Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

mercoledì 29 maggio 2019

Siamo nelle mani dei Santi, no del governo.



Cosa resta di queste elezioni europee atipiche, contraddittorie, pregne di pulsioni e di visioni sacro profane. Non certo la freddezza dei numeri, la stratosfericità delle percentuali, l’andamento delle rappresentazioni delle curve geometriche crescenti o decrescenti. No. A parer mio resta una narrazione, nelle immagini, nella simbologia e nelle parole, che pensavamo non dovesse più ripresentarsi. Il ricorso ai santi, di affidare i destini della nazione ai santi protettori dell’Europa:
 Ci affidiamo ai sei patroni di questa Europa: a San Benedetto da Norcia, a Santa Brigida di Svezia, a Santa Caterina da Siena, ai Santi Cirillo e Metodio, a Santa Teresa Benedetta della Croce. Ci affidiamo a loro. E affidiamo a loro il destino, il futuro, la pace e la prosperità dei nostri popoli”.
E se non bastasse, brandendo il rosario come la spada del guerriero, loro simbolo, prosegue imperterrito, immerso in una trance mistica, nel rispetto di un canovaccio scritto e riscritto a più mani, provato e riprovato nelle fredde stanze della sede della lega di Via Bellerio:
Io personalmente affido l’Italia, la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria che son sicuro ci porterà alla vittoria.
E giù a brandire e contemplare il rosario.
Io, da cattolico, dovrei incominciare a preoccuparmi se i destini del mio paese sono affidati alle determinazioni dei santi e dei beati, e per giunta tutti del nord. Un motivo ci sarà?
Già le immagino, le anime beate, intorno a un tavolo, a decidere su quali armi affidare la sicurezza dei cittadini, se è meglio una Smith & Wesson o una Magnum 44, una Beretta 92 o una Colt 1911. Meglio un arma corta o lunga, automatica o semiautomatica?
Già immagino quel giocherellone di San Gennaro, da buon terrone napoletano, prendere in giro Benedetto da Norcia, appendendo una pergamena sull’uscio della cella del monaco, con su scritto “Spara et labora”.
 Questo perché il santicello napoletano doc, fan di Gigi Di Maio, c’era rimasto male, a tal punto da sentirsi gelare il sangue, nel vedersi escluso dalle invocazioni salviniane.  Se quest’anno non dovesse ripetersi il miracolo, i napoletani sappiano di chi è la colpa.
E poi immagino Santa Caterina dissertare se sia meglio fare la carità ai poveri o la flat tax agli evasori.
E i Santi Cirillo e Metodio benedire la chiusura delle frontiere dei paesi Visigrad.
E Santa Teresa della Croce gioire nel vedere Salvini e Orban sulla torretta mentre osservano quella enorme muro di filo spinato, al cui confronto quello di Auschwitz era un piccolo ostacolo con cui allenarsi per il salto in alto.
E già li vedo tutti questi santi saltare in piedi, in quella nuvoletta dalla quale osservano le miserie umane, quando arrivano, ridondanti, le invocazioni del capo leghista. Roba da non credere alle loro orecchie. E tutti a chiedersi chi fosse questo moderno Savonarola che riempie le piazze, che invoca i santi, che affida il proprio Destino, anzi no, quello dei suoi connazionali, a loro, così umili e modesti e alla Madre di Dio.
Qualcuno, penso tra me, avrebbe dovuto spiegare al leghista che quei santi non c’azzeccano una cippa con i temi della sua campagna elettorale.  Ma poiché ha vinto, anzi ha stravinto, mi viene il dubbio: e se Salvini avesse veramente un filo diretto con lassù?
Comunque vadano le cose, adesso siamo nelle mani dei santi patroni.
E lo spread? Intanto sale. Ce la faranno, da lassù, a farlo scendere?
Già immagino una lotta titanica tra santi patroni europei e mercati asiatici.
Salvini intanto inizia una nuova campagna elettorale.
Il futuro del paese? Lui che c’entra, l’ha affidato ai patroni d’Europa.


lunedì 13 maggio 2019

Veni.Vidi.Quinci




Good Morning Mazara! Sì, un vero buon giorno per Mazara e soprattutto per la politica.
È il giorno del suo riscatto e di un certo modo di interpretarla.
È anche il giorno, sarà anche un solo giorno, ma va bene lo stesso, del comune sentire tra chi si riconosce in una cultura di appartenenza mediterranea, prendendo nettamente le distanze da chi, al contrario, ne vuole recidere le radici identitarie. 
È il giorno della condivisione di valori non negoziabili, per i quali niente di tutto ciò che è umano può essere considerato estraneo.
È, lo voglio dire con estrema franchezza, la vittoria della sobrietà e della misura sulla sguaiatezza alla quale una pessima politica ci aveva abituato e ci aveva fatto perdere la capacità d’indignazione.
L’elezione di Salvatore Quinci rappresenta tutto questo.
Rappresenta anche la speranza di riscatto da stantie caricature siciliote, tipiche di chi la politica la interpreta per tornaconto del proprio orticello, piuttosto che un servizio alla collettività.
Perché Quinci raffigura al meglio, in questo momento, la migliore Sicilianità, rispetto a quella politica arruffona e cialtrona. La politica di servizio e di attenzione verso gli altri Salvatore Quinci l’ha testimoniato con intransigenza e con austerità, senza chiasso e grancasse.

Cosa significa l’elezione di Salvatore Quinci?
Soprattutto tanto desiderio di diversità dopo un profluvio di promesse e mirabilie. È finito il tempo dei pifferai, degli illusionisti, dei venditori di miraggi. Non è più tempo di sognare, ma di sbracciarsi le maniche, di disegnare il prossimo imminente futuro di una città che in questi anni non è riuscita a decollare, regredendo di senso civico, imbarbarendosi di vandalismo. In cinque anni la città si è ulteriormente invecchiata, si è depauperata delle sue migliori intelligenze ed energie, si è offuscata di acume, di vivacità, di fantasia, ha perduto il senso del limite, della sobrietà, dell’armonia.

Il responso delle urne fa capire che è finito anche il tempo dell’antipolitica; emerge la voglia di partecipazione, il desiderio di potere contare nelle scelte, quanto meno quelle di interesse comune e che fanno parte del patrimonio della collettività.
La comunità manifesta voglia di essere ascoltata dai politici, indica loro di non alzare barriere, di confrontarsi, di vivere insieme la quotidianità e i cambiamenti che il trascorrere degli eventi inevitabilmente impone in tutte le società.
No more than five years si grida in democrazie più avanzate dalla nostra, quanto la gente non riesce più a contenere il suo disappunto e la sua delusione verso scelte e comportamenti politici discutibili.
Mai più cinque anni di cesure tra amministratori e amministrati, di scelte a senso unico, di illusioni e di giochi di prestigio, di litanie di parole vuote, di enunciati improbabili.
Quinci commetterebbe un grossolano errore se dovesse interpretare il consenso ottenuto come una delega in bianco, una investitura divina e con poteri assoluti, perché questa visione non appartiene ai principi e alle regole della democrazia.
Così come sbaglierebbe se dovesse sottrarsi al confronto delle idee, perché, è nel sapere misurare le proprie idee con quelle degli altri, e nel saper esercitare la virtù dell’ascolto, la dimostrazione della propria forza e della propria saggezza.
Il clima di partecipazione festosa che è venuto fuori dopo il risultato delle urne non può che avere un unico messaggio rivolto ai due antagonisti: quello di non trasformare la politica in una sorta di lotta tra bande, di fazioni, di guelfi e ghibellini; di non erigere muri divisori tra vincitori e sconfitti e di non ritenere il responso del ballottaggio come una ordalia.
È un bel giorno per Mazara e per la Sicilia
Sì, proprio un bel giorno. 
Good morning  Signor Sindaco .

venerdì 10 maggio 2019

Ballottaggio.Una scelta di cultura.



Dal via i terroni ai napoletani colerosi, dai siciliani mafiosi ai meridionali scansafatiche, sporchi, non rispettosi delle regole, parassiti, dalla Lega sono tracimati, come un fiume in piena, 25 anni di insulti. Insulti anche ai simboli nazionali, al tricolore con il quale si pulivano il culo, al cappio mostrato in parlamento segno del loro giustizialismo di facciata, proprio nel giorno in cui veniva rapito Aldo Moro. Loro che gridavano “Roma ladrona” per poi fare sparire 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Cosa è cambiato in questo quarto di secolo oltre al passaggio di consegne da Bossi a Salvini, dall’antiterronismo all’anti straniero? Il bersaglio i “ negri, i rom, gli islamici, gli indù, gli altri insomma, i diversi, gli impuri, che mettono in pericolo la  identità e i valori del popolo lombardo. Quelle identità e quei valori tramandati da inventati rituali celtici, il battesimo del Po, da quella identità longobarda , da quell’Alboino che costringe sua moglie Rosmunda a bere nel teschio del padre Cunimondo ,ucciso dallo stesso Alboino.
In questi venticinque anni si è passati dal vietato l’ingresso ai meridionali nei bar  al vietato lo sbarco agli immigrati, non importa se naufraghi o fuggitivi. La parola d’ordine  è “Porti chiusi” , ma il gene è sempre lo stesso. L’obiettivo è sempre lo straniero. Dai meridionali mafiosi e sudici, allo straniero sporco, spacciatore, stupratore per il quale occorre la castrazione chimica, ladro contro il quale è lecito, anzi è d’obbligo sparare. Lo spartito è  sempre lo stesso. Da “prima il nord” a “prima gli italiani”, per concludere in una sequenza di note sempre più alte con:  prima i napoletani, prima i calabresi, prima i siciliani, prima i sardi.  Il tutto contornato da odio e rancore.
In questa campagna elettorale per le amministrative per l’elezione del sindaco, l’anomalia è la presenza, al ballottaggio, di un candidato che ha aderito alla lega, che ne ha abbracciato il suo credo, la sua filosofia, i suoi disvalori, i suoi proclami, in forza del “prima noi”, prima i nostri figli, prima i mazaresi, in nome della sicurezza e di una non ben definita “normalità. E sempre nel nome della nostra identità messa in pericolo “dall’altro.”
Non importa se sono “gli altri” a tenere in vita la nostra economia, dalla pesca all’agricoltura, dall’edilizia alla pastorizia.   
Non importa se agli slogan “mai più giovani costretti a migrare”, gridato dei leghisti di casa nostra, siano proprio i nostri ragazzi, le nostre intelligenze più fresche e sensibili, che dal nord scrivono e  implorano a non votare Lega, a non recidere le nostre radici, a non svendere i nostri valori. Proprio loro che la Lega la conoscono meglio di noi.

Ecco perché il voto di domenica rappresenta una scelta non solo politica, ma soprattutto di cultura.

lunedì 6 maggio 2019

I traditori




Questo libro è ogni giorno più attuale, e più incisivo appare proprio in questi giorni di campagna elettorale, stante che bisogna fare l’appello ogni giorno per capire dove si trovano i Consiglieri Comunali: sono ancora nel partito dove sono stati eletti? Sono da un’altra parte? Sono dalla parte opposta? Perchè non stanno dove dovrebbero essere? La storia è lunga ed è legata alla bramosia degli uomini di vincere a tutti i costi, fregandosene di regole morali e di costume. Date uno sguardo al libro.
Così scriveva Nicola Cristaldi nel suo blog il 18 marzo 2014. Era iniziata la campagna elettorale che lo avrebbe portato a conquistare il secondo mandato di sindaco della sua città per entrare così nella storia di Mazara.
Già nel febbraio del 2009 avevo scritto, su questo blog, la cronaca dettagliata della presentazione del pamphlet di Cristaldi, I Traditori, alla quale era intervenuto anche Fini, allora vicepresidente del consiglio del governo Berlusconi.
Sono passati dieci anni da allora. Ha ragione l’ex sindaco di Mazara a dire che quell’elenco di ”traditori” va aggiornato e arricchito di nomi?Arriviamo ai nostri giorni. Dunque si va al ballottaggio secondo le nostre speranze; nessuno dei due candidati, né Quinci nè Randazzo hanno ufficializzato collegamenti o apparentamenti con altre liste. Già questo è un segnale positivo, se non fosse che, comunque, qualche transumanza inizia a vedersi, con la presenza sempre più continua di Pietro Marino nei pressi del comitato elettorale di Randazzo. Un caso? Una coincidenza? Semplice curiosità del candidato più votato nella lista dei Futuristi di Cristaldi?A sentire i bene informati, si parla di un accordo che vede il passaggio dai Futuristi alla Lega, una forma di ritorno al futuro; l’impegno di P. Marino a favore di Randazzo in questa cruciale settimana di ballottaggio, e la gratitudine, se Randazzo dovesse essere eletto, di assegnare al consigliere futurista l’ambita poltrona di assessore ai lavori pubblici.In subordine, poiché questo assessorato è ambito dallo sponsor principale di Randazzo, il gruppo di  Torrente, ecco che potrebbe essere proprio Vito Torrente, ex assessore di Giorgio Macaddino, o uno molto vicino, il designato a quella poltrona, essendo la  nomina del deputato leghista ligure Lorenzo Viviani, una designazione farlocca.Sarebbe il caso che Randazzo spiegasse ai propri concittadini del perché di questa farsa, visto che ha fatto della trasparenza il suo cavallo di battaglia.In questo caso per Pietro Marino si riaprirebbero le porte per la presidenza del consiglio comunale.Randazzo spieghi il motivo di tutte queste manfrine, questi inciuci, queste ammuine, questi ammiccamenti che lui stesso ha condannato sin dall’inizio della campagna elettorale.Si tratta o non si tratta di do ut des?Questa transumanza del futurista nel campo leghista, tuttavia, pone delle considerazioni di ordine politico. È stata una scelta personale o concordata con lo stato maggiore futurista?E qui entra in ballo l’attualità del libro di Cristaldi. È pensabile che Pietro Marino decida da solo di schierarsi apertamente  a favore di colui che è stato fino a qualche giorno fa il suo avversario? Oppure che ci sia stato un accordo verticistico tra Futuristi e Lega? E questo può avvenire all’insaputa di Cristaldi? E se quest’accordo c’è stato, su quali basi?Analizziamo il primo caso. L’impegno di Marino a favore del leghista non ha alcun senso sul piano politico, se a lui non dovesse spettare una poltrona in giunta.Secondo la ripartizione dei seggi, nel caso vincesse Randazzo, ai futuristi spetterebbe un solo seggio, quello di Marino. Se quest’ultimo dovesse trovare un posto nella giunta leghista, allora verrebbe surrogato dalla sua compagna di cordata Enza Chirco. Ma nessuno dell’entourage futurista ne trarrebbe vantaggio.Se al contrario, Marino dovesse concorrere per la presidenza del consiglio, allora la Chirco, con la quale aveva diviso i suoi voti, resterebbe fuori. Questo sarebbe un grosso problema all’interno del bacino dell’imprenditore futurista.  Vorrebbe dire che per realizzare i suoi interessi personali, Pietro Marino sarebbe pronto a sacrificare la sua compagna e rinnegare gli accordi presi durante la campagna elettorale.Per i futuristi e per Cristaldi, perdere tutta la rappresentanza in consiglio comunale sarebbe un colpo letale, dopo l’insuccesso di Calatafimi.
Una operazione del genere segnerebbe definitivamente la fine di Cristaldi e dimostrerebbe tutta la sua inconsistenza politica. All’ex sindaco resterebbe soltanto la consolazione di aggiungere alla lista di “Traditori” un nome in più.Per le implicazioni descritte in precedenza, trovo assurdo che il passaggio di Marino all’altra sponda sia stata una operazione concordata.A questo punto, il futuro dei futuristi in consiglio comunale dipenderebbe da una vittoria di Quinci, che consentirebbe al movimento di Cristaldi di essere presente, in consiglio comunale, con due seggi, quelli di P.Marino e della Chirco. E dall’opposizione, né Marino né la Chirco avrebbero più interesse di passare a una Lega sconfitta.Ecco il motivo per cui ritengo quella di Marino semplicemente una smodata ambizione personale per la quale la politica è un mezzo da utilizzare e non un fine da realizzare.Cosa da evitare a ogni costo se non si vuole aumentare la cesura con gli elettori e il disamore verso la politica.Di certo, questa settimana di ballottaggio, inizia con una vicenda torbida che qualcuno farebbe bene a chiarire. Gli sviluppi li vedremo a giorni. Cristaldi può sempre aggiornare il suo libro.


giovedì 2 maggio 2019

Apparentamenti? Niente furbate!



Passate le quarantottore, dispersi i fumi della sbornia elettorale, messe da parte le delusioni e le gioie, adesso i due candidati Quinci e Randazzo si preparano, nella dura realtà, a giocare la partita del ballottaggio ad armi pari. Almeno si spera. Da più parti, a risultati ancora freschi, si ipotizzano ipotesi di allargamento di coalizioni attraverso il famigerato gioco dei collegamenti o meglio degli apparentamenti. C’è chi guarda al M5S, chi invece ai futuristi, chi a parte di quello che è rimasto della coalizione della Corrao e di Scilla. La questione non è semplice.
 Per quanto riguarda il M5S, il più corteggiato dal candidato leghista e anche da un certo entourage vicinissimo a Quinci, una eventuale ipotesi di collegamento organico con il partito di Di Maio avrebbe un costo non indifferente, durante la ripartizione dei seggi; non fosse altro che il metodo D’Hondt privilegia, soprattutto nella distribuzione del premio di maggioranza, per il gioco dei resti maggiori, le liste che abbiano ottenuto più voti.
Inoltre, per chi si dovesse apparentare con i grillini, sarebbe costretto aa contrattare, inevitabilmente, una rimodulazione significativa del programma e della composizione della giunta, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in seno alle coalizioni arrivate al ballottaggio e  con sviluppi non facilmente controllabili. Ammesso che una cosa del genere abbia il placet dello stato maggiore pentastellato. Nutro forti dubbi in proposito, ma mai dire mai  in politica.
 Sono convinto che una eventuale richiesta verrebbe respinta al mittente.
Inoltre sorgerebbe la domanda: In base a quale criterio dovrebbe avvenire un apparentamento del genere? E chi si dovrebbe collegare con il M5S? Quinci o Randazzo? In entrambe le ipotesi, molto fantasiose, i veri vincitori risulterebbero gli sconfitti guidati da Nicola La Grutta e Sergio Tancredi. Un vero paradosso.
Il M5s sarebbe disposto a collegarsi con Randazzo? Qui la questione si fa seria. Forse gran parte del suo gruppo dirigente e una parte dei suoi elettori vedrebbe di buon occhio una tardiva alleanza, al ballottaggio, con il giovane candidato leghista, disposto a offrire ponti d’oro pur di vincere il ballottaggio.Sarebbe quel segnale di continuità politica in coerenza con quello nazionale.   Ma a una buona parte della coalizione che appoggia Randazzo risulterebbe indigesta l’alleanza con i cinquestelle, i quali ricambierebbero la stessa avversione nei confronti del maggior sponsor di Randazzo, la lista di Libera Intesa.
E per il metodo finora usato dal M5S, la percorribilità di una simile ipotesi sarebbe problematica se non impossibile.
Meno traumatica sarebbe per i pentastellati un ipotesi di collegamento con Quinci. Ciò comporterebbe tuttavia lo sfaldamento della sua stessa coalizione sia in termini di immagine sia in quello strettamente politico e che vedrebbe non solo l’Osservatorio politico, ma anche la stessa lista di Partecipazione Politica, non indifferente ad accettare una simile ipotesi. Basti considerare la eventuale composizione della giunta da presentare durante il ballottaggio o l’assegnazione della presidenza del consiglio. Sarebbe la distruzione del giocattolo appena costruito, anche se ciò potrebbe aprire nuovi scenari di alchimie politiche di cui i siciliani sono antesignani e maestri. Cui prodest? E a quale prezzo? A meno che non si ricorra a patti di desistenza fuori dai collegamenti ufficiali. Chiamasi inciucio.
Incomprensibili, d’altra parte, risulterebbero eventuali ipotesi di collegamenti con quel centrodestra uscito dalle urne polverizzato e inconsistente. Sarebbe come fare resuscitare un morto. Strada impercorribile e per niente vantaggiosa.
In entrambe le ipotesi, per chi dovesse chiedere l’apparentamento avrebbe da pagare  un fort contributo in termini di consiglieri che dovrebbero rinunciare allo scranno del consiglio comunale. Una follìa che entrambe le coalizioni arrivate al ballottaggio non accetterebbero.
Esclusa, sia da Quinci, sia da Randazzo, l’ipotesi di collegamento con qualche lista della disastrata coalizione cristaldiana.
Si va dunque verso il ballottaggio sperando che vengano abbandonate da entrambi i contendenti quelle manfrine, quegli inciuci, quelle ammuine, quegli ammiccamenti che loro stessi hanno condannato sin dall’inizio della campagna elettorale. Uno dei tanti difetti di questa legge elettorale sui sindaci è proprio la possibilità di ricorrere agli apparentamenti per danneggiare, l’avversario politico. Essi costituiscono una vera porcata, una iattura per la democrazia, servono solo a resuscitare candidati legittimamente bocciati dal responso elettorale. Si possono fare tutte le obiezioni di merito che si vogliono, anche le più nobili sul piano politico, ma il fine degli apparentamenti è esclusivamente quello di una fraudolenta rivalsa politica.
C’è da augurarsi che né Quinci, né Randazzo, coerenti ai loro programmi, accettino di apparentarsi con gli sconfitti, lasciando che siano gli elettori a decidere da chi farsi amministrare.


lunedì 29 aprile 2019

Salvatore Quinci e Giorgio Randazzo al ballottaggio



Come era prevedibile saranno Salvatore Quinci e Giorgio Randazzo a sfidarsi al ballottaggio.
La prima osservazione è la scarsa affluenza alle urne. Appena il 65%, di contro l’astensione risulta di 5 punti percentuali più alta rispetto al primo turno del 2014. Il risultato è netto, i numeri si commentano da soli. Una forbice di oltre 10 punti separa Salvatore Quinci dal suo contendente Giorgio Randazzo; si assiste all’ennesima delusione del M5S che conferma la sua incapacità di incidere sulla politica locale; ai limiti dell’inconsistenza il centro destra con F.I e UDC ridotti ad una armata Brancaleone.
Debacle su tutti i fronti e senza attenuanti per Cristaldi e il suo fantomatico movimento Futuristi, e non solo a Mazara. Sfumata soprattutto la sua elezione a Calatafimi Segesta. Il risultato parla chiaro: è definitivamente tramontata l’era Cristaldi a Mazara. La conferma che in queste elezioni l’ex sindaco ha sbagliato tutte le mosse a partire dalla candidata chiamata a succedergli.
 Gli elettori hanno deciso, nel segreto delle urne, che a contendersi per la conquista della poltrona di primo cittadino di Mazara del vallo, saranno coloro i quali hanno messo in luce due programmi completamente antitetici e due modi di relazionarsi con gli elettori altrettanto divergenti sul piano dell’immagine e dell’uso lessicale.
 Da una parte Salvatore Quinci con il suo linguaggio rivoluzionario tipico dei millenials, ma soprattutto il modo spiazzante di condurre la campagna elettorale rifuggendo dalle provocazioni degli avversari, non facendosi trascinare nell’arena della corrida. 
La sobrietà e la pacatezza della parola, un modo sicuramente convincente di infondere fiducia negli elettori, frastornati dalla canea delle grida, sono state le carte vincenti che hanno consentito a Quinci e alla sua coalizione di raggiungere l’obiettivo del ballottaggio con un larghissimo margine di vantaggio sull’avversario.
 A fronteggiarlo sarà il giovane neo convertito leghista Giorgio Randazzo, con  la  sua veemenza della parola gridata e  vuota di contenuti, il timbro dalle note alte, l’arte oratoria tipica di una certa cultura di destra conservatrice  e qualunquista, un programma evanescente e  generico in cui la parola normalità perde di ogni significato se  non viene  corroborata da proposte politiche.
È stata soprattutto la sconfitta di Salvini; segno che quella marea di folla era solo curiosità e che la tradizione e la cultura secolare della collettività non è compatibile con le posizioni irricevibili del capo della Lega. 
Di questo dovrebbero riflettere i neo leghisti nostrani a partire dal giovane e ambizioso candidato di Salvini Giorgio Randazzo.
Randazzo dovrebbe spiegare alla sua collettività come concilia l’opera meritoria della tradizione marinara mazarese, la cui prima regola è quella che in mare non vi sono migranti ma persone e come tali bisogna salvarli: Ariete, Monastir, Twenty Two, Ghibli e Giulia P.G.,  Ofelia I, Gambero, Sicula Primo, Regina, questi i nomi dei pescherecci mazaresi che al comando dei loro capitani, costoro sì  veri capitani, hanno salvato, sfidando intemperie e condizioni del mare proibitive, oltre mille naufraghi, con la chiusura dei porti ?
 Quella contestazione a Salvini non è stata, dunque, un segno di intolleranza ma la vera risposta della collettività alle disumane posizioni del capo della Lega nei confronti del problema migranti. Ecco perché in questa città non ci sarà mai posto per le posizioni della Lega.
Tra quindici giorni il ballottaggio.

domenica 7 aprile 2019

Quando va in onda il linguaggio da caverna.




Premetto che non ho alcun pregiudizio sulla qualità dell'informazione fatta dalle emittenti televisive locali, soprattutto durante ogni inizio di campagna elettorale. Anzi, le considero benemerite per il servizio di informazione che dovrebbero dare sulla politica locale e sulle sue dinamiche, di solito del tutto trascurate dai grandi media dell’informazione, sia nazionali sia regionali. Ben vengano dunque, purché il servizio che offrono si mantenga rispettoso e avvenga con regole chiare, trasparenti, tali da informare l’utente sul prodotto che in quel momento gli si sta proponendo.
Bisogna,però, che lo spettatore sia messo nelle condizioni di essere informato se una trasmissione è autogestita da chi ha interessi a mandare certi messaggi, o se si tratta di servizi d’inchiesta giornalistica o di interviste che abbiano carattere informativo generale e che rispettino tutte le regole della corretta informazione, in cui vi sia la possibilità di un contraddittorio. La democrazia impone tali regole.
Premetto che allo stesso modo non ho preclusione alcuna contro chiunque possa essere coinvolto in indagini. Non è mia abitudine rincorrere il giudizio della piazza, né tanto meno i processi mediatici, soprattutto sui social. Nessuno può arrogarsi il diritto di sostituirsi alla magistratura.
Tuttavia, alla luce degli ultimi eventi avvenuti in città, che considero di scarso rilievo in se stessi, quando l’opportunità e le esigenze politiche richiedano l’esclusione di un candidato o di un’intera lista a partecipare alle elezioni amministrative, il comportamento di alcune piccole emittenti private non sembra sia stato in linea con i principi elementari dell’informazione.
Intanto bisogna far rilevare l’omissione di quell’emittente nel non informare della natura dello spazio messo a disposizione di quel candidato e della sua lista esclusi dalla competizione elettorale. Si trattava di un messaggio autogestito o di una normale trasmissione di informazione? La mancanza della dicitura “spazio autogestito” vuol fare passare forse per informazione politica quello che invece non è?  E quel monologo così inquietante, nei modi e nel linguaggio, così ripetitivo e urticante, acrimonioso e insolente, cosa ha a che vedere con l’informazione politica? E cosa ha a che vedere con l’informazione politica quel delirio di onnipotenza, quell’ostentare di un ego smisurato, quella autocelebrazione di una narrazione a senso unico che non sta in terra né in cielo sotto il profilo della razionalità e su quella della tangibilità dei fatti?
Qual è il senso di fare assistere ad una improvvisazione da commedia dell’arte, funzionale ad un personale soddisfacimento della propria vanità ?
Come giustificare che uno” sfogo”, è la stessa emittente a definirlo sulla sua pagina FB, di tale natura, possa essere trasmesso con quei contenuti?
 Con quel   linguaggio che raggiunge livelli di improntitudine tali da fuoriuscire dalle regole del rispetto e della tolleranza per incanalarsi su un frasario smodato senza che qualcuno metta un freno alla deriva lessicale?
Costituisce uno spettacolo deprimente e indecoroso dovere ascoltare interventi privi di estetica lessicale, disarticolati e illogici.  Ancor più che nel far uso della parola, tutto ciò che è esteticamente inappropriato lo è anche eticamente.
E quel che è stato trasmesso, a parer mio, lo è.


martedì 2 aprile 2019

L’ira di Cristaldi




Annunciato ventiquattro ore prima con la tradizionale macchina con megafono, il comizio di Cristaldi apre ufficialmente la campagna elettorale di queste amministrative che devono eleggere il primo cittadino. L’invito alla gente è alla vecchia maniera. Chiama il suo popolo il sindaco dimissionario, e come dieci anni fa prepara la piazza in salotto. Il grande palco con uno striscione 1 x 2,5 m con il nome della candidata sindaca Mariella Martinciglio scelta a suo successore. A seguire le liste a sostegno, capeggiate da quella dei Futuristi. La solita musichetta che precede il comizio. Dieci anni di note ripetute fino alla noi, come a volere ricordare le due precedenti elezioni che lo hanno incoronato trionfalmente sindaco della sua città. Il presente che si riverbera nel passato. Solo un auspicio, perché tante cose sono cambiate da allora.
Duecento sedie posizionate a settori che attorniano il palco con dietro l’Arco Normanno, simbolo della città, decadente nella struttura e umiliato ancor più dai contenitori di spazzatura che nessuno ha avuto il buon gusto di rimuovere. Ci vuole molta fantasia a parlare di turismo e di decoro dinanzi a tanta monnezza che offende la cultura e la storia  di questa città.
Dal palco, con le spalle rivolte all’antico castello, lo sguardo alla piazza, si fa finta di non vedere. O non si vuole vedere.
Le sedie sono tutte occupate, in prima fila ciò che è rimasto dei fedelissimi, tra di loro qualche neo acquisto in compagnia della candidata sindaca. La famiglia e i parenti al completo. Il salotto è affollato. Qualche centinaio di persone in piedi, a far da cornice. Tantissimi curiosi e osservatori.
Si inizia con i saluti convenzionali da parte della portavoce la quale ripete quanto detto durante la precedente ufficializzazione del movimento I Futuristi qualche mese fa. L’elogio del principe e delle sue magnificenze, la rivoluzione cristaldiana che ha trasformato una città, dieci anni fa ridotta a borgo di provincia, in una grande capitale dell’arte e della cultura.

Altro intervento del responsabile politico dello stesso movimento, naturalmente altro incantamento e lodi all’azione amministrativa.
Si cede il palco alla candidata sindaca, avv. Martinciglio. Anche per lei un paio di minuti di visibilità. Il tempo di sperticare elogi al suo mentore. Niente più. Una comparsata insomma, proprio lei, donna di teatro, abituata al ruolo di protagonista principale e di regista. Ma oggi l’intera scena non le appartiene. Ubi maior minor cessat.
Sale sul palco Cristaldi, tra calorosi applausi e qualche leggera ovazione. Il tempo di svolgere il rituale che consiste nell’abbraccio a colei che egli ha scelto come suo successore,e subito congedarla. Rimane solo, padrone assoluto del proscenio. Ricorda la sua storia, le sue fortune, i suoi sogni alcuni avverati altri no. Il solito approccio come cinque anni fa, come dieci anni fa. La sua storia politica, a suo modo di vedere, straordinaria, i suoi successi, i traguardi raggiunti, la notorietà, il prestigio acquisito sul piano nazionale e internazionale, le cose realizzate nella sua lunga vita parlamentare e da bravo affabulatore calamita gli applausi dei suoi fans. Perchè di tifo si tratta.
Segue la lunga elencazione delle sue amministrazioni, dal risanamento del lungomare alla rivitalizzazione del centro storico, dal recupero di chiese e palazzi, teatri e periferie al rilancio della cultura in una città prima di lui addormentata e abbandonata. E così l’arredo urbano con motivi artistici, proseguendo con il Civic Center, la spiaggia in città, il complesso monumentale “Corridoni” e soprattutto il turismo, prima di lui inesistente.

L’eloquio è fino a questo punto sobrio, per certi versi elegante, rispettoso delle forme e con qualche ironia che in politica non può mancare. Ma si vede che la tensione è palpabile. Il tono di voce appare di timbro mutevole, alterato, quanto accenna alla campagna elettorale in corso, fino a diventare stizzito quanto entra nelle recenti vicende che hanno visto l’equipaggio della sua nave prima ammutinarsi e poi abbandonarla al suo destino. Lo sdegno di essere stato tradito è palpabile nella narrazione che porge agli spettatori, quasi a volerli pascere con la sua rabbia, che riversa su coloro che per dieci anni hanno collaborato con lui condividendone scelte e successi; per poi abbandonarlo, trasferendo armi e bagagli in altri lidi che potessero soddisfare le loro ambizioni.
Piovono parole dure come pietre nei confronti dei suoi ex collaboratori; non più stilettate in punta di fioretto, ma fendenti di mannaia. Non entra nel personale, ma li deride e li distrugge sul piano delle capacità. Li umilia dinanzi ai suoi fan assetati di vendetta. Mostra alla folla il marchio dell’inidoneità; nessuno di loro è dotato di quelle qualità essenziali per poter e fare il sindaco di Mazara.
 “Questa gente l’ho conosciuta per dieci anni. Nessuno di loro ha la statura per coprire certe ruoli. Nessuno di loro è idoneo a essere candidato sindaco di Mazara del vallo. Nessuno dei miei assessori, compreso il presidente del consiglio comunale è uno scienziato”.
 Eppure, a ben riflettere, i così detti” successi “della sua amministrazione sono stati tali grazie alla sinergia e alla corresponsabilità di squadra. O no?
S’incattivisce quando prefigura scenari poco chiari, alleanze tra il sacro e il profano, interessi oscuri e strategie finalizzate a distruggere, non solo politicamente, anche fisicamente” la sua persona, con lo scopo di fare ricadere Mazara nel buio.
Poi con un coup de théâtre, come a volere mettere in secondo piano l’acredine avverso ai suoi ex collaboratori, l’ex presidente dell’assemblea della regione Sicilia annuncia, con enfasi, che ha proceduto a “proporre i primi due assessori che faranno parte della giunta della sindaca Martinciglio. La sorella Angela Cristaldi e l’imprenditore egiziano Fouad Hassoun, al quale sarà data la delega al turismo con il compito di lanciare Mazara tra gli itinerari turistici internazionali e farne la piccola grande città degli eventi”. 
Ancora un Fouad nel progetto politico di Cristaldi. 
Ma ancora la rabbia non si è sopita. Avrebbe voluto continuare la sua opera amministrativa, “perché non consentire a Cristaldi il terzo mandato, così come vuole il popolo, come impone la democrazia? Ma la legge non lo permette.”
 Si percepisce la sua rabbia contro una legge che non rispetta la volontà popolare, e ancor di più la resistenza a dovere lasciare la poltrona di primo cittadino, anche se fuori dalle mura forse ce n’è un’altra che attende di essere occupata.
La conclusione richiama ai soliti scenari torbidi, mescolanza di mondi apparentemente antitetici, dal mondo cattolico alla massoneria, tra persone per bene e delinquenti.
Come dire, dopo di me e senza di me il diluvio, l’oscurantismo.
 Appare stanco il vecchio leone, lo ammette lui stesso,” sono invecchiato negli anni e nel fisico, la mia gola non è più quella di una volta” pur rimanendo lucido nella mente.
Se ne va in pensione, forse a soggiornare in altri lidi, il vecchio leone.
Ma al suo posto non vi è nessuna leonessa che ne possa raccogliere l’eredità.









domenica 24 marzo 2019

Non siamo più mediterranei

Giacomo Cuttone. Isola non è arrivo

Una metafora molto profonda cita: "se una zolla viene portata via da un onda la terra diminuisce". La terra, difatti, con una zolla in meno non cambia nella sua "sostanza", ma zolla dopo zolla? Allo stesso modo il processo di deflazione attraverso cui il vento completa la sua opera di erosione e di modellamento delle rocce più tenere. 
Così un processo di disumanizzazione lento, continuo, corrosivo dei diritti della persona, migrante o carcerato, in cui lo stato mostra la sua faccia crudele di carceriere e di angelo vendicatore e non di portatore di giustizia umana, veicola inesorabilmente la società ai margini di un buco nero con il rischio di precipitarvi dentro e vedere fagocitati secoli di conquiste civili.
Queste nicchie di disfacimento di umanizzazione investono settori sempre più ampi della società, al punto da generare vere e proprie involuzioni sul piano dei diritti e su quello dei valori fondanti sanciti dalla dichiarazione universale del 1948, rescindendo solidi legame con l’umanità.
Se il processo di erosione del vento avviene più facilmente sulle rocce tenere, l’azione di disumanizzazione si rivela più incisiva laddove il livello culturale e sociale spesso non ha radici profonde e dove la percezione del malessere viene amplificata da una narrazione, che si incunea, con efficacia, dove il disagio sociale ne costituisce il brodo di coltura.
La narrazione xenofoba, quella del “prima gli italiani” ha cambiato il paradigma del “paese accogliente”, innalzando muri di pregiudizio e abbattendo ponti di solidarietà. Deve fare riflettere e allarmare che, persino nella nostra isola, simbolo dei porti aperti, il tarlo del respingimento si alligni, sempre più, anche tra le classi sociali meno abbienti, a tal punto da erigere, nel mediterraneo, muri di fregate e di corvette militari, dissolvendone l’identità mediterranea.
Quell’identità mediterranea, connaturata negli abitanti delle isole, che fa loro accettare e accogliere i nuovi arrivi, a costo di disattendere disposizioni e decreti considerati inumani. Sono gli stessi isolani a ricordarci che, anche loro, sono arrivati sull’isola venuti da un altro luogo.
È contro questo sentimento identitario che il racconto, attraverso la propaganda politica, inonda di messaggi inneggianti alla paura, all’insicurezza, al pericolo della perdita dei propri valori, facendo del mediterraneo il baluardo difensivo della civiltà occidentale.
Ma il mediterraneo non è una entità geografica di cui difendere i confini.
“Il mediterraneo non è un mare come gli altri, è diverso, non è solo geografia. I suoi confini non sono definiti né nello spazio né nel tempo”, scrive Pedrag Matvejevic. “Essi sono irriducibili alla sovranità o alla storia, non sono né statali né nazionali Lungo le coste di questo mare sono giunti i profeti e le religioni. Sul mediterraneo è stata concepita l’Europa.Qui popoli e etnie per secoli hanno continuato a mescolarsi, fondersi e contrapporsi.”
In questo mare si è cementata nei secoli la solidarietà senza distinzione di colore della pelle, di religione e di appartenenza geografica.In queste acque il principio di sacralità della vita non è soggetto alle convenienze politiche, né obbedisce agli ordini che la pregiudichino e la mettano in pericolo.
Secondo questo principio secolare, in mare non vi sono migranti ma naviganti.I recenti eventi delle navi ong Sea Watch e Mare Jonio, quest’ultima sotto il comando del capitano mazarese Pietro Marrone hanno fatto emergere fino a quale punto l'interesse politico umilia ogni principio di solidarietà sancito dalle leggi del mare.
Chi si candida al governo di questa città, deve farsi carico di questo sentimento di mediterraneità e non può, per convenienza politica, tradirne la storia e umiliarne i sentimenti, abbracciando l’inconsistente retorica della difesa dei confini e della sicurezza nazionale. Altrimenti si perde la nostra mediterraneità.

venerdì 15 marzo 2019

La strana politica di casa nostra.C'è poco da stare allegri.




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Ormai gli annunci politici si fanno sui social. Così come la rete è diventata la grande fonte in cui tutto si puote ciò che si vuole, secondo una narrazione che ha perduto ogni contatto con il buon gusto. Vale in campo nazionale, vedi il caso della deputata del M5S Giulia Sarti, vale anche nella politica locale, a casa nostra per intenderci. Il fine è infangare il personaggio, coprirlo di melma, destabilizzarne l’immagine.
Capita così, anche da noi, che un candidato sindaco, con un background culturale politicamente involuto, consideri la professione dell’avversario politico un motivo di accusa, di subdola istigazione al disprezzo, un argomento su cui incentrare parte della propria campagna elettorale e che possa bilanciare la fumosità delle proprie proposte politiche. Non solo sui social, anche nei pubblici interventi non si hanno remore a fare uso della cattiva narrazione, frutto di una commistione tra pubblico e privato, tra politica e professione.
La politica spesso raggiunge livelli lessicali insopportabili e toni sprezzanti a causa dell’assenza dei partiti, che costituivano l'humus formativo. Una volta si discuteva nelle sedi appropriate. E gli interventi erano ponderati, non mancavano i giusti richiami per una frase eccessiva o per una parola fuori dal contesto di quelle che erano le regole non scritte, di buon senso. Già, una volta si discuteva. Quando c’erano i partiti. E in quegli ambienti ci si temprava, anche negli atteggiamenti, nel porgersi dialetticamente con l’altro, alleato o avversario che fosse. Il rispetto dei singoli ruoli.
In questo inizio di campagna elettorale serpeggia la doppiezza dell’espressione finalizzata a distorcere volutamente l’immagine dell’avversario, dipingendolo come un Octopus dai lunghi tentacoli dalla cui stretta non ci si può liberare. E questa sala virtuale o fisica, colma di ombre, pare evocare personaggi Orwelliani .
Chi controlla il passato controlla il futuro.
Chi controlla il presente controlla il passato.
È allora che percepisci lo scandire dei due minuti di odio contro Goldstein, il nemico politico.
Te ne accorgi dagli applausi, non intensi, ma presenti.


lunedì 11 marzo 2019

Il nuovo linguaggio della politica. Così Salvatore Quinci rivoluziona i vecchi schemi lessicali.



La musica dei Queen irrompe sui presenti con le parole di “ Don’t Stop Me Now”,i sottotitoli in italiano, la voce e la imponente figura di Freddy Mercury con il braccio destro alzato e il pugno chiuso:

non fermatemi ora, non fermatemi
Perché mi sto divertendo, mi sto divertendo

aprono il secondo incontro del candidato sindaco Salvatore Quinci con la sua gente che gremisce all’inverosimile le due sale del cinema Grillo. Una proposta alla sua città. Si parla di giovani, di nuovi lavori, del futuro assai prossimo, anzi presente, della velocità di trasformazione e delle nuove opportunità che bisogna sapere cogliere solo se si è in sintonia con il mondo ormai dominante e ineludibile della digitalizzazione. Il punto è che il pensiero è più lento dell’evolversi degli eventi, e se non sei attrezzato a coglierne i mutamenti si rimane tagliati fuori.
Appena ventiquattrore prima il mio nipotino, con una faccia seria e con piena convinzione mi aveva chiesto:
-”da grande voglio costruire la porta Spazio-tempo. Mi piacerebbe attraversarla per visitare gli altri mondi che non conosco.-
- Studia-risposi- vedrai che ci riuscirai.
Ecco come attraverso la fantasia di un bambino, ti trovi inconsapevolmente a girovagare, come un intruso, nel mondo della Teoria della relatività e in quello quantistico.
Forse la mia generazione è intrusa, ma i giovani di oggi sono attori protagonisti del mondo digitale. Guai a sentirsi estranei.
È il messaggio che Salvatore Quinci e i suoi collaboratori della generazione X vogliono dare ai giovani millenials. Mentre i toni, in altre parti, in questo inizio di campagna elettorale, riverberano un lessico stantìo, desueto, cloroformizzato, in questa sala la rivoluzione del linguaggio, la neo lingua digitale è ormai di uso comune.
Start up, stampa 3D, rete 5G, Digital trasformation, cloud computing, A.R (realtà aumentata), ecosistemi in connessione. Un secolo e mezzo fa Jules Verne scriveva Dalla Terra alla Luna; un secolo fa, Max Plank, introducendo il concetto di quanto dava inizio alla Meccanica  quantistica, dalla quale sarebbe nato tutto il sistema digitale.
A tutto ciò la politica è rimasta distratta fino a oggi, ancorata a categorie schematiche incapaci di aprirsi all’innovazione e all’evoluzione sociale. La stessa negligenza responsabile di non aver saputo adeguarsi al cambiamento, ai nuovi bisogni, costringendo le nuove generazioni a un esodo forzato per potere avere un futuro adeguato alle loro aspettative.
Le testimonianze chiamate sul palcoscenico costituiscono un atto di accusa verso un modo di fare politica avulso da ogni realtà. Quella politica goffa di provincialismo che, nascondendosi dentro il proprio guscio, ha condannato le generazioni di oggi a essere dei paria del futuro.
Ecco allora chiamati a testimoniare i giovani della generazione Y come Martina Ferracane, fondatrice di Fab Lab western sicily, che ha come missione quella di educare i ragazzi, sin dalle elementari, alla digitalizzazione; , esperti di politiche giovanili come Renato Briante; Gaetano Giunta, fisico teorico, della Fondazione Comunità di Messina, che parla di microcredito solidale come volano di sviluppo e di promozione umana e ricchezza condivisa;Gianni Di Matteo,architetto designer, presidente dell’ADI, collaboratore di Farm Cultural Park di Favara," quel che si fa negli altri paesi si può fare anche a Mazara";  il suo motto, Niente è impossibile”. E ancora tra gli intervenuti Rosario Savarese e l’invito alle associazioni a creare sistema e a collaborare con gli enti locali.
Un incontro politico atipico, lontano dagli schemi cui si è abituati, in cui i rappresentanti delle varie liste civiche a sostegno di Quinci hanno, nel proscenio, un ruolo formale, di contorno rispetto alla novità del messaggio e al nuovo linguaggio.
Quello che porta avanti Salvatore Quinci è indubbiamente un forte segnale di cambiamento di come dovrà esprimersi la politica, in particolare con lo sguardo rivolto al futuro di cui non ci si è accorti che è arrivato da tempo.


lunedì 4 marzo 2019

Una sindaca casalinga





Così si definisce nella sua prima intervista la neo candidata sindaca del centrodestra Benedetta Corrao.

Alea iacta est. Con la designazione della prof.ssa Benedetta Corrao quale candidata sindaca della ridotta coalizione di centro destra mazarese, si chiudono le toto candidature e s’incomincia a tratteggiare uno scenario politico più chiaro in termini di rapporti di forza.
Dopo la lacerante scissione di quella che doveva essere la panzerarmee di Scilla e di Torrente, ,ormai ridotta a due compagnie male armate ,che per una serie di veti reciprochi ha portato all’autodissolvimento dell’alleanza e forse anche alla insignificanza politica, quella che inizialmente era una proposta di candidatura di ripiego ha finalmente avuto ,nella compagine di Scilla, il suo crisma di ufficialità.
Avevo invitato il centro destra, in uno dei post precedenti, a scegliere una candidata sindaca che l’aiutasse a uscire dal cul de sac in cui si era pervicacemente ficcato, non mancando in quell’area figure meritevoli e di esperienza. Ciò non è stato possibile attraverso una scelta unitaria per cui si è dovuti arrivare alla separazione consensuale, ma sarà anche una sorta di “guerra dei Roses”, tra le diverse anime del composito schieramento.
Avere puntato su una donna non può non far piacere, anche se questa volta il responsabile di Forza Italia, Tony Scilla, non aveva alternative a disposizione.
La scelta fatta dalla mini coalizione di centro destra non dà a essa quel rilievo politico che meriterebbe una candidatura femminile; altra cosa sarebbe stata una designazione fatta da una coalizione forte e coesa.
Chi è Benedetta Corrao? Insegnante di materie giuridiche, è stata assessore di una delle tante giunte dell’allora sindaco Giorgio Macaddino.
Non certamente una personalità di rilievo del panorama politico locale.
“Sarò una sindaca casalinga”, esordisce con qualche comprensibile disagio, durante la sua prima intervista a un network locale. “Mi ritengo una figlia, una mamma, una insegnante, una persona” come a volere mettere le mani avanti, come dire, non aspettatevi da me grandi proclami e mirabolanti proposte. Una sindaca casalinga con due passioni, quella della scuola, le piace il suo lavoro di insegnante, e quella della politica, essendosi interessata da giovane a quel che succedeva negli anni novanta con tangentopoli e mani pulite e le successive evoluzioni politiche. Credenziali comunque non esaltanti per chi si appresta ad affrontare una competizione  che non sarà sicuramente in punta di fioretto.
Sul significato della sua candidatura dichiara con molta ingenuità:
” La mia candidatura ha una marcia in più rispetto alle altre perché è in collegamento con il governo regionale. È necessario avere un filo diretto con la Regione per intercettare finanziamenti, per potere risolvere qualche problema della città, o portare qualche legge particolare per il turismo”
Un esordio non certamente di spessore politico.
Viene in mente un altro candidato che ebbe a dire:” Con tutta la mia storia politica, ho incontrato Re, Regine, Capi di Stato, quando mi presento io le porte si spalancano.”
E ancora, lo rimarca con forza, la sua peculiarità, rispetto ai suoi avversari, sarà quello di dare “umanità” alla politica tanto da affermare con convinzione:
“ L’umanità deve essere parte attiva della politica. Un cittadino può avere le buche nelle strade, ma non gli si può negare un caffè, un sorriso, l’umanità”.
Parole da sindaca casalinga.
Che dire: Auguri e in bocca al lupo.