Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

venerdì 16 ottobre 2009

Mazara: una integrazione non comunicante



Mazara è città multidentitaria e multiculturale? E’ città dell’integrazione e dell’accoglienza? E’città della tolleranza e della convivenza? Mazara, la città più musulmanizzata d’Italia, è esempio di dialogo tra popoli delle due sponde? La città, da tempo oggetto di studio tra gli addetti ai lavori, appare come un fenomeno sociologico; su di essa sono state scritte decine di tesi di laurea sulla presenza maghrebina e un libro di successo,“Il ritorno infelice” di Antonino Cusumano, considerato pietra miliare per la conoscenza e la comprensione socio antropologica delle prime immigrazioni tunisine; sono stati redatti migliaia di articoli da tutte le testate giornalistiche nazionali e internazionali sulla sua kasba, è stata decantata la pecularietà del suo centro storico per l’unicità dell’assetto urbano caratteristico delle città arabe, tanto da farne oggetto di studio e di proposte urbane alla biennale di Venezia. Gli Immigrati di prima generazione e i loro figli, nati, cresciuti, e culturalmente formati nel contesto educativo e formativo pubblico ne costituiscono ormai una risorsa umana radicata, omologata nel tessuto sociale Mazarese, tanto che è già avviato da tempo un processo di ibridizzazione culturale. Non volendo né potendo addentrarmi, per obiettivi miei limiti sulla conoscenza delle dinamiche sociali del fenomeno immigratorio, e ritenendo alquanto complesse, articolate e talvolta ambigui taluni aspetti sociali che possono, a volte, essere tra loro antitetici, come multicultura e integrazione, conservazione identitaria e assimilazione di valori, i quali richiedono interventi di specialisti, mi limito, a mò di provocazione, a riportare quello che un serio conoscitore e studioso del mondo musulmano in Italia, Stefano Allievi, scrive nel suo libro ” Islam Italiano” a proposito di: Mazara: la comunità islamica che non c’è: in cui focalizza un aspetto non indifferente, che abbraccia, anche e soprattutto, il campo della religione. ” Oggi l’enclave tunisina di Mazara è forse quella con la più alta percentuale di musulmani di Italia. Ma è un islam che si vede poco, che a differenza di altre realtà immigrate, è riuscita a dotarsi di una minuscola moschea in cui pregare. Una anomalia….A costruirla ( la moschea), ad un certo punto, sembrava dovesse essere il commissario della città,che l’aveva posta come uno dei suoi progetti,e la pensava in grande, cinquemila posti. Una iniziativa non concordata con la comunità islamica locale e bloccata da un veto dei notabili locali e dal vescovo….Neanche il consolato tunisino, che veglia ( anche troppo) su questa comunità ha voluto provvedere. C’è una scuola, quella sì. Un problema, fatto apposta per non favorire l’integrazione, visto che si insegna in arabo il programma scolastico tunisino ai bambini tunisini, una scelta irresponsabile, visto che molti dei ragazzi qui educati,qui,in Italia rimarranno. Di fronte a queste scelte, pagate sulla pelle delle nuove generazioni, ci domandiamo dove stia, da un lato, la consapevolezza della comunità immigrata,e dall’altro, l’iniziativa e la vigilanza degli organi educativi ad essa preposti…C’è il bar, il circolo,.e la religione? Rimane confinata negli spazi privati, in casa, in famiglia…..Ma la mancanza di una forte identità e visibilità religiosa non è un indizio di integrazione forte, a conferma che non sono i simboli religiosi in se a creare un esempio di separatezza. Le due popolazioni semplicemente non si mischiano. Anche se qui mancano atti espliciti di intolleranza, di razzismo, di rifiuto, qui c’è una integrazione non comunicante. Immigrati e i mazaresi sono come due binari che corrono paralleli ma non si incontrano mai.”
Gli aspetti che emergono riguardano essenzialmente le scelte progettuali ,da sempre trascurate, che le istituzioni locali, attraverso le loro rappresentanze politiche e religiose sono tenuti a fare; scelte non più procrastinabili, che richiedono percorsi da fare insieme alla comunità musulmana in direzione o di una integrazione reale oppure verso una conservazione identitaria e un neo multiculturalismo tutto da inventare, visto i precedenti in Italia e in Europa ( Spagna, Inghilterra, Germania); soprattutto si rende necessario affrontare in maniera seria, non pregiudizievole l’elemento religioso. Per far ciò, occorre uscire da un linguaggio ambiguo o perbenista e far valere la ragione rispetto alle pulsioni. Per quanto riguarda la scelta verso un processo di integrazione, molte voci sembrano levarsi in direzione opposta, tra queste quella del vescovo di Mazara Mons. Domenico Mogavero, il quale, in un recente incontro privato con il ministro degli interni Maroni, qui a Mazara, ha espresso in modo chiaro la sua opinione:”Non mi piace la parola integrazione –ha affermato il vescovo – perchè mi suona come fusione; i tunisini mantengono la loro identità, la doppia cittadinanza. L’identità deve restare patrimonio inscindibile di una persona senza prevaricazioni, restano le differenze tra le due comunità ma nello stesso tempo anche la pacifica convivenza”. Si evince che la chiesa di Mazara appare orientata verso un multiculturalismo che veda la conservazione della propria identità, anche religiosa, in un contesto non ostile all’immigrato? Ma lo stesso vescovo non si esprime su come, dove e quando esercitare anche la propria fede religiosa. E’ favorevole all’apertura di una moschea dove la comunità islamica possa pregare? E’ una questione non di poco. Per quanto riguarda le istituzioni politiche, che progetti propongono, che non siano retorici ed elettoralmente strumentali, per la comunità musulmana mazarese? Sono orientati verso la creazione di compartimenti stagni multiculturali, verso comunità tra loro indifferenti, non comunicanti, oppure verso qualcosa che funga da collante di culture e conoscenze seguendo schemi di integrazione che abbiano come obiettivo il superamento del disagio percepito come discriminazione ed emarginazione? Perché è indubbio che all’interno di una scelta multiculturale si possono formare radicalismi e settarismi che si accompagnano a chiusure identitarie e al racchiudimento in se stessi. Se dunque “l’immigrazione funziona da catalizzatore delle tensioni e delle crisi in atto nella società d’accoglienza”, afferma Khaled Fouad Allam, “occorre tuttavia trovare modelli sottesi ai suoi schemi di governo del territorio e di rappresentanza politica”. Oltre a ciò, rimangono questioni aperte, alcune rilevanti, che richiedono un adattamento alla società di diritto e all’uguaglianza che esse comportano, in particolare, quella tra uomo e donna, quella partecipativa alla vita politica pluralistica e democratica, e l’adozioni di usi e costumi della vita moderna.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma dove sta scritto ch la religione è indispensabile per l'dentità di un popolo? A Mazara forse non ci sarà mai stata qell'integrazione che tanto si vanta, ma senza dubbio non si riscontra quella separazione e diffdenza reciproca cosi tipica nelle terre di Lega dove alla discriminazione si risponde con l'auto-ghettizzazione: il che favorisce meccanismi di esasperazione identitaria, a cominciare dall'abbigliamento, come ha scritto un commentatore sul burqa:non c'era traccia di velo islamico a Mazara 20 anni fa. e proseguendo per il proselitismo religioso, che a Mazara non ha mai attecchito, da un lato perchè la società tunisina è forse più laica di quella italiana, dall'altro perchè i primi immigrati apprezzarono il nostro way of life, poco pio e molto godereccio, e nessuno si sognò di escluderli dal paese dei balocchi, come invece succede al Nord..chiaro che a quel punto, questa gente nel tempo libero si mette a frequentare le moschee e comincia a chiederle pima ed a pretenderle dopo;..A MAzara, non l'ha chiesta mai nessuno; quando a quel commissario venne la balzana idea di proporla, la risposta del maggior intellettuale tunisino presente in città fu "Moschea? No, grazie, dateci una scuola!"