Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

martedì 15 settembre 2015

Un’estate di canazza.

(foto di L.Tumbarello)
 Questa volta ho voluto offrirmi un’estate sabbatica, in campagna, lontano dalla rete, o meglio, lasciando a casa il notebook, non postando sul blog, utilizzando  il solo smartphone per essere aggiornato sulle notizie, sugli eventi, sui social network, tanto per non isolarmi del tutto, non avendo alcuna vocazione all’eremitaggio. Ogni tanto serve disintossicarsi, ossigenare le sinapsi, potenziare i neuroni,  dedicare un poco del proprio tempo alla sana lettura, rilassare la mente, rivolgersi ad altro, anche godereccio, il gusto del cibo, l’esercizio della buona cucina, la riscoperta di sapori e odori dimenticati. Il grande dilemma del cosa leggere durante questo periodo cincinnatesco non è che non mi abbia fatto dormire, anzi.Tuttavia me lo sono chiesto: cosa portare in campagna?   Braudel o Abulafia, Carofiglio o Vitali? Ma sì, esageriamo. Me li porto tutti. Leggere Braudel tra una  caponata e una couscousata non è certo l’ideale, non vi dico David Abulafia con le oltre 800 pagine del suo Grande Mare quando si è intenti a preparare un fritto di paranza appena pescata proprio su quel mare. Per rilassarsi dal grande caldo asfissiante, è meglio Vitali con i suoi  siculo sardi carabinieri di Bellano  o Carofiglio con il suo avvocato Guerrieri? In più c’è sempre lo smartphone. Avendo downloadizzato, ma forse è meglio usare il verbo scaricare, anche se è meno chic, l’app. di kindle, mi ritrovo con altri libri  digitali da leggere, se proprio dovessi cadere in una insostenibile bulimia da lettura. Questa volta più sofisticati, dal Grande Disegno di S. Hawking a Zita di E. Deaglio, da Cabaret Voltaire e Puttanissima Sicilia di P. Buttafuoco a Religione e Politica di H. Arendt. Il problema è che leggere sul piccolo schermo non retinato, con il bagliore accecante della luce estiva, è praticamente impossibile. Me ne sono reso conto dopo. Non consideriamo, poi,  come la batteria del cellulare sia così solerte a scaricarsi. Non avevo fatto i conti con quei micidiali anticicloni che i nuovi meteorologi si divertono a chiamare con nomi strambalati, Scipione, Caronte, Annibale, Augusto e  che rendono di anno in anno la calura estiva insopportabile. Quanta nostalgia per il vecchio e caro Anticiclone delle Azzorre che da un paio di anni sembra preferire altri latitudini. Con quelle temperature sovraumane l’unica attività celebrale consentita è stata quella di dormicchiare, non avendo energie fisiche e voglia di fare alcunché, figurarsi leggere. E con il caldo si è presi dalla  canazza, uno stato di torpore assoluto che ti impedisce addirittura di pensare, altro che fare qualche cosa. Con la canazza si raggiunge anche lo stato di oblìo assoluto che sublima quel  principio filosofico di non fare oggi quel che puoi fare domani. Se no che vale essere mediterranei.

vastidduzzi,mufuletti e pane nero del trapanese (foto L.Tumbarello)
L’unico antidoto alla canazza è la schiticchiata con gli amici, quasi sempre di sera, un rito rigeneratore delle membra e dello spirito. E così che tra conviviali all’insegna del porta- teco  hai modo non solo di socializzare, ma vivere nuove esperienze e  renderti conto di quanto varia sia la cultura del buon mangiare dalle nostre parti siciliote. Schiticchi sotto forma di seminari sulle tradizioni dello slow food. Lu pani cunzato in tutte le sue varianti e i molteplici quando fantasiosi condimenti, dai pomodori secchi al ciliegino, dalla crema di capperi a quella di olive, dalle melenzane grigliate alla ricotta nelle sue molteplici forme ( fresca, infornata, salata, ovina o bovina a secondo la zona di produzione), dal pecorino nostrano alle sarde salate, alle angiovi, addirittura alla mozzarella, diventa il tema principale. Pane e ingredienti( conza) sono oggetto di analisi in una sorta di cluster alimentare regionale, tanto per essere in linea con l’expo.
conze per il pani cunzatu (foto L.Tumbarello)
Gli schiticchi diventano allora conviviali culturali con  sempre più presenti, tabulè, paella e sangrìa, visto che l’alimentazione si  è globalizzata. Sempre mediterranei sono. Odori, sapori, colori di condimenti con i quali dare sfogo alla propria fantasia nel condire il pane nero o i mufuletti o li vota e svota appena sfornati, o li facci di vecchia, tipiche focacce siciliane  con sopra il condimento dello sfincione; tutto questo ben di Dio che la nostra terra produce viene personalizzato secondo il proprio gusto o la propria curiosità. Perché, a tavola, se non si è curiosi, non puoi essere un buon commensale. E  il siciliano è un gran mangiatore di pane oltre che pastaro. Il cerimoniale del porta teco serve anche a soddisfare la  vanità di cuoco che viene ostentata invitando gli altri ad assaggiare quel che si è preparato. E ogni autore si sente, in pectore, cuoco stellato  appena uscito da Masterchef. Ognuno vuole un giudizio e solo allora ti accorgi che nessuna caponata è uguale all’altra. Lo stesso vale per le altre molteplici pietanze semplici o complesse da fare invidia alle cene di san Giuseppe.
preparazione dei vota e svota e di facci di vecchia (foto L.Tumbarello)
È un caleidoscopio di composizioni culinarie dagli accoppiamenti impossibili, frittatine, parmigiane, spiedini, involtini, insalate, pizze, bolliti, verdure grigliate, gratinate, molluschi, crostacei, salse varie, dolci, ravioli, gelati. Dalle nostre parti la melanzana la fa da padrona. Pensare che i francesi l’introdussero in Sicilia per far venire la diarrea ai palermitani, i quali, invece, inventando la caponata, ne hanno fatto una delle pietanze più famose e più apprezzate del mediterraneo. Solo quando lo stomaco è al collasso e  i succhi gastrici non riescono a metabolizzare tutto quello che si ha trangugiato, allora, solo allora, ci si rende conto che  la cucina siciliana, in tutte le sue varianti e interpretazioni, è la migliore del mondo. E dinanzi a questa filosofia di vita poco importa se non riesci a tenere fede alle promesse iniziali di darti alla lettura. Va be, un buon libro rigenera lo spirito, ma uno schiticchio rinforza spirito e corpo e in più ti rende allegro. 
Tanto c’è tempo per leggere e scrivere. Grazie alla canazza.









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