Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

venerdì 27 febbraio 2009

L'eterna sfida tra scrittore e lettore


Si dice che lo scrivere sia lo specchio di una persona. Parafrasando si può dire: “ Se leggo come scrivi ti dirò chi sei“. Dalla ricercatezza delle parole, dalla struttura delle frasi, dalla presenza di intercalari o di metafore,colui che scrive mostra al lettore la sua anima. E’ una continua provocazione intellettuale tra chi scrive e chi legge; è anche una sfida alla comprensione del testo, di frequente ad armi impari. Da una parte l’uso e spesso l’abuso di citazioni e riferimenti a letture specialistiche ed elitarie, dall’altra, un ricorrere a dizionari e a vocabolari sonnecchianti e impolverati delle nostre ricche enciclopederie*- librerie, contenitori cartacei esposti a mostrare l’illusione del nostro sapere, per decriptare ciò che si legge e non si capisce.

Il linguaggio cambia, è mutevole nel tempo, ad esso si adegua, spesso lo precede; l’intellettuale rimane estraneo a questa metamorfosi, sembra ignorare anche il livello culturale del lettore; nel rifiutarsi di accettare il diffondersi di nuovi modelli di comportamento, di linguaggio,di stile delle giovani generazioni,si trincera nel chiuso del guscio impermeabile del proprio vissuto. Dal sofisticato e narcisistico lessico arbasineggiante godibile solo da una ristretta casta, all’ uso di parole di radice greca del tutto desuete nel linguaggio comune, chi scrive mette a dura prova la capacità intellettiva di chi legge. Grande è la delusione quando i lettori scoprono l’inadeguatezza dei loro strumenti di difesa. Non tener conto di questa asimmetria culturale non aiuta ad avvicinare la gente alla buona lettura e all’arricchimento dello spirito .

Durante una memorabile lezione di biologia ,tenuta contemporaneamente, ed in via eccezionale dal biologo prof. Giuseppe Reverberi e dal cristallografo prof. Marcello Carapezza, riguardante la struttura tridimensionale del DNA, scoperta da Watson e Crick nel 1953, il prof. Reverberi ebbe a dire a noi studenti: ”La presenza di due scienziati non vi deve mettere ansia; siamo come due professori d’orchestra che tenteranno di suonare uno spartito apparentemente complicato ; insieme cercheremo di farvi ascoltare delle note armoniche che vi trasporteranno in un vibrante vortice di suoni. In natura niente è complicato, tutto è stato scritto in una forma semplice; la facilità di comprensione o la difficoltà di dipende dal linguaggio che adoperiamo.”

La cultura della saggezza sta nel rendere immediatamente fruibile ciò che si vuole esprimere. Ogni qual volta apre un libro, il lettore è preso da attacchi di ansia,eternamente incerto se riuscirà a portare a termine la lettura o abbandonarla dopo due capitoli. Di solito si tralascia la prefazione. Personalmente ne faccio a meno .Ci sono prefazioni brevi,scritte in forma semplice e scorrevole,altre sono lunghe,accademiche, noiose,” camurriuse ” come dice Camilleri, dei veri saggi critici. Dalle prefazioni ci si può fare l’ idea del libro secondo il recensore; il più delle volte questa idea non coincide, anzi stride, con le conclusioni del lettore. Meglio abolirle. Se io fossi uno scrittore, a secondo del livello di difficoltà che il libro presenta,aprirei con una premessa avvertendo il lettore che la lettura non sarà facile, magari parafrasando i primi quattro versi di una memorabile poesia licenziosa di Domenico Tempio

” Cu pati di sintòmi e di stinnicchi,

ppi non sentiri cosi stralunati,

s'intuppassi lu zuccu di l'oricchi;

non sù pp'iddi sti cosi nzuccarati!.”

E’ il minimo che lo scrittore possa fare per rispetto di chi acquista il libro per leggerlo. A questo punto il lettore sa cosa l’attende; se vuole accettare la sfida si procuri le armi, gli strumenti necessari: dizionari, vocabolari,traduttori, computer e vada avanti. Altrimenti riponga il libro a far bella mostra nella sua enciclopederia domestica. Sarebbe meglio, però, non acquistarlo!

* Contenitore ligneo di enciclopedie

L.T


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