Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

giovedì 19 luglio 2012

Il Vescovo Domenico Mogavero lascia la diocesi di Mazara del Vallo?



La notizia è di quelle destinate a promuovere dibattiti e chissà anche clamori. Se confermata,ma fonti vicine alla Curia Mazarese la danno per certa,questione di qualche settimana o addirittura di giorni e ne sarà dato l’annuncio ufficiale, il trasferimento del vescovo Domenico Mogavero dalla sua diocesi all’arcidiocesi di Monreale farà discutere.
Domenico Mogavero non è un vescovo qualunque, rappresenta la punta di lancia della Conferenza episcopale italiana,con le sue chiare prese di posizione contro un certo tipo di potere,soprattutto contro quella commistione tra vita pubblica e privata disinvolta,licenziosa, incurante del ruolo rappresentato Il suo obbiettivo non era soltanto l’ex premier Silvio Berlusconi, ma il berlusconismo con tutti gli eccessi che da esso promanavano. Uomo di grande cultura e di concrete iniziative,indisponibile ad accomodamenti,sempre in prima fila come pastore della sua chiesa,punto di riferimento dei fedeli della sua diocesi,vicino alla gente nei momenti del bisogno, Mogavero ha rappresentato, facendosene carico in prima persona, il sentimento della gente comune, la loro voce,espressa con fermezza e con chiarezza,senza bizantinismi e accomodamenti, ma non è stato un fustigatore di costumi. Ha detto,con l’onestà intellettuale che gli va riconosciuta,pane al pane,vino al vino, anche contro un certo modo di fare politica della Curia Romana,più attenta al potere,per ricevere privilegi, che al suo gregge .Non si può dire che Domenico Mogavero fosse simpatico ai politici, anzi, ma per giornalisti tutto ciò che diceva era una notizia da pubblicare. E’ stato anche accusato dai suoi detrattori di eccessivo apparire,di feeling con i mass-media,ma la sua voce di pastore non è mai mancata nei momenti di bisogno, sempre accanto a chi avesse bisogno di un conforto e di una vicinanza spirituale e umana; lo è stato con i clandestini, ha chiesto per loro condizioni più umane che  ne rispettassero dignità;è stato a fianco delle vittime del mare, e ,con grande affetto,ai familiari dei marinai sequestrati e tenuti prigionieri dai libici. Nella diocesi di Monreale prenderà il posto del vescovo Salvatore Di Cristina.
Mogavero rappresenta quelle poche voci dissenzienti dell’episcopato ancorate a forti valori di fondo e non inclini ad una doppia morale, una voce scomoda e non asservita,capace di frustare il potere,di metterne a nudo vizi e responsabilità,sempre consapevole di parlare da pastore e soprattutto di esercitare il suo diritto di cittadino. La sua è una voce non più isolata e sempre più meritevole di attenzione.
Il vescovo di Mazara rappresenta degnamente quella Chiesa che dinanzi alle prevaricazioni del potere ha preferito non tacere, e non ha taciuto neanche dinanzi alla mafia,basta ricordare l’appello fatto a Matteo Messina Denaro perché si costituisse: “Matteo Messina Denaro è un nostro diocesano,si costituisca, saprà come fare".
L’ultimo incarico avuto dalla Segreteria di Stato del vaticano è quello di Visitatore Apostolico con funzioni ispettive presso la diocesi di Trapani; a seguito della sua relazione,la Santa Sede ha destituito il vescovo mons.Francesco Miccichè. Non è trascorso neanche un mese ,ed ecco che arriva,come un  fulmine a ciel sereno,il trasferimento di Mogavero a Monreale. A questo punto sorge una domanda, perché questo improvviso e imprevisto trasferimento del vescovo di Mazara? Normale routine o perché  è un vescovo scomodo? Tra i nomi che circolano per sostituirlo si fa quello del vescovo ausiliaro di Palermo Carmelo Cuttitta, più giovane di Mogavero.
Comunque finirà,Mazara perde una voce possente e autorevole, una grande guida spirituale e civile.

sabato 14 luglio 2012

Toponomastica:Ci sono o ci fanno ?




A questo punto,dopo i numerosi rilievi evidenziati su un uso della toponomastica abbastanza disinvolto e a tratti anche irriverente, mi chiedo se i signori componenti della commissione responsabile della titolazione viaria intendano correre ai ripari e rimediare su alcune leggerezze che non sono pertinenti con un corretto uso della nomastica . L’ultima,- ma sarà proprio l’ultima?- riguarda la straordinaria licenza che si è data questa solerte commissione a desantificare,come se in ciò ci fosse una mente sopraffina a far da regia,tutto ciò che appartiene ai canoni ecclesiali. Avevo denunciato l’uso improprio,sintomo di una vera mancanza di cultura,dell’appellativo di monsignore, al posto di Vescovo. Il risultato è stato un calderone di vie di monsignori, indistinguibili dai vescovi di questa città. L’ultima ciliegina l’ho trovata in una traversa del Lungomare S.Vito ( secondo la neo cultura dovrebbe essere Lungomare Vito) : il solito tris di mattonelle con sopra pennellato Via Crescenza e Modesto. Riesce difficile anche tentare di compenetrarmi nella fulgida mente dalla quale è scaturita questa perla di titolazione, in riferimento ai santi Crescenza e Modesto, rispettivamente  nutrice e precettore di S.Vito,patrono della città che gli diede i natali. Non si comprende la loro desantificazione nella toponomastica. In questa città c’è chi santifica e desantifica a suo arbitrio, incurante dei canoni, della storia e del rispetto che ad essa si deve .

giovedì 12 luglio 2012

Largo consenso di critica e di pubblico alla presentazione di –Ómini –



 Mazara:Chiesa di S.Ignazio. ( Le foto sono di Angelo Pitrone)

E’ stata una sfida tra la cultura da una parte e il caldo africano di Minosse dall’altra, quella che si è svolta sabato pomeriggio nel suggestivo scenario della Chiesa barocca di S.Ignazio, adiacente al Collegio dei Gesuiti di Mazara del Vallo. Nonostante l’insopportabile afa,un pubblico attento e numeroso ha fatto da cornice alla presentazione del libro di Nino De Vita –Ómini –promossa dall’Istituto Euro Arabo di Mazara,al quale va il merito di valorizzare la cultura siciliana legata alle tradizioni e alla memoria. E proprio della conservazione della memoria attraverso un dialetto straordinariamente unico, quello che una volta si parlava nelle nostre contrade prima che venisse contaminato dai mass media,è il tema del libro di De Vita. Il dialetto,per l’autore è una vera e propria lingua,è il cutusìano che si parlava nella contrada di Cutusìa,nel marsalese, dove è nato e cresciuto il poeta, fatto di suoni, di note greche,arabe,francesi,spagnole, e che rispecchia in modo paradigmatico la storia della Sicilia.
-Ómini- è un libro di ricordi,un diario, uno spaccato di vita dell’autore, scritto attraverso una prosa fatta di versi,alla stessa stregua dei grandi poemi della letteratura universale dall’Odissea alla Gerusalemme Liberata. E’ un poema di esperienze,di ritratti, di incontri, di personaggi anonimi e noti,un caleidoscopio di figure che vanno da Sciascia a Bufalino, da Consolo a Sellerio e a Buttitta, ma anche di personaggi anonimi, come lo sconosciuto marsalese di Ballarò, il cui racconto è una metafora della mafia,una vera lezione che descrive la mentalità mafiosa in modo più efficace di decine di conferenze sullo stesso tema.

“ Un omu avia scinnutu;
un sissantinu,àvutu,
sfrazzusu,cu ‘a mascagna.
Eu arristai a taliari
‘u spurteddu spunnatu.
“ E’ sua?” spiau, “ E’ mia” cci rissi. “ Mia “
“Nni sugnu  rispiaciutu”
Iddu rissi. “ Ri  sòlitu
‘u postu, cca, è vacanti “.



L’opera di De Vita è stata presentata e illustrata da Antonino Cusumano e da Salvatore Ferlita,critico letterario,autore di numerosi saggi e collaboratore del quotidiano “ La Repubblica”. 
Attraverso il ricorso alla parola parlata, certe sfaccettature possono rendere comprensibile lo stato d’animo di una persona,le sue pulsioni, i sentimenti e i gesti, e ciò Nino De Vita lo rende ancora più efficace attraverso un uso acribico del –suo- dialetto ,che fu dei suoi genitori e dei suoi nonni.
Come nel racconto della premiazione di Sciascia ( familiarmente Nanà)il quale, saputo che sarebbe stato presente alla premiazione l’on.Lima,fece di tutto per non incontrare il plenipotenziario di Andreotti in Sicilia,rinunciando quella sera a ritirare il premio.

“ Amuninni” nni rici
“ emu,niscemu”.
Runa
‘a manu a Bufalinu,
a ‘nnavutru,e aisamu
‘u passu.
Nna dd’istanti,
pantàsima nna luci
ru celu ch’u tunnia,
spunta ra porta Lima,
chi s’adduna ri Sciascia,
‘u rricanusci,mitti una calata,
fa una musiuni,comu
p’allungaricci ‘a manu;
Nanà s’annacquaria, si spizzinia
pagghiri a mmia e, cu ‘a fittula,
stricuniannu nni Lima
- ricu stricannu ‘a panza:
bbunaca cu bbunaca,
bbuttuna cu bbuttuna –
nfila dda largasia
ppi nesciri.
…..
Trasemu,nn’assittamu,
nna màchina,e nni pisca
currennu Dumitilla. “ Chi successi “
rici “ Nanà,rimmillu,
avanti, chi successi…”
“ Nenti “ rici Nanà
“ nenti…”   cu ‘n filiceddu
rì coccanu.

Ascoltare timbri e suoni dalla voce dello stesso autore ha deliziato il folto pubblico che non ha mancato di fare sentire il suo apprezzamento convinto ed entusiastico.
Una serata di fresca cultura che ha ripagato il pubblico dall’afa .Ancora un a volta l'assenza di amministratori e tv locali è segno dell'assenza di ogni attenzione da parte di chi ha il potere di governare la politica culturale e la presunzione di informare l'opinione pubblica.

lunedì 9 luglio 2012

Come si contamina la storia

 
 Salita della Chiesa Madonna delle Giummare ( Madonna dell'Alto )


Ancora una volta la commissione toponomastica di Mazara non si smentisce. Dopo avere dato il meglio di se nell’intitolare una via al Papa Giovanni Paolo I,con il risultato di avere,due vie dedicate alla stessa persona con ben quattro denominazioni diverse,continua la sagra delle titolazioni viarie in coerenza con la storia,le tradizioni,gli usi e i costumi della città. Chiunque,se si dovesse fare un quesito su come intitolare il breve e aspro pendio,con gradoni ricavati nella roccia, che conduce alla bellissima chiesetta normanna della Madonna delle Giummare, avrebbe scelto salita,( vedi foto),ascesa,arrampicata,clivo per i più sopraffini, oppure in vernacolo locale “acchianata di la Maronna di latu” ,forma storpiata di Madonna dell’Alto,così come la conoscono  da sempre i mazaresi,e luogo di pellegrinaggio il giorno di Ferragosto. Ma si sa che i nostri dotti della commissione non sono avvezzi all’uso del volgo,rifuggono dalla consuetudine,evitano ogni corruzione linguistica soprattutto se legata alle tradizioni popolari. La loro è una cultura dotta,che va oltre,è pregna di fantasia,è avvezza a stupire il mondo per l’originalità e per l’ acribia nella ricerca raffinata ed esclusiva della nomastica. La nostra commissione,vero“ Stupor urbis” culturale,nel rispetto canonico della storia della chiesetta, fatta costruire nel XI secolo da Giuditta d'Evreux ,moglie di Ruggero D’Altavilla, decide di denominare tale pendio ” Via Attilio Bertolucci”.


Via? Ma se è difficoltoso accedervi anche ai muli? Ma se non possiede le caratteristiche topologiche minime perché possa essere indicata come tale?  Ma se è vietato l’accesso a qualsiasi mezzo meccanico,vista la sua impervietà? Se  proprio via bisognava chiamarla,la denominazione corretta sarebbe stata ,al massimo, via dolorosa,perché è una sofferenza scalarla per chi soffre di acciacchi  e di artrosi.  Via Attilio Bertolucci? Che ci azzecca con il contesto storico ambientale e con le tradizioni popolari  e religiose di Mazara? Sarebbe interessante conoscere le motivazioni che hanno portato la commissione a dedicare uno scorcio di uno dei luoghi più belli e caratteristici di Mazara al poeta parmense. Un poeta,ci informa Wikipedia,padre del più famoso Bernardo Bertolucci,regista di “ L’Ultimo tango a Parigi”; e i signori della commissione hanno ritenuto che tale allocazione era l’unica possibile per tale poeta. Non stupisce più di tanto se nessuno,neanche chi pennella tali nomi su piastrelle non si ponga dove queste vengano allocate.
La loro è cultura creativa,elitaria,e tutto possono: anche contaminare la storia e le tradizioni. 

domenica 1 luglio 2012

OMINI




Nino De Vita è poeta siciliano riconosciuto tra i più interessanti e rigorosi della nostra letteratura contemporanea, figura significativa e rappresentativa di un mondo e di un modo originale di interpretare la vocazione dialettale. Ha esordito nel 1984, con la raccolta di versi Fosse Chiti, a cui ha fatto seguito una trilogia:Cutusìu, (2001);  Cùntura, (2003)  Nnòmura, (2005).
 Nel 2011, sempre con la casa editrice Mesogea, ha pubblicato Òmini. Per la sua opera poetica ha ricevuto numerosi premi letterari, tra i quali il Premio Mondello, il Premio  Moravia e il Premio Tarquinia Cardarelli. 
Salvatore Ferlita è autorevole critico letterario e saggista, insegna all’Università Kore di Enna, collabora con il quotidiano “la Repubblica”, dirige riviste ed è autore di numerosi studi sulla letteratura siciliana contemporanea. La sua ultima opera si intitola Le arance non raccolte, una ricognizione attenta su alcuni scrittori siciliani rimasti ai margini del canone letterario codificato.