Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

lunedì 7 aprile 2014

Amministrative:il Paese dei Balocchi



C’è aria distaccata in città e il clima elettorale appena iniziato, seppur in sordina, non riesce a permeare quella solco che separa la politica dai cittadini. Le elezioni amministrative arrivano dopo una crisi economica che ha messo in ginocchio una città irresponsabilmente vissuta al di sopra di ogni sua possibilità e per decenni in preda a bulimia consumistica sfrenata indirizzata verso il futile, l’effimero, l’apparire, l’inutile. La crisi mostra ai mazaresi una società economicamente squilibrata, che privilegiando il consumo, non bilanciato dalla produzione di ricchezza, l’ha spinta inevitabilmente all’impoverimento economico, sociale e culturale. Inoltre il trasferimento forzato delle migliori risorse intellettuali,alla ricerca di condizioni migliori di lavoro e di aspettativa di vita, ha di fatto trasformato la città in una collettività senile, priva di quelle fresche energie che potessero rappresentare un rilancio in termini socio economici e culturali. Il peccato ”del diem vivere” da parte di quelle che in passato hanno rappresentato le categorie trainanti della società, la pesca, l’agricoltura e l’artigianato, ha portato all’incapacità di cogliere i segnali di cambiamento e di trasformazione che la globalizzazione lanciava sempre più insistentemente.
L’avere vissuto in un proprio guscio, crogiolandosi del benessere economico del momento, ha avuto come risultato una catastrofe economica generalizzata ed un impoverimento che ha colpito tutte le classi sociali a causa di una crisi economica che seppur partendo da lontano, ineludibilmente avrebbe investito le economie più precarie e meno attrezzate ad affrontarla.Da questa responsabilità non può tirarsi indietro la politica, che non ha consentito un ricambio generazionale e intellettivo e la cui sclerotizzazione l’ha reso incapace di porsi degli obbiettivi strategici come lo sviluppo socio economico, la valorizzazione del territorio e delle sue risorse ambientali, culturali, produttive e soprattutto una strategia che avesse come obbiettivo il miglioramento della qualità della vita. Una politica che ha lasciato il passo alla mediocrità e largamente rappresentata intellettualmente e culturalmente da livelli di assoluta insufficienza.
Eppure queste strane elezioni amministrative non sembrano dare segnali di resipiscenza se la politica scende in campo con ben sette pretendenti ad aspirare allo scranno di primo cittadino ciascuno in compagnia delle proprie centurie, caterve di candidati a consiglieri comunali, lacchè e palafranieri.
La fa da padrona la demagogia, le grandi promesse, l’eccessivo uso di iperbole e di figure retoriche, e ciascun aspirante sindaco ha le proprie soluzioni mirabolanti, e tutti hanno un solo obbiettivo, fare di questa cittadina provinciale, priva di un pronto soccorso quanto meno decente, di uffici periferici che semplificano la vita dei cittadini, di un tribunale, di una camera del lavoro, di un giudice di pace, di un difensore civico, di scuole al passo con i tempi, di strutture ricreative, di asili nido, Il Paese dei Balocchi. Una grande Capitale: Capitale della cultura, Capitale della pesca, Capitale dell’arte, Capitale del turismo, Capitale dell’accoglienza, Capitale della multiculturalità, Capitale della pace, Capitale della tolleranza, Capitale delle maioliche, non bastando più la ceramica, Capitale museale.
C’è chi promette mirabilie, c’è chi addirittura scomoda lo Stupor Mundi di Federico II, c’è chi progetta una città a sua immagine, c’è chi si presenta come esempio di novità nonostante decenni di professione politica, c’è chi immagina di fare di Mazara la nuova “Utopia” adattata alla sua visione futuristica, c’è chi la proietta nel mondo di Gaia, c’è chi promette una città “Normale” essendosi perduto il senso della stessa normalità.
Ognuno con uno slogan salvifico: Occorre una svolta, Io ci Credo, Forte perché Libero, Ascoltare per dare Voce, Grande Capitale del Mediterraneo ( eliminato l’aggettivo piccolo), Mazara riparte da Qui, dove però l’avverbio di luogo non chiarisce la differenza dall’altro avverbio , perché una cosa è partire da qui e altro è partire da . Perché l’avverbio , se lo osserviamo al microscopio si presenta come un frattale, e più lo focalizziamo più ci da l’esatta dimensione del fallimento della politica.
vi sono le periferie ridotte in discariche a cielo aperto, troviamo gli accumuli di amianto che non trovano attenzione da chi gestisce la cosa pubblica, centinaia di famiglie non sono ancora raggiunte da una rete idrica, centinaia di abitazioni non sono ancora servite da servizi primari, la qualità delle acque utilizzate dalla comunità presentano valori di salubrità al limite o sopra quelli di rischio, rimangono sepolti da calcinacci migliaia di volumi di quella che una volta era la straordinaria biblioteca comunale, le vere opere d’arte, come la fontana di Consagra e i murales dello stadio vengono abbandonati al loro destino, al degrado e all’incuria tra l’indifferenza generale, rimangono in attesa di definizione centinaia di pratiche di sanatorie che potrebbero offrire un alito di speranza all’edilizia ormai prostrata.
Ma nel Paese dei Balocchi dei candidati sindaci non c’è posto per quell’avverbio .

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