Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

venerdì 18 marzo 2016

Ma a cosa serve questo referendum?


Sarà possibile in Italia sostituire le trivelle con parchi eolici offshore?

Il 17 Aprile gli italiani saranno chiamati a votare ed esprimere il proprio voto su un quesito, l’unico ammesso dalla Corte Costituzionale e che riguarda la proroga alla scadenza della concessione dello sfruttamento dei giacimenti offshore, sia essi petroliferi o gassosi, entro le dodici miglia.
Attualmente le concessioni offshore sono in italia 66, 21 delle quali ricadono entro il limite delle dodici miglia.
Il referendum interessa solo queste 21. Le altre 45 continueranno ad estrarre fino alla fine delle risorse dei giacimenti.
L’attuale legge vieta la concessione entro le 12 miglia. Per quelle pregresse alla legge, le 21 entro le dodici miglia, la durata della concessione è prevista inizialmente per 30 anni, prorogabile una prima volta di 10 anni e altre due volte di 5 anni ciascuna. Alla scadenza delle proroghe si può chiedere una ulteriore proroga fino all’ esaurimento del giacimento.
Il referendum prevede, invece, che alla scadenza dei 50 anni, anche se il giacimento non è esaurito la società concessionaria dovrà smettere di estrarre combustibile. Viene negata, cioè, l’ultima concessione fino all’ esaurimento, anche se il giacimento non è ancora esaurito.
Le motivazioni sono, secondo i promotori di natura ambientale e turistica.

Cerchiamo di chiarirci le idee. Le 21 concessioni entro le dodici miglia sono localizzate: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia.
Tuttavia la maggior parte delle risorse estrattive proviene da quelle oltre il limite stabilito che continueranno ad estrarre.
E allora? Il problema è esclusivamente politico. Non si tratta di impedire disastri ambientali che potrebbero anche non essere esclusi, né tanto meno sostenere che le trivelle incidono negativamente sulla presenza turistica, i dati al contrario smentiscono quest’ultima tesi, bensì programmare una strategia energetica futura per il paese che non sia solo quella dello sfruttamento degli idrocarburi.
Qualunque sia il risultato del referendum, le trivellazioni per le concessioni in atto all’ interno del limite delle dodici miglia continueranno fino alla loro scadenza naturale cinquantennale. I primi effetti dismissivi avverrebbero a partire del prossimo decennio. Tutto sommato comunque il referendum poco incide sulle estrazioni di gas e petrolio non solo in mare ma anche in terraferma.
Sul piano dell’impatto ambientale, una eventuale dismissione delle trivellazioni dovrebbe essere sostituita da una politica energetica da fonti alternative, l’eolico in particolare, aprendo la strada, per necessità e virtù, ad impianti eolici offshore di notevoli dimensioni se si vuole equilibrare il gap dato dalla mancanza di produzione di idrocarburi. Anche in questo caso si verificherebbe un impatto ambientale di notevoli dimensioni. Dovrebbero inoltre aumentare i parchi eolici e fotovoltaici sulla terraferma. E noi conosciamo come vanno le cose nel nostro paese con gli ambientalisti pronti a dire no a tutto. Un diniego da parte degli ambientalisti sarebbe ancora una volta un atto di irresponsabilità.
Prima di andare a votare sarebbe utile conoscere da parte dei promotori referendari se sono favorevoli all’estensione dei parchi eolici offshore a largo delle nostre coste e nei pendii delle nostre colline e alla costruzione di centrali solari termodinamiche.
Non è una richiesta da poco. Ne vale della credibilità del referendum stesso.

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