazione significativa del programma e della composizione della giunta, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in seno alle coalizioni arrivate al ballottaggio e  con sviluppi non facilmente controllabili. Ammesso che una cosa del genere abbia il placet dello stato maggiore pentastellato. Nutro forti dubbi in proposito, ma mai dire mai  in politica.
 Sono convinto che una eventuale richiesta verrebbe respinta al mittente.
Inoltre sorgerebbe la domanda: In base a quale criterio dovrebbe avvenire un apparentamento del genere? E chi si dovrebbe collegare con il M5S? Quinci o Randazzo? In entrambe le ipotesi, molto fantasiose, i veri vincitori risulterebbero gli sconfitti guidati da Nicola La Grutta e Sergio Tancredi. Un vero paradosso.
Il M5s sarebbe disposto a collegarsi con Randazzo? Qui la questione si fa seria. Forse gran parte del suo gruppo dirigente e una parte dei suoi elettori vedrebbe di buon occhio una tardiva alleanza, al ballottaggio, con il giovane candidato leghista, disposto a offrire ponti d’oro pur di vincere il ballottaggio.Sarebbe quel segnale di continuità politica in coerenza con quello nazionale.   Ma a una buona parte della coalizione che appoggia Randazzo risulterebbe indigesta l’alleanza con i cinquestelle, i quali ricambierebbero la stessa avversione nei confronti del maggior sponsor di Randazzo, la lista di Libera Intesa.
E per il metodo finora usato dal M5S, la percorribilità di una simile ipotesi sarebbe problematica se non impossibile.
Meno traumatica sarebbe per i pentastellati un ipotesi di collegamento con Quinci. Ciò comporterebbe tuttavia lo sfaldamento della sua stessa coalizione sia in termini di immagine sia in quello strettamente politico e che vedrebbe non solo l’Osservatorio politico, ma anche la stessa lista di Partecipazione Politica, non indifferente ad accettare una simile ipotesi. Basti considerare la eventuale composizione della giunta da presentare durante il ballottaggio o l’assegnazione della presidenza del consiglio. Sarebbe la distruzione del giocattolo appena costruito, anche se ciò potrebbe aprire nuovi scenari di alchimie politiche di cui i siciliani sono antesignani e maestri. Cui prodest? E a quale prezzo? A meno che non si ricorra a patti di desistenza fuori dai collegamenti ufficiali. Chiamasi inciucio.
Incomprensibili, d’altra parte, risulterebbero eventuali ipotesi di collegamenti con quel centrodestra uscito dalle urne polverizzato e inconsistente. Sarebbe come fare resuscitare un morto. Strada impercorribile e per niente vantaggiosa.
In entrambe le ipotesi, per chi dovesse chiedere l’apparentamento avrebbe da pagare  un fort contributo in termini di consiglieri che dovrebbero rinunciare allo scranno del consiglio comunale. Una follìa che entrambe le coalizioni arrivate al ballottaggio non accetterebbero.
Esclusa, sia da Quinci, sia da Randazzo, l’ipotesi di collegamento con qualche lista della disastrata coalizione cristaldiana.
Si va dunque verso il ballottaggio sperando che vengano abbandonate da entrambi i contendenti quelle manfrine, quegli inciuci, quelle ammuine, quegli ammiccamenti che loro stessi hanno condannato sin dall’inizio della campagna elettorale. Uno dei tanti difetti di questa legge elettorale sui sindaci è proprio la possibilità di ricorrere agli apparentamenti per danneggiare, l’avversario politico. Essi costituiscono una vera porcata, una iattura per la democrazia, servono solo a resuscitare candidati legittimamente bocciati dal responso elettorale. Si possono fare tutte le obiezioni di merito che si vogliono, anche le più nobili sul piano politico, ma il fine degli apparentamenti è esclusivamente quello di una fraudolenta rivalsa politica.
C’è da augurarsi che né Quinci, né Randazzo, coerenti ai loro programmi, accettino di apparentarsi con gli sconfitti, lasciando che siano gli elettori a decidere da chi farsi amministrare.