Cartesio


Non c'è nulla interamente in nostro potere,se non i nostri pensieri.
Cartesio

lunedì 24 novembre 2008

Le classi ponte

Le Classi ponte

Perché scandalizzarsi sulla formazione delle classi ponte? Chi opera nella scuola sa che sono necessarie. Non costituiscono una sorta di apartheid, come qualcuno, con scarsa buona fede, vuole fare intendere, ma una necessità. Il sistema scolastico aperto a tutti, anche a coloro che non presentano le minime conoscenze di base della lingua italiana, è semplicemente idiota. Ciò ha contribuito ad abbassare il livello della nostra scuola, soprattutto in riferimento alla scuola media e agli istituti di istruzione superiore di 2° grado. L’immissione tout court di alunni immigrati nelle classi, in particolare, per quanto riguarda la scuola media, spesso con metodi scriteriati, serve solo a fare raggiungere quei numeri che possano consentire al dirigente di giustificare la formazione di un certo numero di classi. Se la finalità potrebbe essere nobile, come il mantenimento del numero dei docenti o del personale ATA, oppure il mantenimento di introiti finanziari da parte del ministero e degli enti locali, senza i quali gran parte dell’attività scolastica ordinaria non potrebbe essere svolta, tuttavia, il fine, per quanto apprezzabile, non può prevalere sull’interesse generale, che è quello di dare all’utenza una scuola che funzioni, che educhi, che formi, che integri. La scuola non deve essere un contenitore di anime, ma un luogo in cui gli alunni crescono insieme, si complementano, si formano culturalmente e socialmente, si rispettano, si comprendono, si scambiano esperienze e tradizioni, litigano e solidarizzano. La scuola, come tale, deve essere di tutti, degli italiani e dei magrebini, degli slavi e dei cinesi, dei filippini e dei moldavi, purché parlino tutti la stessa lingua. E’ la lingua che dà il senso di appartenenza. Il processo di integrazione non può avvenire in un contesto in cui al posto di una sola lingua sussista il multilinguismo. La Babele linguistica favorisce il multiculturalismo con i suoi compartimenti stagni, isolati, non comunicanti. In un siffatto contesto, le incomprensioni sono, spesso, causa di risentimento verso l’altro. Il ragazzo immigrato percepisce la diversità come disagio e lo manifesta con il risentimento verso i compagni, ritenuti privilegiati e nei confronti dei quali si pone in costante atteggiamento conflittuale; verso gli insegnanti, i quali non prestano la dovuta attenzione alla sua diversità; verso le istituzioni, dalle quali non si sente tutelato; verso l’intera società, dalla quale si considera avversato ed escluso. La difficoltà di comprendere la nuova lingua è alla base dell’insuccesso scolastico e dell’abbandono degli studi, precludendone l’inserimento nel mondo del lavoro. Ciò è un peccato, poiché spesso i ragazzi immigrati, conoscono più lingue rispetto ai loro coetanei italiani, condizione questa, che in seguito, risulterebbe favorevole nel percorso di formazione e di inserimento nei processi produttivi. Cercare di spiegare il Teorema di Pitagora o i Teoremi di Euclide, fare capire la differenza tra i concetti di uguaglianza e di equivalenza, per fare qualche semplice esempio, a dei ragazzi, spesso di età più avanzata dei loro compagni di classe, inseriti per la prima volta in un contesto estraneo a loro, senza che sia dato ad essi la possibilità di apprendere i primi rudimenti della lingua italiana, è praticamente impossibile. Tali inserimenti risultano devastanti, dal punto di vista didattico – educativo, per tutti gli alunni della classe; risultano, inoltre, frustranti per gli insegnanti, aumentando in essi il senso di scoramento e facendo sentire inutile il loro lavoro. Ben vengano le classi ponte, anzi, dovrebbero essere gli stessi ragazzi immigrati , insieme alle loro famiglie, a richiederle, se si vuole una vera integrazione e acquisire una nuova cultura di appartenenza
Semmai, i problemi sono di natura economica. Con quali soldi e con quali insegnanti? Se l’intenzione è di dislocare nelle classi ponte personale in esubero, vedi insegnanti di sostegno, allora sarebbe meglio non farle. Una soluzione all’italiana, rabberciata, approssimata, lasciata all’improvvisazione e alla fantasia dei dirigenti, provocherebbe più disastri e peggiorerebbe la situazione scolastica rispetto a quella attuale. Poiché, la politica economica del governo è orientata sui tagli al sistema scolastico,anziché sull’incremento delle risorse finanziarie, tutta l’operazione sembra più un gioco dialettico che sostanziale Di tutto ciò, sarà ancora una volta, l’intero sistema scolastico a soffrirne. Ce lo possiamo permettere?

L.T

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