Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

domenica 15 novembre 2015

Nel nome di Allah


Ad appena 10 mesi dall’eccidio di Clarlie Hebdo, il ripetersi di quell’incubo attentati si è materializzato in maniera ancora più drammatica ed eclatante in luoghi inattesi, tutti diversi tra di loro, imprevedibili: lo spiazzale dello stadio mentre si gioca una partita tra le nazionali di Francia e di Germania, una sala di concerto affollata da migliaia di giovani, un ristorante etnico, una pizzeria italiana. Un attacco concentrico, militarizzato, contro cittadini inermi, per lo più giovani, come giovani erano le loro belve assassine. Un locale per concerti, dove il rock duro nel giro di un paio d’ore diventa suono funebre e i martiri di Allah trasformano il Bataclan in una camera della morte con la mattanza di ottanta giovani la cui sola colpa è quella di trascorrere una serata di divertimento. E’ in luoghi come questo, insospettabili, che le la belva jihadista compie il rituale spargimento di sangue contro quei valori simboli di un occidente considerato abominevole, perverso, idolatra, peccaminoso, decadente.

 Il volere dare una lettura geo politica alla carneficina della scorsa notte vuol dire offendere ogni ragionevole intelligenza. Non c’è bisogno di richiamare alla memoria il grido di rabbia di Oriana Fallaci o filosofeggiare sullo Scontro di Civiltà teorizzato da Samuel Huntington; non è questo il punto, in quanto uno scontro prevede due contendenti e l’Occidente, pur con le sue contraddizioni, con i suoi errori e le sue colpe, non appartiene a questa categoria, ammesso che si possa attribuire alla jihad il valore di civiltà, se questa non riconosce né concepisce i principi che sono alla base dello stesso concetto di civiltà.

È chiaro a questo punto che il terrorismo jihadista ha un solo obiettivo preciso, distruggere l’Occidente, non sul piano fisico, anche se la morte è lo strumento per raggiungere il fine, ma su quello dei suoi valori, dei suoi principi fondanti, la libertà, la democrazia, il rispetto dell’altro, l’accoglienza, l’uguaglianza che ne fanno una civiltà contrariamente alla barbarie . Attentati plurimi, organizzati minuziosamente ed eseguiti da kamikaze che, nell’ipocrisia di un martirio vigliacco nel nome della infinita grandezza di un dio, fanno del sacrificio di se stessi il mezzo per ascendere alla felicità eterna, non possono avere solo una limitata connotazione geo-socio-politica avulsa dalla religione. Altrimenti che senso ha il grido Allah akbar? E quale motivazione si vuole cercare in quell’enunciare l’immensità di Dio attraverso lo sgozzamento seriale di ostaggi, l’abbattimento di aerei con a bordo famiglie e bambini, o a colpi di kalashnikov: il disagio sociale oppure la difesa della propria identità, della propria civiltà, dei propri confini messi in pericolo dai satanici crociati dell’Occidente? La verità è che mai come in questo caso la politica e la religione in quel mondo islamico si fondono, si contaminano, si mescolano, si amalgamano in un composto dal quale i componenti stessi diventano un tutt’uno e indivisibili. In questo intreccio la politica si fa religione e la religione si fa politica e l’ideologia da una parte e la fede dall’altra danno luogo ad una miscela esplosiva non controllabile dalla ragione. E infatti cosa c’è di ragionevole in quel che è successo a Parigi?

Cosa c’è di ragionevole in un Occidente sotto attacco da quindici anni nel nome di Allah akbar: New York, Madrid, Londra, Parigi, Copenaghen; non solo le città,ma i principi e i valori che lo rappresentano, la cultura, la libertà di espressione, la tolleranza, la parità di diritti, la democrazia

Da quindici anni hanno dichiarato guerra al grido di Allah è il più grande, in modo non convenzionale, usando la più efficace tra le armi , il terrorismo che uccide fisicamente e soprattutto psicologicamente perché genera panico e insicurezza.

Cosa c’è in tutto questo di ragionevole?

E cosa c’è di ragionevole in quel canto in arabo, a tutto volume, del muazzin che per tutto il pomeriggio ,mentre scrivo queste note, continua a martellare le mie orecchie, sempre con la stessa tonalità, la stessa cadenza, lo stesso timbro, lo stesso suono, la stessa voce? Da noi i rintocchi delle campane a morto ci segnalano un evento luttuoso.

La voce del muazzin, per noi infedeli, potrebbe trasmettere qualsiasi stato d’animo, potrebbe essere un suono di lutto o di gioia. Potrebbe anche essere una preghiera per i martiri di Allah.

Come si fa a capirlo?

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